Strano marchio, Marantz. Un po’ schizofrenico, come ci si aspetterebbe ad un’azienda giapponese nata in America figlia di una multinazionale olandese con molte propaggini in Belgio. Da un lato, e spesso disinteressandosi delle richieste del mercato statunitense, Marantz ha realizzato dei prodotti spudoratamente super hi-end e maledettamente buoni, quali il leggendario lettore di CD a due telai CD-12, l’amplificatore valvolare Project T-1 e gli apparecchi, carini ma anche così desiderabili, della serie esoterica "accessibile" Music Line. Dall’altro, butta sul mercato -altrettanto spudoratamente- apparecchi molto economici, con un suono dichiaratamente commerciale e con l’immancabile etichetta del progettista, come il CD-67 SE ed il PM-66 KIS.
E nel mezzo presenta una linea che unisce i due mondi e che si concreta in prodotti come il magnifico PM-17, un ampli integrato che ritengo quasi il più desiderabile che abbia mai incontrato (ed un caldo suggerimento per tutti voi che sbavate per il Krell KAV-300i).
All’incirca dieci anni or sono Marantz proponeva due apparecchi che rappresentavano in qualche modo una pietra miliare nel campo dell’audio di lusso a costi accessibili. Uno era il CD-80, un lettore di CD grosso, pesante e dal prezzo di 1.000 ECU, che prendeva il miglior suono che la vecchia tecnologia Philips a 16 bit poteva fornire, su progetto di un allora oscuro Belga-Giapponese, un certo Ken Ishiwata.
L’altro era il PM-80, dal prezzo di circa 900 ECU, un interessante ampli integrato con stadio di uscita da 100W in classe AB che poteva essere configurato in pura classe A, nel qual caso forniva 20 dei più raffinati piccoli watt che si potevano comprare.
Il massiccio CD-80 è uscito di produzione molto tempo fa. Mentre il PM-80 continua ad essere tra noi.
Sotto le vesti prima del PM-82, telecomandato, poi del PM-80 MkII, del PM-80 SE, ed infine del PM-90 SE, la sua versione "super-duper". Ed ora abbiamo il PM-78, che continua la genealogia a soli 500 ECU....
Un bel po’ di roba. In classe AB fornisce 95 W/Ch/8 Ohms, che aumentano rapidamente a 155/W/4 Ohms, a due soli dB in meno dal valore teorico di 190/W/4 Ohms: quindi attendetevi un bestione potente. Configurato in classe A, l’uscita è di 25/W/Ch/8 Ohms.
La casa non dichiara la potenza per valori inferiori del carico, ma ci si aspetterebbe un analogo raddoppio della potenza erogata su 4 Ohms.
OK, che altro? Il telecomando. Il selettore del segnale da inviare all’uscita dei registratori. Quattro ingressi linea, ingresso phono MM -l’ingresso per fonorivelatori a bobina mobile purtroppo manca, nonostante la maggior parte delle puntine vendute nel mercato medio e medioalto siano a bobina mobile, quindi è consigliato puntare su una Goldring 1042 e vivere felici- due circuiti completi per i registratori, forniti di selettore per il monitoraggio della registrazione e di quello per il riversamento incrociato, connettori ingresso/uscita per inserire un processore esterno, controlli di tono (molto utili con l’audio troppo enfatizzato di certi film, con intervento massimo sugli alti di -5 dB a 5 KHz, un lontano tentativo di imitare la ri-equalizzazione THX), connettori d’ingresso placcati oro, e semplici connettori a serraggio per i cavi di potenza -che accettano sia il filo spellato che le bananine- per quattro altoparlanti.
Non presenta la stessa massiccia qualità costruttiva del PM-17, ma che vi aspettate quando tutto ciò può essere vostro per soli 500 ECU(*)?
Cioè, io dieci anni fa pagai 400 ECU per un Cyrus One: nessuna comodità, niente telecomando, e 30 watt di quelli che la stampa definiva "di qualità audiofila" (ma che tali non erano). Aggiungete l’inflazione, ed il 78 si rivela un affare. Se si comporta sonicamente bene, naturalmente...
Esteticamente il PM-78 è un tipico amplificatore giapponese di medio prezzo. Ciò significa che il suo aspetto è poco interessante. E una gigante scatola nera (ma perché mai, visto che Cyrus, Quad e Audio Analogue producono contenitori belli e piccoli dal grande suono???) con un pannello frontale metallico piatto e dalle linee morbide, adornato solo da poche anonime lucine e levette.
Fortunatamente la qualità costruttiva va bene, ed il Marantz è abbastanza pesante, con i suoi 12 Kg sulla bilancia!
(*) Che cos’è questa storia dei prezzi in ECU? Beh, per rendere l’indicazione dei prezzi più semplice e meno sensibile alle fluttuazioni dei cambi, adopero l'Unità di Conto Europea, o la sua versione per consumatori, l’Euro.
Ha l’ulteriore vantaggio che il suo valore è più o meno equivalente a quello del dollaro americano, il tutto per il comfort del cittadino del mondo!
L’interno ha un aspetto standard, di quelli che si incontrano in tutti gli amplificatori giapponesi classici, che costino 200 o 2000 ECU, Ci sono molti piastre di circuito stampato separate, spesso con funzioni che non sempre sono riuscito ad identificare (nel mio dizionario personale gli amplificatori sono circuiti semplici), e, per esempio, l’importantissimo percorso delle piste di massa sembra disegnato da qualcuno originario di Cnosso.
Gli unici elementi che fanno ben sperare sono una grossa sezione alimentatrice, con condensatori di livellamento Elna for audio serie blu, e la sezione dell’amplificatore di potenza sorprendentemente piccola e compatta.
Lo stadio finale usa solo un HDAM -l’ampli operazionale Marantz a discreti in contenitore di rame- per canale deputato al guadagno in tensione, seguito dai transistor driver e di potenza.
Si tratta della stessa (apprezzata) architettura che si incontra nei PM-16, 17 e 66.
L’amplificatore di potenza riceve il segnale da una piastra di circuito caotica ed affollata di coorti di ampli operazionali economici, la piastra che ospita i circuiti dei controlli di tono.
Fortunatamente questa può essere bypassata tramite il selettore "source direct", cosicchè la nostra preziosa musica deve solo attraversare la piastra di circuito che ospita i relais di selezione degli ingressi e il circuito dell’attenuatore di volume motorizzato. Lo stadio di ingresso preamplificatore per fonorivelatori a magnete mobile usa un front-end a transistor a componenti discreti, seguito da un operazionale doppio JRC 2114 di buona qualità, lo stesso ampli operazionale usato da Marantz per i suoi lettori di CD di alto livello, da TEAC per il suo VRDS 10, e così via.
E’ disponibile anche una versione che funziona solo in classe AB, identificata con la sigla PM-68, con una differenza di prezzo equivalente a quello di un buon fonorivelatore a magnete mobile :-)
Ed iniziò la seduta d’ascolto. Con la modalità di funzionamento in classe A, mi sono bastate solo due tracce, una dei Dead can Dance, l’altra di Mary Black, per cogliere il carattere di questo Marantz. Suonava dolce, ma anche piuttosto lento, e con un basso pesante che faceva suonare la musica in modo semplicemente noioso. In raffronto diretto con la mia fedele coppia Quad 34/306 il Marantz presentava una minore focalizzazione dell’insieme, che non permetteva di ben distinguere i diversi piani sonori: più o meno tutto ciò che avveniva sullo sfondo, tutti quegli elementi che possono far tendere la riproduzione della musica verso la musica reale, sembrava inascoltabile!
Strumenti precedentemente ben caratterizzati ed individuabili lungo la scena sonora, come lo yang ch’in di Lisa Gerrard, erano ridotti, quando andava bene, ad una mera fotocopia. Il Marantz polarizzato in classe A funzionava da equalizzatore, nel senso di conformare, appiattendolo, il suono proveniente da diverse fonti.
Sviliva i virtuosismi degli esecutori (il che, nel caso di Ruben Gonzales al piano, diventa un crimine), mentre attenuava i loro errori o la mancanza di talento (cionondimeno, il PM-78 non ha fatto cambiare il giudizio piuttosto esplicito della mia ragazza sulle qualità di clarinettista di Anthony Michaelson della Musical Fidelity), mentre con i miei Quad si poteva spesso percepire il pathos della musica perfino ascoltandoli dalla cucina!
Ora, non mi fraintendete: il PM-78 non suonava esattamente male, ed ho sentito amplificatori molto più cari fare di molto peggio alle mie difficili vecchie Quad ESL; il fatto è che era come se i musicisti non avessero avuto voglia di suonare, e noi certamente non ne avevamo di sentirli!
Ma bisognava andare avanti, e resistere. Per fortuna c’era anche qualcosa di buono da dire. Il Marantz suonava piuttosto neutro, mai aspro o scintillante, e solo talvolta presentava uno strano contorno artificiale delle voci (che mi ha fatto tornare in mente il lettore di CD CD-67 SE). La scena sonora era ampia quanto quella ricreata dal mio riferimento, solo più confusa, un po’ sfocata e abbastanza meno aperta.
Ed anche con i piccoli 25 Watt della classe A, il Marantz ha sempre suonato controllato, come se l’andare oltre non sarebbe mai stato un problema. Passare alla classe AB non ha evidenziato quasi nessuna differenza: forse una scena minore, forse appena meno aperta e dettagliata.
Ma i confronti erano difficili, in quanto ho osservato lunghe pause fra una configurazione e l’altra, per permettere agli stadi di uscita di adattarsi correttamente alle nuove condizioni operative.
Se pensate che finora sono stato piuttosto deluso, avete ragione. Fin qui il Marantz non ha fatto proprio nulla oltre ad essere un anonimo amplificatore standard giapponese di classe media. Innocuo, certo. Ma anche noioso. Mi ha fatto decidere che il mio prossimo articolo sarà su un Naim. Ecco come mi sentivo.
Inoltre, mi accingevo a bocciare un prodotto. Un prodotto invece già promosso da gente alle cui orecchie io credo. Un prodotto con tanto di pedigree.
Sapete, una volta qualcuno mi disse che il vecchio PM-80 suonava "quasi come un Krell" se connesso ad un paio di diffusori Martin Logan Aerius. Ed ora accade questo.... Cose del genere non mi rendono mai felice. Ma non avevo ancora finito.....
Per la prova dello stadio phono volevo collegare il mio fonorivelatore a bobina mobile con uscita di 0.5 mV direttamente agli ingressi per fonorivelatori a magnete mobile, con la speranza che avrebbe funzionato tutto bene.
Qualche volta accade, davvero. Beh, stavolta no. Non c’era abbastanza guadagno. Diciamo solo che mi sono fatto l’idea che il preamplificatore phono sembra andare abbastanza bene, è neutro e senza alcun evidente difetto.
Allora sono tornato sul retro dell’agglomerato di apparecchi per scollegare il giradischi. Ma, hey, che vedo? Il commutatore "source direct" non dovrebbe stare su ON invece che su OFF?????
Avevo ascoltato per tutto il tempo con la temibile piastra dei circuiti dei controlli di tono in serie al percorso del segnale!!!!!!!!!!!
Io, il più supremo esperto di HiFi di tutto lo stupido piccolo Belgio!!!!!!!!
OK, ho ingoiato il mio orgoglio, ho premuto quel bottone e ho reiniziato tutto daccapo.
E rimpiango di averlo fatto (scherzo): ora il PM-78 andava meglio dei miei Quad. Forse li superava di un’incollatura, ma li superava. Ora il basso era più profondo ed almeno tanto controllato quanto quello del riferimento, mentre i medi erano con maggiore certezza un po’ più rifiniti e dettagliati, il che si poteva facilmente sentire, ad esempio, nei raddoppi vocali e nei cori del CD di Mary Black.
La scena sonora era buona come quella dei Quad, e gli alti erano solo un pelino più brillanti. Per la prima volta ora mi andava di sentire la musica, proprio tutto il CD, piuttosto che assaggiare le tracce, saltellando dall’una all’altra, desideroso di essere altrove.
L’accoppiata con gli elettrostatici era ora così buona che mi sono rifiutato di connettere i miei diffusori convenzionali, un paio di Rogers LS-1, recentemente acquistati proprio per valutare la compatibilità fra amplificatori e diffusori.
No, penso che il PM-78 possa pilotare praticamente di tutto, e immagino che si accoppierebbe ottimamente con, ad esempio, le piccole Magnepan, se si è in cerca di apparecchi esoterici ed economici.
I lettori degli U.S.A. considerino quanto piacere probabilmente si può trarre da questo ampli da 500 dollari e le MMG da 500 dollari. Dico "forse" perché il completo esame del PM-78 con il mio deposito di Magnepan avrebbe allungato un po’ troppo i tempi.
Debbo ritenere che il Marantz PM-78 abbia ottenuto un discreto successo: suona meravigliosamente quando si abilita la funzione source direct, ed abbastanza male se non si osserva questa prescrizione; non costa molto ed ha più di un punto a suo favore.
Inoltre, se non si è interessati alla trasparenza estrema, forse il PM-68, quasi uguale, ma di una classe inferiore, potrebbe essere un migliore acquisto, per 400 ECU.
Però, per la salvezza dell’orgoglio HiFi, Marantz dovrebbe anche produrre una versione semplificata di questo amplificatore, con 25 Watt di potenza in classe A, oppure 50 Watt in classe AB, senza controlli di tono e telecomando, senza stadio phono, magari persino senza commutazione degli ingressi a relais.
Ma contenuto in un involucro più piccolo e più carino. Lo dovrebbero chiamare PM-18 o qualcosa del genere.
Lo dovrebbero vendere a 400 ECU e mantenerlo in catalogo per uno o per dieci anni. Sarebbe un successone.
Il PM-78 può essere considerato il PM-17 di chi non può permetterselo.
© Copyright 1998 Werner Ogiers per TNT Audio Magazine, http://www.tnt-audio.com
Traduzione Carlo Iaccarino