Intervista con David Smith, guru della progettazione di diffusori - seconda parte

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Autore: Rahul Athalye
Traduttore: Roberto Felletti

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RA: «Che cos'è la direttività? Vogliamo controllarla? E perché? (E quanto in basso la vogliamo controllare? Verticalmente, orizzontalmente?)»

DS: «Nessun diffusore è perfettamente omnidirezionale. Tutti irradiano la loro energia secondo un determinato schema spaziale. Tale schema, inevitabilmente, varia anche al variare della frequenza. Se ne ricava che un certo livello di direttività è positivo, poiché è auspicabile che ci sia un certo ritardo tra l'intensità del suono che giunge direttamente alle nostre orecchie e l'intensità delle riflessioni secondarie che provengono dalle varie pareti che ci circondano.»

«Dobbiamo esaminare la questione in due modi. La direttività generale riguarda il rapporto tra l'energia che un diffusore irradia sull'asse e l'energia complessiva fuori asse. I prodotti pro quantificano questa grandezza con la misurazione del fattore Q, detto anche “indice di direttività”. Un desiderio comune, in una situazione di amplificazione di potenza, è amplificare la musica oppure la voce per aumentarne il livello diretto senza aumentare la melma sonora composta dai riverberi ambientali. Un'elevata direttività permette di raggiungere questo scopo. Un quadro più dettagliato della direttività viene offerto dallo schema polare di un impianto. Data una specifica direttività, si possono avere molti schemi polari differenti che conducono a quella direttività. Ciascuno di essi può generare una risposta in frequenza buona o cattiva a vari angoli di irradiazione, anche quando la risposta media è molto corretta.»

«Negli anni '80 ci fu una rivoluzione nella progettazione delle trombe, per cui venivano stabilite, davvero con precisione, le geometrie delle trombe stesse che avrebbero consentito una direttività costante. Don Keele, con cui avevo lavorato alla JBL, riuscì a scoprire il legame tra le forme delle trombe e il loro schema polare. I risultati hanno portato alla realizzazione delle attuali trombe “a direttività costante”. Il punto è che una tale definizione è infelice. Poiché la direttività costante implica soltanto un rapporto tra la risposta assiale e quella in potenza, essa minimizza l'effettiva portata della scoperta. Le vecchie trombe a multicella erano caratterizzate da una direttività abbastanza costante, ma avevano un'uniformità polare molto scarsa. Con questo, voglio dire che, se si fosse misurata la loro potenza irradiata totale, essa sarebbe stata abbastanza vicina alla risposta assiale; ma, se ci si fosse spostati fuori asse, la variazione sarebbe stata cospicua. Alcuni intervalli di frequenze sarebbero stati più marcati se ci si fosse mossi intorno all'altoparlante orizzontalmente, mentre sarebbero stati più attenuati se il movimento fosse stato verticale. La direttività complessiva era soddisfacente, ma la risposta specifica, a varie angolazioni, era scarsa. Il vero miglioramento delle trombe realizzate negli anni '80 consisteva in una risposta polare molto costante, un obiettivo molto più difficile da raggiungere.»

«La distinzione è importante per questo motivo: la direttività costante implica una relazione ordinata tra la risposta assiale del dispositivo e la potenza irradiata totale, ma non garantisce una buona risposta quando ci si discosta dalla posizione in asse. D'altra parte, un impianto con poli costanti manterrà la propria risposta in frequenza parecchio fuori asse e, inoltre, sarà caratterizzato da una direttività costante.»

«Per apprezzare tale distinzione dobbiamo entrare nel campo della psicoacustica. Come sopra menzionato, la domanda più importante che i progettisti di diffusori si pongono è: “Quali sono i parametri operativi che dovremmo ottimizzare?” o, in altri termini, “Ci sono parametri che possiamo ignorare?”. Tutti noi sappiamo che la risposta in frequenza si trova in cima alla lista, ma di che tipo di risposta in frequenza parliamo? Ci sono: la risposta anecoica, la risposta in ambiente, la risposta dell'ambiente riverberante, la risposta sferica, la risposta emisferica, la risposta della finestra d'ascolto. È sempre un problema a tre dimensioni.»

«Sappiamo che la risposta assiale di sistema è più importante di qualsiasi risposta in potenza. Per suonare bene, i diffusori devono avere una risposta assiale piatta e uniforme, ma non necessitano di una risposta in potenza uniforme e, in realtà, una risposta in potenza piatta è dannosa e genera un suono troppo aperto dai diffusori.»

«Questo mi porta a ritenere che la direttività, allo scopo di ottenere una potenza irradiata totale per una determinata curva, non sia un obiettivo corretto; tuttavia, le curve polari uniformi possono consentire una risposta piatta sia in asse sia per un intervallo di angolazioni lontane dall'asse. In questo modo, si ottiene una buona risposta che soddisfa un certo numero di ascoltatori o di posizioni di ascolto. Poiché non è pensabile che gli ascoltatori si trovino seduti esattamente in asse con i diffusori (possono anche ascoltare musica con amici), credo che questo sia l'obiettivo primario della progettazione di diffusori.»

«Ho speso molte parole per dire che la direttività costante, secondo me, non è importante, ma l'uniformità fuori asse lo è; la differenza è sottile, ma determinante.»

“... la direttività costante, secondo me, non è importante, ma l'uniformità fuori asse lo è; la differenza è sottile, ma determinante.”

RA: «I line array[1] possono fornire il controllo della direttività verticale; cosa ne pensa?»

DS: «Ho lavorato parecchio con i line array quand'ero presso McIntosh. I loro diffusori avevano impiegato questa soluzione a lungo prima che arrivassi io. Ero incuriosito, perché gli impianti erano caratterizzati da interessanti attributi tecnici che, tuttavia, non erano stati del tutto compresi. Io mi ritrovai a scrivere alcuni semplici programmi per modellarli sulla base della somma geometrica di molti vettori (un vettore per ogni elemento dell'array). Il concetto è piuttosto semplice. Se abbiamo cinque tweeter uno in fila all'altro, possiamo prendere una frequenza e un punto nello spazio da cui ascoltare e ricavare la geometria della serie di altoparlanti. Ogni elemento dell'array ha una distanza specifica dall'orecchio e, in base alla frequenza, i relativi ritardi temporali forniscono gli spostamenti di fase individuali. E a questo punto entra in scena il vettore: il ritardo del percorso dell'aria ruota i singoli vettori e la forza di ognuno di essi diminuisce con la distanza dall'elemento specifico. Mettete tutto quanto insieme e potete modellare la risposta in frequenza, lo schema polare o altro, per ciascun array possibile.»

«Ne consegue che c'è un certo numero di aree di frequenza in cui possono verificarsi fenomeni prevedibili. La risposta diventa più circoscritta all'aumentare della frequenza e, di conseguenza, si formano dei lobi che curvano verso l'interno quando se ne creano di nuovi. Infine, alle frequenze più elevate la somma dei vettori diventa piuttosto casuale e la risposta si allarga di nuovo.»

«L'altra scoperta è stata la differenza significativa tra la risposta ravvicinata e quella a distanza. In quella a distanza, questi array sono molto direzionali; in quella ravvicinata sussiste una relazione tra l'altezza dell'ascoltatore e la lunghezza dell'array. In generale, se vi trovate entro i punti terminali (dall'alto verso il basso dell'array), percepirete una forte risposta sull'intera banda sonora. Posizionatevi sopra il limite superiore oppure sotto quello inferiore e la risposta precipiterà come un sasso. Se volete minimizzare gli effetti dell'ambiente d'ascolto, gli array elimineranno un certo numero di riflessioni ambientali, specialmente quelle del pavimento e del soffitto; e questo è un aspetto positivo.»

«Una volta scoperto che ero in grado di modellare questi array e di iniziare a capirli, avevo anche scoperto che gli array lunghi, diciamo di lunghezza pari alla distanza tra pavimento e soffitto, funzionavano in maniera ideale, ma quelli di media lunghezza erano un disastro. Anche rimanendo entro i punti terminali, essi presentavano una variazione nella risposta che era maggiore di quanto desiderassi. Avevo sperimentato il beneficio di usare un profilo ponderato allo scopo di migliorare l'uniformità della risposta, sia sulla linea centrale dell'array sia fuori di essa. Il risultato finale fu il Mac XRT24 e le caratteristiche della risposta erano state migliorate parecchio rispetto ai precedenti array corti. Curiosamente, malgrado la pubblicazione dei risultati e nonostante la crescente popolarità dei line array, non ho visto un qualunque progettista high-end usare la tecnica degli elementi ponderati (gli array CBT, progettati da Keele, costituiscono un'eccezione degna di nota, il cui uso è più adatto per amplificazioni di potenza).»

«Il nostro programma era scritto in Fortran e girava su un vecchio DEC PDP11. Con la diffusione su larga scala della tecnologia informatica, ora sono disponibili vari e meravigliosi software per la modellazione degli array, particolarmente oggi che sono diventati così popolari per i grossi impianti di potenza utilizzati nei concerti.»

«L'array ad espansione era un concetto formulato successivamente, quand'ero presso Snell. Presumo che gli impianti fossero un'evoluzione del lavoro che avevo svolto sulla certificazione THX. Il sistema THX spingeva per una direttività verticale più elevata, ma molti titolari di licenze mettevano al massimo due tweeter oppure, forse, due tweeter e due woofer. La risposta assiale poteva andare bene e la direttività era più elevata, quindi, in qualche modo, gli effetti ambientali diminuivano; tuttavia, la risposta diventava confusa non appena si andava fuori asse.»

«Per me, era importante ottenere un impianto caratterizzato da una direttività più uniforme, senza che la risposta normale, fuori asse, si annullasse. Da Mac avevo realizzato un impianto THX con tre tweeter in array corto, che non era tanto un line array quanto un array corto multi-elemento. Se il tweeter centrale fosse stato utilizzato per l'intera gamma e quelli esterni fossero stati progressivamente attenuati, avrei potuto ottenere qualcosa privo di lobi, con il risultato di avere una direttività senza “dolore”. Da Snell, avevo semplicemente esteso la tecnica ad un certo numero di sezioni e ad un intervallo di frequenze maggiore. Usavo il software di modellazione originale Xopt di Peter Shuck per crossover e impianti, ed ero alla ricerca di soluzioni per impilare gli elementi, affinché fossero ben fissati, e per attenuare ciascuna sezione in modi particolari che fornissero una direttività corretta. Avevo scoperto che potevo ottenere una risposta piatta in asse, inferiore a 1 dB (o giù di lì) a un'angolazione verticale di ± 15° e una pendenza, completamente uniforme, di 6 dB (o giù di lì) a un'angolazione di ± 30° - 40°. Tale soluzione si era rivelata estremamente corretta. Sostanzialmente, grazie alla transizione uniforme dal tweeter più interno ai midrange adiacenti e ai woofer circostanti, è possibile realizzare un impianto caratterizzato da una lunghezza effettiva proporzionale alla lunghezza d'onda irradiata. Cercando una definizione commerciale, la tecnica è stata denominata “array ad espansione”, il cui significato indica che la lunghezza effettiva si espande a mano a mano che la frequenza diminuisce (la qual cosa sembra più positiva di una sua contrazione all'aumentare della frequenza!).»

«Quindi, da JBL ho lavorato con dispositivi a guida d'onda a direttività costante, da McIntosh con line array medi e lunghi e da Snell con array simmetrici ad elevata ottimizzazione. Tra i tre, ritengo che gli array simmetrici siano i migliori. La risposta è molto corretta e l'aumento della direttività è quasi giusto, non così estremo come nel caso degli array lunghi.»

RA: «I dipoli permettono il controllo della direttività. Cosa ne pensa della corrente di pensiero sulla progettazione degli open baffle

DS: «Sono un po' sconcertato da tutto ciò.»

«Mi piace la “corrente” dei diffusori fai-da-te, ma, talvolta, ho l'impressione che la gente desideri autoimporsi grosse sfide solo per dimostrare di saperle affrontare. Sembra che ci piaccia trascorrere del tempo inseguendo qualsiasi soluzione mirata che persegua i nostri ideali. Quindi, un bello schema polare a 8 sembra una gran cosa (poiché fornisce una curva della fase piatta oppure un'efficienza ultra elevata o ancora diffusori largabanda senza crossover, ecc.).»

«Ci sarebbe da discutere sul fatto che una direttività più elevata sia una cosa positiva, che riduce l'interazione tra i diffusori e l'ambiente. Tuttavia, stiamo scoprendo che non tutte le riflessioni ambientali si formano allo stesso modo. Le riflessioni laterali, provenienti dalle pareti laterali di un ambiente d'ascolto, tendono a conferire una piacevole sensazione di spazialità e di avvolgimento sonoro, senza disturbare la percezione della risposta in frequenza dell'impianto. D'altra parte, le nostre due orecchie hanno difficoltà a separare le riflessioni della parete posteriore dal suono diretto; anziché spazialità, esse aggiungono coloritura alla risposta. Per sua natura, lo schema di irradiazione di un dipolo lo rende una scelta di scarsa qualità, in quanto esso tende ad aumentare la riflessione della parete posteriore diminuendo quelle delle pareti laterali.»

«In parte, si può ovviare a ciò angolando notevolmente i dipoli verso il punto d'ascolto, ma io veramente dubito che molti possessori di dipoli lo facciano. Sembra che i sostenitori dei dipoli, o della figura a 8, adorino lo schema polare e, come dichiarato precedentemente, mi preoccupo molto della risposta piatta e uniforme relativa a un'ampia finestra d'ascolto, ma la direttività assoluta non mi entusiasma troppo.»

«Il maggiore svantaggio tecnico degli impianti a dipolo consiste nella perdita di potenza alle basse frequenze a causa dell'annullamento della lunghezza d'onda lunga. A meno che il vostro baffle non sia abbastanza largo, avrete un'attenuazione del primo ordine alle basse frequenze. Molti progettisti equalizzano in questa zona, ma la perdita nella gestione della potenza è piuttosto significativa. Per l'autocostruttore non è un grosso problema, tuttavia le conseguenze economiche oppure la perdita in prestazioni sono considerevoli e ciò spiega perché ci siano pochi diffusori privi di pannello posteriore presenti sul mercato commerciale.»

«Comunque sia, ho avuto l'occasione di esaminare alcuni lavori teorici sui dipoli e non dubito che alcuni progettisti abbiano ottenuto grandi risultati tecnici e un suono molto buono. Ho semplicemente la sensazione che il punto di partenza sia leggermente sbagliato.»

RA: «Io mi occupo un po' di costruzione di diffusori. Il componente che ritengo faccia perdere più tempo è il cabinet. Lei come progetterebbe un buon cabinet che sia efficiente? Quali mantra dobbiamo invocare per sapere cosa metterci dentro?»

DS: «Ho trascorso un po' della mia carriera ad occuparmi di acustica architetturale, riuscendo ad avere un quadro molto migliore delle prestazioni dei cabinet esaminando i corrispettivi architettonici. È stato svolto molto lavoro concernente la costruzione e la misurazione di strutture murarie che cerchino di tenere il rumore dei vicini fuori dalla nostra parte del mondo, ed è proprio quello che ci prefiggiamo di ottenere con i cabinet dei diffusori. Vogliamo che il suono emesso dal retro del diffusore resti nella cassa. In termini architettonici, vogliamo che la “Perdita di Trasmissione” sia alta.»

«Ora, la perdita di energia attraverso le pareti di un cabinet non costituisce un problema, anche perché non si tratta di una perdita uniforme. Ogni parete di un cabinet presenterà numerose risonanze dei pannelli, in presenza delle quali essi diventano sostanzialmente trasparenti. Poiché questo è un fenomeno a banda stretta, lascerà un'impronta a lungo termine che avrà un effetto percepibile sproporzionato rispetto al suo livello di energia.»

«Spesso, la costruzione di un cabinet tocca direttamente credenze audiofile ed equivoci comuni. Negli ambienti audiofili, se il piccolo spessore di una parete va bene, allora uno spessore maggiore andrà meglio. In realtà, la fisica non è d'accordo con una tale affermazione. Dobbiamo diminuire il fattore Q delle risonanze del cabinet e una massa maggiore, o una maggiore rigidezza, diminuirà qualsiasi effetto smorzante che applichiamo. La chiave sta proprio nello smorzamento e quello che serve è un elevato rapporto tra il materiale smorzante e la massa (o la rigidezza) della parete. Ne consegue che pareti del cabinet più spesse aumenteranno sempre il fattore Q delle risonanze e renderanno il loro smorzamento più difficile da ottenere. Aumentare le frequenze di risonanza tramite l'uso di pareti più rigide, raramente le porterà oltre la soglia di udibilità; più probabilmente, esse verranno semplicemente spostate in una zona in cui diventeranno più percepibili. Questo fatto non concorda con molte convinzioni audiofile, per cui i forum pullulano di discussioni animate; tuttavia, la fisica parla chiaro.»

“Negli ambienti audiofili, se il piccolo spessore di una parete va bene, allora uno spessore maggiore andrà meglio. In realtà, la fisica non è d'accordo con una tale affermazione.”

«Molto di quanto sappiamo su questo argomento proviene dalle ricerche della BBC, particolarmente quella di Harwood, che ci riportano al punto di partenza e quindi vale la pena parlarne. Lei ha domandato dei prodotti per uso professionale e della loro influenza. Negli anni '60 e '70, alla BBC scoprirono che, relativamente ai monitor da studio, l'offerta commerciale era inadeguata, per cui sentirono la necessità di costruirseli da sé; si trattava di progetti del tutto nuovi e significativi. L'obiettivo era creare una gamma di impianti monitor che ponesse l'accento, principalmente, sulla neutralità sopra ogni altro aspetto. Alla BBC sapevano che il processo di missaggio della musica consiste, sostanzialmente, nel prelevare il segnale raccolto dai microfoni e nell'utilizzare tutti i mezzi a disposizione (equalizzazione) per creare un prodotto caratterizzato da quel particolare suono che si vuole ottenere. Poi, quel suono viene esaminato attraverso una coppia di monitor da studio che non fa parte, direttamente, della catena di registrazione. In verità, se quei monitor hanno una qualche coloritura, finisce che nel missaggio viene inserito l'inverso della loro personalità. Ciò significa che, se i diffusori hanno un suono “aperto”, senza volerlo il missaggio dovrà essere “chiuso” per poter compensare.»

«Quindi, la chiave stava nella neutralità. A parte ciò, la serie di monitor della BBC era molto pratica. La gran parte era costituita da semplici impianti a due vie, con una grande attenzione verso la riduzione delle risonanze ottenuta grazie a un'attenta progettazione degli altoparlanti, del crossover e del cabinet. A mano a mano che i diffusori venivano sviluppati, essi venivano sempre ascoltati; poi, ci si spostava nello studio adiacente per ascoltare nuovamente i musicisti dal vivo. È un sistema decisamente mirato per capire se si sta andando o meno nella giusta direzione.»

«La ricerca della BBC è tenuta in grande considerazione, con persone quali Harwood e Sowter, Mathers, e altri che sono stati davvero dei precursori. Secondo me, i progetti rappresentano un esempio di lucidità intellettuale e di come gettare le basi giuste. Poiché erano pensati come strumento interno, essi erano del tutto svincolati da esigenze di moda o logiche di mercato. Io ero stato coinvolto nella riprogettazione a 11 Ω dei monitor LS3/5a, per cui, in realtà, ne ho un'opinione un po' contraria. Sono validi ma non così entusiasmanti, secondo me (e anche secondo quelli della BBC). Io ritengo che gli LS5/9 e i 5/10 fossero, probabilmente, i modelli migliori della serie.»

RA: «La progettazione di un diffusore e la possibilità di effettuare misurazioni ora sono facilmente accessibili. Inoltre, molti altoparlanti ad alte prestazioni, tipo gli Scanspeak utilizzati dalla Anat Reference, sono disponibili. Il popolo del fai-da-te ha la sensazione che, a patto che ci sia sufficiente predisposizione, chiunque possa ricreare ciò che i produttori realizzano e, forse, migliorarlo, per una frazione del prezzo. È vero? Cosa direbbe a una persona che ha deciso di avventurarsi nella progettazione, per sé, del miglior diffusore possibile? Dove si trova il punto migliore e dove possiamo scendere a compromessi?»

DS: «Ho esaminato alcuni progetti fai-da-te che competono con le migliori realizzazioni di aziende affermate. Ci sono alcuni progettisti amatoriali, in giro, che sono più bravi di alcuni (ma non tutti) progettisti di professione che conosco. Inoltre, è incredibile se si pensa a quanti strumenti, dal prezzo accessibile, sono disponibili oggigiorno. Per poche centinaia di dollari, un appassionato può procurarsi un microfono calibrato e alcuni software per effettuare misurazioni, ed essere attrezzato quasi come un professionista. Oltretutto, sono anche disponibili apparecchiature DSP economiche.»

«Quindi, non c'è motivo per cui un appassionato non possa realizzare qualcosa in grado di competere con le proposte commerciali. Per quanto riguarda il valore, bisogna tenere conto del proprio tempo. Se la costruzione resta un hobby e non avete intenzione di darle un valore commerciale, allora potreste costruire qualcosa migliore di quanto potreste acquistare, a parità di soldi. Le aziende produttrici di diffusori devono non solo considerare l'importo delle fatture per l'acquisto dei componenti di un dato prodotto, ma devono anche farsi carico di tutte le spese aziendali che compongono la catena di vendita. Di solito, il prezzo di vendita è da tre a cinque volte maggiore di quello delle materie prime e dei costi di produzione. D'altro canto, le aziende non pagano cifre al dettaglio gonfiate per gli altoparlanti.»

«In realtà, il problema non è il prezzo. Se un progetto di diffusori vi piace, allora realizzatelo spassionatamente e consideratelo un'esperienza formativa. Se date un prezzo al tempo che impiegate nella costruzione, i diffusori risulteranno più costosi dei semplici componenti, in maniera molto simile a quando si rimette a nuovo un'auto o a quando se ne costruisce una sportiva. Dopo parecchie migliaia di ore, quanto davvero vi sarà costata quell'auto?»

RA: «Il mercato è saturo di diffusori, pressoché in ogni fascia di prezzo. C'è modo di distinguere i prodotti validi da quelli scadenti ed evitare di fare una scelta sbagliata?»

DS: «Innanzitutto, dobbiamo usare le nostre orecchie e fidarci di loro. Poi, bisogna trovare un modo per effettuare confronti scrupolosi tra diffusori conosciuti e altri che potrebbero interessare. Occorre utilizzare materiale sorgente che si conosce bene (e altro simile) e ascoltare, semplicemente, allo scopo di trovare la naturalezza e l'uniformità di equilibrio. Bisogna diffidare di qualsiasi cosa che risulti differente da quanto dichiarato sulla confezione. Se possibile, è consigliabile effettuare alcune semplici misurazioni della risposta in frequenza. Se si ascolta e si misura, si avrà un grosso vantaggio su chiunque usi un metodo ma non l'altro.»

«Secondariamente, guardate i marchi affermati che godono di riconosciuta considerazione: KEF, Polks, PSB e B&W; tra i prodotti di queste aziende può esserci, occasionalmente, quello mal riuscito, ma per la maggior parte essi devono essere, immancabilmente, validi per garantire la sopravvivenza sul mercato. Analogamente, io seguo il mercato delle cuffie e sono stupito dal fatto che molti acquirenti si lascino attrarre da massicce offerte commerciali di Skull Candy e Monster anziché rivolgersi a validi prodotti affermati di aziende dalla reputazione consolidata, quali Sennheiser, AKG e anche Sony.»

RA: «Cosa ne pensa del futuro dell'hi-fi?»

DS: «Penso che sia un po' come nel romanzo di Dickens “A Tale of Two Cities” (“Racconto di due città”): “Erano i tempi migliori. Erano i tempi peggiori.”»

«La tecnologia attuale ci consente di fare cose sorprendenti, tuttavia l'interesse per l'audio di qualità è davvero minimo.»

«Ad esempio, poche settimane fa ho acquistato un piccolo registratore audio che registra in stereofonia su una scheda di memoria. Mi è costato meno di 100 dollari e dispone di un intervallo di frequenze maggiore, con minore rumore, di qualsiasi registratore a nastro dei vecchi tempi. In generale, l'audio digitale è impressionante e gli MP3 possono suonare abbastanza bene se si utilizza una frequenza di campionamento sufficientemente alta.»

«Tuttavia, in gran parte la rivoluzione nell'audio personale ha generato, nella gente, poco interesse nei confronti della riproduzione audio domestica di buona qualità. Le persone sono felici di arrivare a casa e mettere il loro iPod su un'economica docking station, accettando qualsiasi suono ne fuoriesca. La comodità e la praticità di avere a disposizione enormi quantità di canzoni sembrano essere più importanti della qualità di ciò che si ascolta. Mi fanno ben sperare quegli appassionati che acquistano cuffie di buona qualità e anche amplificatori per cuffia, nel tentativo di ottenere la miglior esperienza possibile di ascolto portatile, anche se si tratta di una piccola parte del mercato.»

«Riguardo l'home-theater, le cose vanno un po' meglio, poiché alcuni appassionati possiedono diffusori di qualità e un buon ricevitore AV per le loro sale domestiche. Ma la tecnologia video odierna è piuttosto seducente e la gente preferisce di gran lunga spendere i propri soldi per acquistare uno schermo di dimensioni maggiori anziché investire sulla componente audio.»

«Il DSP (Digital Signal Processor, processore di segnale digitale) permette un'equalizzazione ambientale piuttosto sofisticata, tuttavia non credo che il miglior utilizzo che se ne possa fare sia stato ancora compreso. Questo è un settore di interesse del quale mi sto attualmente occupando.»

«Abbiamo anche assistito al trasferimento su larga scala della produzione audio in Cina e, con essa, di gran parte delle competenze ingegneristiche. È una brutta situazione, perché significa la fine di un ricco passato di progettazione audio per il Nord America e l'Europa. Attualmente, l'ingegneria audio sopravvive, principalmente, come indotto degli sviluppi legati al settore informatico.»

«Mi dispiace anche che la guerra del loudness stia degradando le nostre sorgenti musicali. Sembra così sciocco pensare che un CD registrato con un livello compresso nei 3 dB superiori sia, per così dire, più appetibile per il mercato; però, questa pare essere la mentalità di molti produttori discografici. Dovremmo iniziare a restituire al mittente le brutte registrazioni, allo scopo di mandare un messaggio alle case discografiche che faccia loro capire che la pratica di realizzare registrazioni di scarsa qualità audio non sarà tollerata.»

«Comunque, le potenzialità per ottenere un grande suono sono là fuori, con le nuove tecnologie. Io sono anche molto colpito dalla conoscenza dimostrata, oggigiorno, da alcuni appassionati del fai-da-te nel campo della progettazione di amplificatori e diffusori.»

«Grazie per le vostre interessanti domande!»

RA: «Molte grazie a lei, David, per averci dedicato un po' del suo tempo!»

© Copyright 2015 Rahul Athalye - rahul@tnt-audio.com - www.tnt-audio.com

[1] - Disposizione verticale di diffusori acustici (nel contesto chiamati “elementi” o “moduli”) sovrapposti, che fungono da singola sorgente di emissione sonora e che hanno lo scopo di raggiungere un'elevata pressione sonora e una copertura uniforme - NdT

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