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Interfacce Digitali - Il Jitter

Parte 2 - Intercettare il nemico

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Altre classificazioni del jitter

Un'altra classificazione, che si riferisce specialmente al caso delle telecomunicazioni, ma non solo a questo, distingue due tipologie di jitter: jitter deterministico (deterministic jitter) e jitter casuale (random jitter).

Il jitter deterministico include

Questo componente del jitter è normalmente limitato (cioè ha un limite massimo ben definito che non viene mai superato) ed è in qualche modo "conosciuto".

Il jitter casuale invece include tutte quelle componenti di jitter che non rientrano nella classe precedente. Questo jitter non ha un limite superiore, non può essere analizzato compiutamente in termini di analisi di Fourier (il suo unico effetto in una analisi di Fourier è quello di innalzare il noise floor) ma solo in termini statistici. Sotto questo punto di vista normalmente ha una distribuzione Gaussiana e qundi segue regole statistiche ben definite e note.

Perché questa distinzione è così importante? In primo luogo, se il jitter è misurabile e prevedibile, allora tramite sofisticati algoritmi di elaborazione digitale dei segnali è almeno in teoria possibile adottare contromisure tali da ridurre il tasso medio di errore. Invece se il jitter è casuale e quindi non prevedibile, non c'è alcuna possibile soluzione.

Inoltre, gli effetti e i metodi di misurazione del jitter delle due tipologie sono diversi.

Una classificazione ulteriore, meno precisa, si basa sulle presumibili sorgenti di jitter.

Tipici componenti sono quelli dipendenti dai dati, dall'alimentazione o da altre cause.

Il jitter legato ai dati è una componente che appare a seconda dei dati trasmessi. Può essere rilevata trasmettendo delle sequenze di dati (pattern) specifici (vedi più oltre).

Il jitter legato all'alimentazione è normalmente l'insieme delle componenti del jitter con tali frequenze (tipicamente 50 o 60 Hz e armoniche superiori) da essere presumibilmente causate da residui della frequenza di rete.

Ovviamente resta una certa quantità di jitter che non può essere correlata ne ai dati ne all'alimentazione: questa può essere causata in parte dal rumore di fase dei clock, in parte da altri fenomeni non lineari, ma in generale non è possibile identificarne la sorgente.

Questa classificazione è spesso utilizzata con l'analisi spettrale dell'uscita analogica di un sistema digitale, tanto per tentare di fornire una spiegazione delle maggiori righe dello spettro.

Effetti del jitter dal punto di vista tecnico

Gli effetti in termini di errore o rumore RMS introdotti da jitter casuale (gaussiano) sono indicati nel diagramma seguente, che riporta la FFT di una simulazione matematica di un segnale sinusoidale perfetto a 11.025KHz e 0dB, campionato a 44.1KSps e 16 bit rispettivamente con e senza un jitter gaussiano con valore RMS di 1 ns.

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In pratica il noise floor si alza di 10dB. Non illudetevi che la cosa sia irrilevante, dato che i migliori convertitori di oggi hanno non superano i 115dB e qui siamo molto più in basso. Il noise floor si è abbassato, come sempre avviene, a causa di un campione molto ampio (1M punti), ma l'effetto di innalzamento è reale ed effettivo.

Già questa simulazione di per sé indica in modo inequivocabile che sono necessarie prestazioni in termini di jitter casuale (ampiamente) al di sotto del nanosecondo per poter ottenere prestazioni ottimali.

In effetti, da calcoli approssimati ([5]) il rumore o errore RMS introdotti da jitter (di qualsiasi tipo) risultano, nel caso peggiore e per un segnale a 20KHz convertito a 16 bit, di circa 4 LSB per ns: chiaramente è necessario un jitter dell'ordine dei picosecondi per prestazioni di un certo livello.

Anche gli effetti di jitter sinusoidale a frequenza fissa sono stati studiati in dettaglio.

I risultati vennero pubblicati in [1], e si possono riassumere dicendo che da un punto di vista tecnico, l'effetto del jitter è una modulazione del programma audio.

In pratica del jitter sinusoidale con valore di picco J (in secondi) applicato ad un segnale sinusoidale di frequenza f (in rad/sec), genera due bande laterali ad una distanza dalla fondamentale pari alla frequenza del jitter e con una ampiezza relativa al segnale data da

Rj = 20 log(Jw / 4) dB

Questo è l'aspetto dello spettrogramma in presenza di jitter puramente sinusoidale (da una simulazione). In pratica non si ottiene mai un spettro così pulito, perché normalmente varie tipologie di jitter sono contemporaneamente presenti.

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Solo per fare un altro esempio, del jitter sinusoidale con 300ps di valore di picco applicato ad un tono sinusoidale a 10KHz crea due bande laterali con un livello di -106.5dBc. Notare che con un tono a 100Hz, le bande sarebbero ridotte a -146dBr, mentre con un tono a 20KHz il valore salirebbe a -100dB.

Questo comportamento è estremamente importante, perché è alla base di uno dei metodi più semplici per misurare il jitter.

Nel caso dell'oversampling si verifica un interessante effetto. La banda del sampling jitter si può estendere fino a metà della frequenza di campionamento, mentre l'errore indotto da una data quantità di jitter è indipendente dalla frequenza di campionamento stessa (vedi formule precedenti). Tuttavia, dal nostro punto di vista noi siamo essenzialmente interessati alla sola banda audio (10Hz-20KHz), cosicché in caso di jitter casuale con distribuzione uniforme il rumore in banda audio si ridurrebbe di un fattore pari al fattore di oversampling. Sfortunatamente, la distribuzione del jitter è spesso concentrata particolarmente nelle frequenze più basse, per cui l'effetto positivo non è così marcato [5].

In caso invece di convertitori monobit con noise shaping, il rumore trasferito a frequenze superiori può raggiungere livelli elevati, ed è presente anche con segnali molto bassi. Questo rumore può intermodulare con il jitter, cosicché un piccolo valore di jitter può causare un innalzamento importante del noise floor. Comunque, i convertitori commerciali utilizzano varie tecniche per evitare questo problema, come ad esempio filtrar via il rumore ad alta frequenza prima di campionarlo o utilizzare convertitori multibit.

Effetti del jitter sul suono

Molto meno chiari sono gli effetti del jitter sull'udito, e la sua tollerabilità.

Gli studi "ufficiali" [6] sembrano dimostrare che il minimo valore di jitter che produce una differenza sensibile è di 10ns RMS con un tono puro a 17KHz; con la musica, il valore minimo è di 20ns RMS.

Comunque, la sensibilità sembra dipendere pesantemente sulla frequenza del jitter. Il jitter con frequenze molto basse, fino a 100Hz, che causano bande laterali prossime al segnale principale, sembra generalmente mascherato dal segnale modulato stesso: qui la soglia sembra raggiungere addirittura i 100ns. La soglia poi precipita velocemente fra i 100 e i 500Hz, raggiungendo un livello di 1 ns di picco. Da questo punto, la soglia continua a diminuire di 6dB/ottava, raggiungendo i 10ps di picco a 24KHz con un livello sonoro molto elevato (120dB). Comunque studi successivi sembrano dimostrare che questo valore è piuttosto sovrastimato.

Altri comunque fanno presente che la maggioranza delle persone possono percepire toni puri seppelliti 25dB al di sotto del noise floor di un CD player; perciò è necessario tenere le bande laterali prodotte dal jitter al di sotto di questi livelli, che nei CD player recenti sono estremamente bassi. Notare che se ciò non avviene il jitter potrebbe o meno essere mascherato a seconda della situazione. Comunque, il fatto che un tono 25dB al di sotto del noise floor di un CD Player, che in caso di conversione a 16 bit è attorno ai -120dB, possa essere percepito in un normale ambiente ed a normali livelli d'ascolto è una cosa che, a mio personale e modestissimo avviso, resta tutta da verificare.

Nella mia personale esperienza, e oserei dire nell'opinione generale, c'è una enorme differenza nel suono di sistemi a basso od alto jitter. Quando la quantità di jitter è molto elevata, come nei cd player economici (2ns), l'effetto è in qualche modo simile al wow and flutter, il ben noto problema di cui erano affette le compact cassette e, in minor misura, i giradischi analogici, ed era causato dalla velocità non perfettamente costante del supporto: l'effetto è simile, ma qui le variazioni hanno una frequenza molto più elevata e per tale ragione sono meno facili da percepire, ma ugualmente spiacevoli. Molto spesso in questi casi il messaggio ritmico, il passo degli intrecci musicali più complessi è parzialmente o completamente compromesso, la musica diviene noiosa, scarsamente coinvolgente e in apparenza senza senso. A parte la durezza, il tipico suono "digitale", insomma.

In quantità inferiori, l'effetto di cui sopra è difficile da percepire, ma il jitter è ancora in grado di causare problemi: riduzione della larghezza e profondità della scena, scarsa messa a fuoco, talvolta un velo sulla musica. Questi effetti sono comunque più difficili da ricondurre con certezza al jitter, dato che possono essere causati da molti altri fattori.

Ricordo anche di aver letto di qualcuno che riferiva di avere ottenuto un suono molto piacevole mentre stava effettuando dei tweaking su un CD player, solo per scoprire con propria grande sorpresa che stava iniettando per errore jitter a 600Hz nel clock... Il suono veniva riferito come morbido e caldo confrontato con il suono del CD player originale, quindi è possibile che il jitter aggiungesse qualche tipo di velo che riduceva la "digitalità" del suono.

Di recente ho avuto modo di provare il Medea della Weiss, uno dei DAC con il jitter più basso esistenti, e la sua precisione e dettaglio sono davvero qualcosa di eccezionale. Possiedo comunque due altri CD player con un livello di jitter simile (fra di loro.... il Medea è irraggiungibile se si rimane nell'ambito dei prezzi umani...), e il suono dei due è decisamente di livelli diversi: quello con jitter più elevato è molto più preciso e dettagliato dell'altro. Quindi avere un basso jitter è importante, ma non è l'unica cosa importante.

Misurare il jitter

Da quanto avete letto sopra, potreste pensare che nell'audio l'unica forma di jitter interessante sia il sampling jitter, e che possa avere poco senso misurare le altre tipologie di jitter.

Ciò non è completamente vero. Infatti, spesso è importante valutare il jitter di vari clock, per poterlo ridurre il più possibile.

La misura del jitter dipende essenzialmente da che tipo di jitter si deve misurare: di un clock, di un flusso dati digitale o di un segnale audio analogico.

Il test più preciso e diretto per misurare il jitter richiederebbe di misurare con precisione l'errore temporale fra i diversi fronti del segnale, ed analizzare la distribuzione dell'errore temporale nel tempo.

L'analisi non può essere limitata al calcolo del jitter di un ciclo di clock: la presenza di un piccolo valore di jitter fra due fronti adiacenti non da alcuna informazione su quanto avviene fra fronti lontani, in quanto i piccoli errori potrebbero sommarsi o elidersi a vicenda. La distribuzione del jitter o dell'errore temporale è in se molto più importante del suo picco e valore medio. Ciò è in generale valido sia che si tratti di trasmissione dati che di audio digitale.

Nelle trasmissioni digitali ad alta velocità il jitter è un problema in quanto può causare errori di trasmissione. Ovviamente, se il jitter di picco è tale da poter causare errori, è necessario introdurre qualche sistema di correzione degli errori, ma questo non è il problema: il problema diviene serio solo se la frequenza dei bit errati trasmessi è tale da causare un serio degrado delle prestazioni della linea, e questo dipende dalla distribuzione dell'errore temporale, non dal suo valore di picco.

Nell'audio digitale, invece è importante discriminare il jitter periodico da quello casuale, e la frequenza del jitter periodico, dato che questo permette spesso di identificare con precisione l'origine del jitter.

Misurare il sampling jitter

In campo audio, comunque, il problema è estremamente difficile, se non impossibile, da affrontare con la modalità espressa sopra, dato che è richiesta una precisione di pochi picosecondi (1E-12 secondi, il tempo in cui un raggio di luce percorre 0.3mm = 1/80") a fronte di segnali con periodo dell'ordine dei 100 microsecondi almeno. Ci sono probabilmente strumenti in grado raggiungere queste prestazioni, oggi, ma il loro costo è decisamente molto elevato.

Questa soluzione è certamente quella ideale per i clock e i flussi di dati digitali. Tuttavia, come abbiamo visto, non è possibile valutare tutte le componenti del jitter all'uscita di un sistema digitale semplicemente guardando ai segnali digitali interni, e d'altro canto non è certamente pratico e/o possibile valutare il jitter nel tempo con la precisione richiesta.

Quindi, per il jitter di conversione è necessario affrontare il problema in maniera indiretta.

Il metodo comunemente utilizzato è basato, come anticipato, sulla valutazione delle bande laterali generate dal jitter sui due lati di un segnale audio. E' quindi possibile valutare il jitter semplicemente analizzando lo spettro dell'uscita analogica di un sistema pilotato da un segnale digitale purissimo.

E' semplicemente necessario eseguire una analisi spettrale dell'uscita analogica e cercare le bande laterali simmetriche. Date le equazioni sopra riportate, più alta è la frequenza del segnale principale e più alte sono le bande laterali, quindi di norma si utilizza una frequenza pari a Fc/4 (11025Hz, quando la frequenza di campionamento è di 44100Hz). Invertendo l'equazione precedente, è possibile calcolare il contributo in termini di jitter RMS di ciascuna coppia di bande laterali, e ottenere il jitter RMS totale aggregando tutti i contributi.

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Questa metodologia tende ad includere nel jitter di uscita qualsiasi altra causa che provochi bande laterali: ad esempio, queste possono derivare da intermodulazione con armoniche residue dell'alimentazione. Comunque, dato il livello molto basso che ci si può attendere per questi residui, ed il parimenti basso livello delle conseguenti intermodulazioni in un moderno circuito analogico a bassa potenza, è chiaro che le componenti di intermodulazione, se presenti, dovrebbero essere una componente minore dello spettro. Quindi si può assumere che le bande laterali evidenziate in questo modo siano essenzialmente legate a diverse tipologie di jitter.

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Un ulteriore sviluppo di questa tecnica consiste nell'aggiungere una componente a bassa frequenza modificando il bit meno significativo del segnale digitale di pilotaggio. Di solito la commutazione, che è sincronizzata con il segnale ad alto livello, ha un ciclo di 192 campioni, cosicché la sua frequenza in caso di Fc=44.1KHz è di 229.6875Hz.

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Questa è in pratica una onda quadra a bassissimo livello, che aggiunge allo spettro una sequenza di linee centrate sui 229.6875 Hz e tutte le sue armoniche. Questo è molto utile, in quanto introduce nel flusso SPDIF un pattern fisso e ripetitivo, le cui interazioni con il segnale base (attraverso il meccanismo dell'intersymbol interference, [2]) fanno sì che le armoniche dispari dei 229.6875Hz attorno a Fc/4 assumano livelli anomali. Quindi misurando tali livelli è possibile valutare la sensibilità al data dependent jitter del sistema.

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Ma c'è qualche speranza per il povero mortale interessato a misurare il sampling jitter?

Per quanto riguarda lo spettro audio, una buona scheda audio a 24 bit è essenziale. Tuttavia, l'accuratezza sia dell'analizzatore FFT che del generatore di segnale di test utilizzato sono anch'essi seri problemi. Si possono sfortunatamente risolvere in maniera immediata solo utilizzando dei software per l'analisi di spettrale relativamente costosi: si parla di mantenere una dinamica di almeno 140dB attraverso l'intero processo FFT, la dimensione delle word e gli arrotondamenti non devono essere sottovalutati.

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Il migliore sistema che abbia mai misurato in questo modo, il Medea, vanta un jitter misurato dell'ordine dei 100ps (vedi diagramma sopra). In prodotti di buona qualità, ma con prezzi ancora ragionevoli, il jitter misurato può essere sotto i 200ps. Non è difficile mantenerlo sotto i 250-300 ps in sistemi DIY senza prendere alcuna specifica precauzione (come il TNT1541, ad esempio)

Come dato di fatto, non ho mai misurato un jitter più elevato di 1700ps (in una scheda.... "audiofila" 24/96, fra l'altro), anche se devo ammettere che non ho mai misurato sistemi di livello veramente basso.

Ultima nota: i diversi diagrammi qui sopra sono perfettamente comparabili, in quanto derivano dallo stesso CD e le scale sono in dBc, cioè dB relativi al picco centrale (cioè, il picco centrale in tutti i casi raggiunge gli 0 dB).

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© Copyright 2005 Giorgio Pozzoli - www.tnt-audio.com

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