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High End 2014 Show - Monaco - Germania

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Visitatore: Carlo Iaccarino
La mostra si è svolta dal 15 al 18 maggio 2014 presso il M.O.C., centro fieristico di Monaco di Baviera, in Germania
Scritto: maggio 2014
Sito web ricco di informazioni: High End Society.de

Premessa

Era da molto che vagheggiavo di visitare questa fiera. Le principali riviste audio ne hanno descritto la progressiva crescita e ultimamente ho spesso letto commenti che la definiscono la più importante del settore, probabilmente anche migliore della sezione high performance audio del CES di Las Vegas.
Quindi, quest'anno mi sono organizzato per tempo e mi sono liberato per il terzo w.e. di maggio... solo per ritrovarmi, un mese prima, a perdere la disponibilità proprio di quei sabato e domenica, in piena applicazione della legge di Murphy :-)
Avrei potuto ancora contare su giovedì e venerdì, ma il primo giorno è tradizionalmente riservato agli operatori professionali e alla stampa... Alla stampa? Beh, io, molto alla larga, faccio comunque parte da tempo della redazione di questa rivista... Per farvela breve, ricevo da Lucio il permesso di accreditarmi come reporter di TNT-Audio e così non perdo la mia occasione per visitare la mostra, ed ora vi dovete sorbire questo mio resoconto :-)

Tanto chiarisce inequivocabilmente che io, alla mostra, mi sono sentito un infiltrato.
Non faccio parte dei giornalisti professionisti; con alcuni di essi ci conosciamo, e lí ne ho visti molti altri, tutti nel pieno svolgimento dei loro compiti istituzionali. Quindi, nel rispetto del loro lavoro, quantomeno fisicamente gravoso, non mi sogno neppure di (provare a) stendere un coverage della mostra: oltre a quello del nostro Hartmut, ne potrete anche leggere di ottimi su tutte le riviste, su carta e online: praticamente in diretta possiamo tutti contare sul report di Stereophile e sull'infaticabile opera documentaristica di Leo Yeh; ma ci sono anche gli ottimi report di Angelo Jasparro e di Roberto Rocchi, e ci saranno senz'altro le documentatissime sezioni che sicuramente Suono ed AR (entrambe arrivate in forza alla mostra) vi dedicheranno nelle prossime uscite. E questo solo per limitarmi alle fonti ufficiali a me note.
Mi dispiace deludere le aspettative dei bramosi ammiratori di foto (fra i quali rientro a tutti gli effetti), ma, comunque rassicurato dal lavoro di Hartmut, qui mi limiterò a miei personali commenti da normale visitatore, cercando di trasmettervi le mie sensazioni e riflessioni da bambino nel paese dei balocchi :-)

Parole-chiave

Si tratta di un evento, innanzitutto, ENORME.
La quantità di roba esposta è praticamente sconfinata; i numeri rilasciati dall'organizzatore parlano di 449 espositori totali provenienti da 40 paesi, di cui 180 tedeschi, 182 dal resto di Europa, 44 dal nordamerica e 39 dall'Asia, tutte voci inserite in trend in salita costante dal 2010 (quando la mostra si è trasferita nella sede attuale). Come da tradizione, vi sono sia esposizioni tradizionali, in sale chiuse e (più o meno) isolate, dislocate in 3 raggruppamenti ai piani superiori degli edifici, sia esposizioni in postazioni aperte lungo i corridoi di altrettanti grandissimi saloni al piano terra. Solo che il numero degli espositori e degli oggetti esposti e la loro varietà è tale da lasciare sopraffatto il visitatore delle mostre tradizionali locali, di dimensioni certamente più limitate, ma anche più umane. Quasi mai gli oggetti erano in esibizione statica: anche nelle grandi Hall al piano terra le postazioni straboccavano di apparecchi perfettamente funzionanti, che cortesissimi e preparatissimi addetti invitavano a toccare e utilizzare.

E' un evento figlio di una chiara PROGETTUALITÀ
A me è parso chiaro che non si tratta di una mostra organizzata per riempire gli spazi espositivi finché ce ne sono, quanto, piuttosto, per mostrare l'esistenza, anche nel campo della riproduzione musicale, di un settore di produzione serio ed affidabile. Infatti, come ben specificato dagli organizzatori in conferenza stampa, la High End Society ha previsto determinati criteri il cui mancato rispetto impedisce l'accesso a tale vetrina. Si tratta di criteri fondamentalmente commerciali (presenza di una rete di vendita/distribuzione e assistenza tecnica, capacità di produrre oggetti in serie, anche piccole, e non in pezzi unici, ecc.) che, a mio avviso, sono finalizzati a presentare all'esterno un settore produttivo caratterizzato da serietà, per configurare un affidamento nell'acquirente e garantirgli serenità nel suo acquisto, evidentemente obiettivo finale di tutto questo. Gli operatori che non soddisfano i requisiti richiesti semplicemente non possono esibire. È previsto un correttivo a tale fredda e teutonica divisione fra chi è dentro e chi resta fuori: l'angolo del novellino, per dare una - piccola - area espositiva a quei produttori che, pur non rispettando tutti i requisiti, sono ritenuti comunque interessanti e, in previsione del loro miglioramento e per favorirlo, viene data loro una possibilità, peraltro a costo zero. E si tratta di una visibilità offerta con gran dispendio di risorse: l'organizzazione ha sottolineato di essere fiera di offrire un'ampia copertura pubblicitaria (in effetti, nei giorni di fiera c'erano manifesti, inserti sui giornali, ecc.; non so prima), che funziona bene proprio con i soldi degli associati; una frase mi ha colpito: "we OWE it to our exibitors", è un nostro OBBLIGO nei confronti degli espositori, e mi pare la dica lunga sulla serietà con cui viene presa l'organizzazione di questo evento e, più in generale, il ruolo di un'associazione di categoria...
Ulteriore conferma di questa visione in prospettiva viene dalla creazione, all'interno delle aziende associate alla High End Society, della Smart Audio Alliance, cioè un'associazione fra produttori, analisti di mercato e stampa specializzata, che organizza la formazione del personale dei punti vendita tedeschi, sia per evitare quelle classiche situazioni in cui entra un cliente che mira ad uno dei nuovi prodotti audio di cui è più informato del venditore, sia per permettere al venditore di illustrare non solo le caratteristiche tecniche del prodotto che vende, ma anche funzionali, in termini di benefici che apporta a chi lo acquista, per motivare l'acquisto. Non si tratta di pretendere di fare formazione ai commessi degli Apple Store, quanto di formare i venditori di audio e video che NON sono specialisti in High End, a trattare il prodotto anche di livello non elevato, ma in funzione della qualità musicale (e delle innovative features) che è in grado di offrire. Insomma, una specie di "bollino blu" per il punto vendita che, normalmente, tratta l'audio anche consumer, ma di qualità (fra le aziende partner ci sono Pioneer, Harman, Yamaha, Dynaudio, Sennheiser, Samsung, Sonos....).
So di toccare un tasto dolente, ma non ho potuto fare a meno di mandare un triste pensiero alla nostra striminzita APAF...

È un evento organizzato e condotto con grandissima PROFESSIONALITÀ. L'organizzazione è chiaramente finalizzata a perseguire le finalità promozionali su descritte, quindi, pur trattandosi di un'esibizione enorme, è completamente dedicata all'audio, con pochissimo video, sempre finalizzato alla fruizione di contenuti multicanale oppure utilizzato come grosso display di server musicali. Ricordo come sole rilevanti eccezioni l'allestimento cinematografico di Sonus Faber/McIntosh, la sala Panasonic ed una sala cinema/4K realizzata in un'ampia area di una delle Hall a piano terra. L'accesso alle sale, controllatissimo per evitare indebite intrusioni, era sempre accompagnato da cordiali inviti da parte dei singoli responsabili, desiderosi di mostrare le caratteristiche dei propri prodotti. Ho sempre parlato con personale interno delle varie aziende produttrici: insomma, poche hostess e molti CEO ed international sales manager. Mi sarò fatto impressionare, ma a me è parso che anche i visitatori avessero un atteggiamento più professionale, meno goliardico, se vogliamo; insomma, ho avuto la sensazione di un pubblico molto competente.

È una mostra davvero RAPPRESENTATIVA. Perdonatemi la rudezza, ma lasciatemelo dire: scordatevi del TAV; qui ci sono TUTTI. Tornando più politicamente corretti, se nei penultimi TAV si percepiva un respiro internazionale, qui tira proprio un forte vento... Pensate ad un marchio che conoscete, e a Monaco lo trovate, insieme a tantissimi che ignorate o, magari, avete solo sentito nominare; ed omogeneamente distribuiti fra le varie categorie: produttori di elettroniche, di diffusori, di sorgenti, analogiche e digitali, ecc. Ho, però, notato una stranezza: non c'erano due colossi come Sony e Pioneer (ma c'era TAD...), che pure hanno linee di apparecchi che ben possono definirsi high end.
La rappresentatività della mostra ha come corollario che qui inevitabilmente si delineano le TENDENZE del settore che, per quanto mi riguarda, mi sono parse sostanzialmente tre.
Innanzitutto, conferma della definitiva smaterializzazione del contenuto musicale: praticamente TUTTI i produttori avevano il loro sistema di server/lettore di rete/streamer, e prelevavano la musica da memorie più o meno nascoste; erano pochi gli impianti dove avrei potuto sentire un mio disco, anche se la vastità degli archivi musicali di ogni produttore era idonea a soddisfare ogni desiderio. Corollario di tale impostazione è l'aumentata importanza dei mezzi su cui archiviare la gran messe di informazioni che costituisce gli archivi musicali, per cui vi era anche l'esposizione di marchi più noti nel mercato informatico, con NAS e dischi esterni (e anche qui c'era chi ha approfittato della situazione per proporre dei NAS espressamente qualificati come audiofili, quindi contenuti in mobili di dimensioni per noi più usuali, con finiture curate, con alimentazioni maggiorate, connettori particolari, memorie SSD, ecc...)
Poi, grande disponibilità di apparecchi per l'audio personale, con moltissimi scatolotti che cumulavano le funzioni di DAC e di amplificatore per cuffie, ma anche di preamplificatore; più o meno complessi, con funzioni anche poco comuni e non proprio alla portata di utenti poco esperti, segno di macchine dall'aspetto magari minuto e ridotto, ma pensate per essere percepite come importanti, con cure progettuali e realizzative che tradizionalmente si trovano su apparecchi da inserire nell'impianto buono.
Infine, l'acronimo che non poteva mancare su nessuna macchina digitale, dalla più cara e complessa a quella più economica ed elementare: DSD. La capacità di trattare, anche su ingresso USB, un flusso dati monobit ad altissima frequenza di campionamento era praticamente ubiquitaria, quando realizzata con tecniche collaudate, principalmente il cosiddetto DoP (incapsulamento del flusso DSD in pacchetti di dati codificati PCM ad alta frequenza di campionamento) convertito mediante chip off the shelf, quando implementata con tecniche particolari, principalmente mediante apposito software che programma un FPGA. Ma, comunque, l'obiettivo di tutti è non restare indietro rispetto ai segnali DSD e, comunque, alla alta ed altissima risoluzione. Proprio in quest'ottica appare ancora più stridente l'assenza dei colossi, specialmente di Sony, che, oltre a detenere i diritti per il DSD, sistema di sua invenzione, ultimamente ha dichiarato anche a mezzo dei suoi vertici di essere seriamente intenzionata a promuovere l'ascolto di qualità ad altissima risoluzione, producendo apparecchi che hanno subito meritato la ribalta di ogni rivista.

È una mostra dove è possibile ampliare l'ambito delle proprie CONOSCENZE.
Un portato della rappresentatività della mostra è la circostanza che i prodotti vengono spesso illustrati proprio dai diretti interessati, che si trovano tutti a convergere a Monaco. In un unico luogo trovi fianco a fianco progettisti, tecnici e manager che fanno letteralmente la storia di questo settore: mi sono visto sfilare davanti, oppure ho proprio interloquito con, Charlie Randall, Lawrence Dickie, Paul McGowan, David Chesky, Vince Bruzzese, Dan D'Agostino, John Frank, ecc.ecc. Parallelamente, la mostra attira la stampa specializzata mondiale: limitandomi ai giornalisti che ho riconosciuto, ho visto Michael Fremer e Art Dudley di Sterophile, lo staff editoriale di Audio Review al completo, il Direttore di Suono Paolo Corciulo, Roberto Rocchi e Silvia De Monte di ReMusic; ma, sbirciando i vari badges ciondolanti al collo degli astanti ho visto giornalisti di tutta Europa, dalla Russia, dall'estremo Oriente, ecc. Ovviamente, la stampa locale era presente in prima linea, con proprie postazioni e salette dove si tenevano anche seguitissimi seminari tecnici (in tedesco, ragion per cui non ve ne posso dire di più...).

La mia esperienza di visitatore

Come detto, mi sono sentito subito sopraffatto dall'estensione della mostra, e qui provvederò a trasmettervene un quadro basandomi sui vari episodi che più mi hanno colpito.

È stato divertente vedere seri professionisti tutti tesi per le loro presentazioni. E a buona ragione: ad esempio la presentazione "alla stampa" (piccolo privilegio del quale ho innocuamente approfittato) del grosso gruppo NAIM-FOCAL ha subito l'inconveniente che, in un picco orchestrale generosamente spinto dal finalone Naim Statement, la musica si è interrotta perché... si era banalmente bruciato un fusibile; questo evento, normale per noi comuni mortali, ha visto, comunque, delle vecchie volpi come Chrétien e Stephenson abbastanza irritati. Segno che persino gente di tale esperienza dava comunque moltissima importanza alla loro presentazione - ancora una volta torna il concetto di professionalità - anche se poi, per fortuna, l'atmosfera si è rilassata e l'abbiamo presa un po' tutti a ridere, consci che, in fondo, shit happens :-)

Degno di nota è senza dubbio stato l'intervento, in saletta Nagra, dei due Marchi di Audio Review. Marco Cicogna ha condotto con successo la sua usuale (per noi) proposta di assaggi musicali da opere classiche note (e meno note) su registrazioni commerciali (non solo dischi audiofili...), illustrando cosa sentire nella musica e, quindi quali pezzi scegliere per saggiare le diverse qualità di un impianto (conservo la sua scaletta: non si sa mai...). Marco Benedetti ha illustrato le differenze - neppure tanto sottili - tra le versioni della stessa registrazione disponibili in varie risoluzioni presumibilmente elaborate a partire dal medesimo master; il pubblico presente ha risposto bene alle differenze e ha capito che è bene essere consumatori consapevoli di ciò che in rete ci viene offerto per il download come file ad alta risoluzione, per evitare di comprare solo una confezione ad alta risoluzione.

Molto interessante anche la demo di PS Audio. Se non ho capito male, hanno pensato di DSDizzare tutto, sovracampionando ad altissima velocità e quantizzando con un numero di bit sufficienti per garantire dinamica del segnale e regolabilità del volume (i lettori più tecnici perdoneranno a questo ignorante gli strafalcioni) e poi riscendendo di frequenza a 2 volte quella del DSD, ma campionando a singolo bit; secondo loro, così si ottiene un segnale ad alta risoluzione e facilmente convertibile in analogico, liberandosi in un colpo solo del circuito di uscita e (e dei nefasti effetti) del brickwall filter, necessario al PCM ad alta risoluzione: sarebbe sufficiente un mero passa basso per ricostruire un segnale che, per sua natura è già simil-analogico. Ora, tutto funziona finché le operazioni di sopra e sotto campionamento dei dati vengono fatte bene: in questo caso le fa un DSP programmato in house da uno degli ingegneri che il DSD lo hanno praticamente inventato. Inutile dire che, anche ascoltando il segnale originariamente proveniente da un vinile e sottoposto al su descritto trattamento digitale, a mio avviso era un gran bel sentire. E, va pure detto, tutta la presentazione e le spiegazioni offerte beneficiavano di un grande e coinvolgente entusiasmo nel comunicare i propri prodotti; mi ha davvero fatto ricordare che, in fondo, l'ascolto della musica si suppone debba essere un divertimento.
Un'altra particolarità emersa dagli ascolti con gli apparecchi PS Audio è stata la grande qualità degli ascolti dei normali CD letti a valle di tale processamento di dati, che hanno beneficiato moltissimo di questo saliscendi informatico, mentre un incremento minore si avvertiva ascoltando materiale che nasceva già a risoluzione superiore. Singolarmente, questo risultato mi è parso totalmente coerente con la risposta del pubblico agli ascolti condotti da Marco Benedetti di cui riferivo prima: anche in tal caso il pubblico ha mostrato di gradire sempre la versione SACD, anche quando il master di partenza era quello, un po' datato, da cui si era ottenuto il semplice CD, quando addirittura non il vinile; ed anche in tal caso i benefici di una versione a risoluzione elevata erano minori se la registrazione originale era già stata effettuata con un formato superiore al 44.1/16 PCM. In sostanza, quindi, l'idea di PS Audio mi è parsa sensata, soprattutto perchè l'investimento non banale richiesto per il loro nuovo DAC consente sia un ascolto di grande qualità del materiale nativo ad alta risoluzione, sia, soprattutto, un notevole miglioramento della fruizione dei CD che, immagino, costituiscano la gran parte della discoteca di tutti noi un po' più grandicelli :-)

Parlando in termini generali, mi è venuto da pensare che la presenza di tantissimi produttori di apparecchi di altissimo livello DEVE significare che da qualche parte c'è una domanda quantomeno significativa del medesimo livello. Certo, è sempre possibile che siano tutte aziende suicide, anche se non mi pare un'ipotesi verosimile :-) Inoltre, moltissimi produttori hanno puntato anche al mercato di base, sia con prodotti fatti apposta per attaccarsi agli i-qualcosa, sia con prodotti "piccoli", il che comporta un discreto interesse verso una fascia di possibili compratori che si mostra attraente, non foss'altro per il loro numero. Completamente assente - ma non è più una novità - la fascia media, ma con alcune lodevoli eccezioni ad opera dei soliti noti: NAD, PSB, Indiana Line, qualche costruttore orientale.

Infine, segnalo quella che mi è apparsa come una stranezza: qui gli Italiani hanno certamente fatto "squadra", specialmente organizzando esposizioni collettive e ravvicinate nelle grandi Hall a primo piano; ma anche qui ci sono state le individualità e quindi non mi pare siano riusciti a fare "sistema". Così, secondo me, si perde il made in Italy, qualità invece ancora molto apprezzata e di cui potrebbero beneficiare tutti i nostri; e si finisce per mostrarsi al pubblico con qualche incongruenza: mi vengono in mente le due - peraltro grandi - esposizioni dei nostri ottimi Manunta e Rampino, uno di fronte all'altro, in aree totalmente separate (proprio fisicamente: fra di loro correva una delle vie del percorso dei visitatori). Evidentemente, ad una coalizione che nasce grazie alla buona volontà ed all'interesse di qualche singolo imprenditore non si può chiedere di più; anzi, sicuramente si deve apprezzare lo sforzo fatto ed i risultati comunque ottenuti. Forse proprio lasciare l'organizzazione delle singole esibizioni ad un'associazione di categoria potrebbe permettere quel salto di qualità da "squadra" a "sistema", magari anche mediando con le inevitabili presenze individualistiche: forse potrebbe essere un'ulteriore occasione di rinascita per l'APAF, che potrebbe rivitalizzarsi occupando spazi chiaramente ora liberi...

Florilegio

Come detto, sono stato totalmente sopraffatto dalle dimensioni della mostra. Però nel mare magnum dei ricordi dei singoli esibitori, qualcuno mi ha colpito più degli altri. Chiarisco subito che NON mi accingo a propinarvi uno dei soliti elenchi di best in show, sia perchè non mi ritengo abbastanza qualificato per conferire un simile riconoscimento, sia, soprattutto, perchè a questo novellino la qualità delle esposizione è sembrata davvero uniformemente di gran livello.

PS Audio ha certamente portato poche cose, ma buone, anzi ottime. Ho già dato conto del loro nuovo DAC, chiamato DirectStream DAC che, costituendo il meglio della linea, si attesta su un prezzo importante, di circa 6.000 dollari americani (è bene ricordare che si tratta dell'indicazione approssimativa del prezzo USA al netto di tasse, dazi, ecc..). Però, riprendendo un'impressione generale di cui pure ho prima dato conto, questa azienda mi è parsa avere anche un approccio molto da " piedi per terra" e, infatti, oltre a prodotti fra i 1.000 ed i 2.000 dollari americani netti, sta per rendere disponibile un amplificatore integrato da 50 w/ch con ampli separato per cuffie, ingresso linea e phono (con RIAA passiva), ingresso digitale ottico e USB asincrono; in più connettività blutooth (apt-x) e dimensioni ridotte, da scrivania: tutto ciò che può servire e nulla di più di ciò che può servire... Tutta questa roba sta in uno scatolotto che si chiama SPROUT, costerà circa 800 dollari americani netti e arriverà nei negozi (USA) a partire da settembre/ottobre. Mi ricordo di questo nanerottolo non solo per l'ottima impressione che mi ha fatto, sia in termini di flessibilità che, proprio, di qualità percepita, ma anche per l'entusiasmo con cui mi è stato illustrato, proprio da Scott McGowan, il figlio del padrone (Paul, la P di PS...) e responsabile di questo progetto. Inoltre, mi è sembrata furba l'idea della sua presentazione: su un tavolino un esemplare in veste statica e uno con una cuffia attaccata; su un altro tavolino tre esemplari con cuffie (diverse) attaccate e con l'invito a connettersi (via blutooth) con i propri smartphone o i-device, così da fare subito percepire come potrebbe essere meglio ascoltata la musica che ci portiamo appresso e sentiamo tutti i giorni. Per tutti questi motivi, secondo me, si dovrebbe guardare allo Sprout ed alla sua demo come ad un esempio da seguire.

Sempre rimanendo in ambito DAC, devo segnalare Chord con il suo piccolo Hugo, uno scatolotto molto ben realizzato che racchiude un raffinato e personalizzabile ampli per cuffie, un'uscita linea, un DAC con ingressi digitali ottico e coassiale S/PDIF, nonché 2 USB, una limitata al formato 16/48 e l'altra pronta per i formati ad alta risoluzione; possibile anche la connessione blutooth (apt-x); la conversione, anche in questo caso, è proprietaria, tramite la programmazione di un FPGA; l'interfaccia è quantomeno originale, perchè non c'è un display, ma si basa sul codice dei colori che assume la rotellina di gomma trasparente per regolare il volume, nonché i vari led montati sulla piastra madre e visibili da un apposito opercolo. Era esposto funzionante in vari esemplari, tutti a pilotare delle cuffie, ma uno connesso ad uno smartphone, un altro ad un i-Pad, un altro ad un PC; e gli addetti alla sala mostravano anche la connessione blutooth con i loro personali smartphone. Non c'e' che dire: un altro apparecchio che già solo maneggiandolo si caratterizza per un'alta qualità percepita. Il tutto dovrebbe essere commercializzato alla somma di circa 1.850 Euro: certamente un prezzo non basso, ma anche molto lontano dalle quote che solitamente il settore High End, inclusa la stessa Chord, pratica.

Altro produttore che mi è sembrato molto interessante è il Francese Trinnov, che sviluppa prodotti per la correzione acustica digitale in ambito professionale, ma ha anche una linea domestica, per l'audio sia a 2 canali che multicanale. Si tratta di apparecchi complessi e potenti, ma ingegnerizzati in modo che l'utente domestico possa autonomamente utilizzarli beneficiando appieno di ogni loro caratteristica. Ho trovato interessante il loro DAC/room optimizer ST2-HiFi, sostanzialmente un buon DAC ed un PC inseriti in un unico chassis, con un'alimentazione ed uno stadio di uscita dotati delle usuali cure audiofile. Il tutto per l'amichevole importo di 5.000 Euro, tasse escluse, che possono lievitare a circa 8.000 Euro se si opta per il modello Amethyst, che aggiunge anche le funzioni di un raffinato preamplificatore, naturalmente tutto telecomandabile, collegabile in remoto, anche con protocollo DLNA, ecc. I cugini d'oltralpe ancora non avevano trovato un distributore per il suolo italico, ma mi hanno detto che avevano fissato appuntamenti con ben due soggetti interessati... vedremo. Certo, non dico che si tratta di oggetti necessari per costruire un impianto ben suonante, ma mi sono parsi comunque oggetti pensati con l'efficienza tipica del settore professionale da cui, sostanzialmente derivano: trovare un semplice modo, plug-and-play, per migliorare l'acustica del sistema impianto/ambiente; non a caso parlano di ottimizzazione, e non di correzione acustica. Il tutto con una realizzazione, a mio avviso, particolarmente ben eseguita, pensata; non mi è sembrata, insomma, una serie di macchine assemblate, ma pensate con criterio, studiate.

Naturalmente, non sono riuscito a sottrarmi al fascino degli oggetti costosissimi, ma spero di avere ben resistito alle loro lusinghe. Certo, mi è piaciuto moltissimo il suono che ho sentito nella sala di Kharma, dove suonavano le Elegance DB11-S (appena 45.000 Euro la coppia) pilotate dal pre Exquisite P1000 (a soli 40.000 Euro) con i due finali monofonici Exquisite MP1000 (sempre a 40.000 Euro, ma ciascuno...). Vabbé, in fondo siamo alla mostra mondiale della High End: dove altrimenti troveremmo esibite queste esagerazioni? Eppoi, in fondo, fa piacere sapere che ci sono, che c'è chi sa fare roba così, che funziona anche bene. Non si parla di farmaci salvavita, di pane o latte; se davvero c'è qualcuno intenzionato a spendere tanto, almeno si porta a casa apparecchi capaci di un gran bel suono. Un suono che, a me, è ben rimasto in mente, come il ricordo che lasciano certi piatti assaporati nei ristoranti dove lavorano i grandi chef, quelli davvero bravi...

Ma, come ho già detto, all'High End ci sono stati anche molti apparecchi di livello umano.
Fra questi vorrei segnalarvi un sistemino di diffusori davvero molto grazioso della canadese Totem: si tratta dei minidiffusori KIN Mini col loro subwoofer KIN Sub, sistema che dovrebbe essere commercializzato verso fine anno per un prezzo inferiore ai 1.500 Euro. Il titolare e progettista di Totem, Vince Bruzzese, è un simpaticone di origini calabresi che parla ancora un ottimo Italiano: mi ha spiegato che ha pensato questo sistemino anche mirando a quelli di noi che volessero irretire proseliti o che si trovassero a lottare con gli odierni spazi angusti metropolitani, e che avrebbero avuto qualche difficoltà a fronteggiare spese più rilevanti, ma che, magari, stanno seriamente considerando di dotarsi di una soundbar (diffusore lineare che spesso si piazza sotto lo schermo piatto della TV, molto popolare, specie oltreoceano); secondo lui, uno degli obiettivi di progetto era realizzare un minidiffusore che presentasse buone doti di spazialità anche senza essere posizionato coi sacri crismi, ma su mensola/scrivania e, magari, anche un po' disassato rispetto al compagno. Certamente c'è un discreto studio dietro e, anche in tal caso, la qualità percepita è molto lontana dalle solite cineserie che a volte marchi dalla gamma ampia come quella di Totem inseriscono al fondo dei propri listini. Si notano accorgimenti frutto dell'attenzione del progettista (anziché del software di simulazione...) come il taglio meccanico sulla via inferiore, la guida d'onda sul tweeter realizzata con la maschera di raccordo col baffle, ma anche come la regolazione continua della fase del sub fra 0 e 180 gradi. Certo, questo sistema era attaccato all'impianto minore della sala Totem, ma non per questo Bruzzese lo sminuiva, anzi ho avuto l'impressione che ne fosse particolarmente soddisfatto; la sua brochure pubblicitaria recita, autocelebrandosi non senza una sottile ironia:"Forse che il mondo non ha bisogno di un prodotto di estrema high end che sia allo stesso tempo economico ed incredibilmente buono?". Io non so se le prestazioni di questo sistemino siano incredibili; sicuramente sono più che buone ed è certamente un altro prodotto che mi ha provocato il desiderio di acquisto...

Poi, sempre per brevissimi flash, mi ricordo dell'ottima impressione che mi hanno fatto gli ascolti dell'impianto messo su da KEF per lanciare il suo nuovo diffusore Reference 5, che ho trovato anche esteticamente molto gradevole, proposto in finiture che, anche in questo caso, danno un senso di alta qualità percepita: dovrebbe essere commercializzato sui 7.000 Euro. E, sempre per rimanere in terra d'Albione, un buon ricordo mi ha lasciato anche l'ascolto del diffusore PMC Twenty.26, che mi ha fatto pensare a quelle recensioni serie, dove il prodotto viene definito musicale: sarà stata la selezione dei pezzi ascoltati, sarà stata la tranquillità della sala, sarà stata la sorgente analogica utilizzata, ma il piedino ha iniziato a battere il ritmo, e questo è sempre un buon segno. E, ancora, ottimi ricordi della sala dove i diffusori della Vienna Acoustics erano molto ben pilotati dalle elettroniche Yamaha, che sta mostrando un concreto ritorno all'audio di qualità a due o più canali, con prodotti realizzati con tutti i criteri audiofili quanto ad alimentazioni, chassis, componentistica, layout, ecc. Bei ricordi serbo anche della sala con dove suonavano i diffusori Nola (anche questi progettati da un italoamericano: Carl Marchisotto, che mi sembra anche di avere scorto fra i presenti) adeguatamente pilotati da amplificazione Plinius e sorgente BAT. Molto bello anche il suono che usciva da una coppia di Vivid (credo le Giya, ma scioccamente non ho appuntato nulla, tranne il numero di sala: F 225 all'Atrium 4.2). Ottimo suono in sala TAD, e questa era per me solo una piacevole conferma. Mentre confesso di avere sentito solo in questa occasione le elettroniche Constellation, che, unite a diffusori Wilson, restituivano un suono pulitissimo e potente. Ancora, serbo un buon ricordo della sala dove suonavano i teutonici diffusori della Lansche, come della sala condivisa fra le elettroniche componibili spagnole Mizik e i diffusori Wilson Benesch. W.B. presentava anche le sue sorgenti, nella specie, un nuovo giradischi...e non era l'unico della mostra, che vedeva scesi in campo Pro-Ject, JR Transrotor, Thorens, Acoustic solid, ecc., seguiti anche da marchi meno avvezzi a produrre sorgenti analogiche, come, ad esempio, Electrocompaniet che mostrava il suo nuovo giradischi a cinghia. Va, inoltre, ricordata l'esposizione di Devialet, che proponeva il suo sistema tuttinuno, un apparecchio (upgradabile a partire dalla versione base, da 5.000 Euro) in grado di leggere il segnale da una rete domestica, da internet, da una sorgente che gli si attacchi in modo tradizionale (anche per via analogica), lo amplifica e, volendo, lo corregge applicando per via digitale un filtro sviluppato dal costruttore stesso per compensare le non-linearità che tipizzano la risposta (elettrica, modulo ed argomento; non in frequenza...) di ogni diffusore; il sistema funziona così: si dice allo scatolone Devialet quale è il modello di diffusore che dovrà pilotare, e questo si collega automaticamente via internet al dbase Devialet, dal quale scarica il filtro che carica nella sua memoria, implementando una sorta di funzione di trasferimento inversa a quella del diffusore scelto. Per ora sono possibili scelte fra un numero limitato di modelli di diffusori, ma il dbase è destinato ad aumentare in base alle richieste che perverranno alla Devialet dai propri clienti. Ancora, vorrei segnalare due apparecchi. Uno è il nuovo Muso di Naim, che ha l'apparenza di una soundbar cicciotta, ma è un tuttinuno che può leggere sostanzialmente di tutto, connettersi praticamente a tutto, anche senza fili, ecc.; anche in questo caso, si tratta di un apparecchio realizzato con modalità costruttive che danno un alto senso di qualità percepita, e per soli 1.200 Euro. L'altro, sempre proveniente dallo stesso gruppo, è la nuova soundbar Dimension di Focal, che, in uno spazio comunque ridotto, riesce a migliorare notevolmente l'audio del TV piatto sotto al quale verosimilmente si collocherà, magari in aggiunta al suo subwoofer, anch'esso realizzato con una profondità ridotta per facilitarne la collocazione in sala riducendone l'impatto visivo: è un prodotto che il colosso francese propone come dedicato all'audiovideo, e così è, ma era mostrato in fiera attaccato ad un impianto che riproduceva vari blu-ray musicali di concerti, simulando un ambiente tutto sommato verosimile per dimensioni, e vi assicuro che, seduti sul divano, l'attenzione riusciva benissimo a concentrarsi sullo spettacolo musicale ed a goderne, nonostante l'inevitabile chiacchiericcio di fondo della grossa sala che entrambi i costruttori avevano preparato.

Qualche dubbio

Come tutte le cose umane, neppure questa mostra è stata perfetta (ma ci è andata molto vicino...). Anzi, per dirla meglio, sono io che mi sono sentito a volte inadeguato a quanto trovavo esposto. Questo mi è capitato specialmente in un paio di occasioni.
Iniziamo da quello che non sono proprio riuscito a comprendere, certamente soprattutto a causa della barriera linguistica e della mia incompetenza tecnica.
La Illusonic proponeva un elaboratore digitale del segnale audio in grado di ricreare un terzo canale centrale a partire da un normale segnale stereofonico, dal costo di Euro 12.000. A me è parso un prezzo impegnativo, considerando che tale effetto veniva già efficacemente prodotto da un software elaborato dalla nostra Audio Review (il loro deep stereo). Navigando il sito del costruttore ho poi visto che, se non ho capito male, in realtà la macchina è molto di più, perchè accetta in ingresso anche segnali analogici, linea e phono, è comunque un preamplificatore con DAC e le sue capacità di elaborazione del campo sonoro gli permettono sia di modificarne le informazioni spaziali, sia, soprattutto, di correggere l'acustica della sala d'ascolto: sotto questo profilo, allora, si avvicina ai prodotti Trinnov descritti prima e, quindi, ahimé anche ai loro prezzi, che, però, comunque quasi raddoppia.
Un altro apparecchio che non sono riuscito a comprendere è l'Aries della Auralic. L'apparecchio viene definito wireless streamin bridge e, a quanto ho capito, è un player di rete, con capacità anche di leggere lo streaming da internet (infatti, come partner aveva i Francesi di Qobuz, praticamente uno Spotify audiofilo, con qualità dei file minima di 44.1/16, che arriverà anche in Italia per fine anno) e le internet radio, e di leggere i file musicali da una memoria di massa esterna su presa USB; a suo corredo viene fornita una apposita App (la versione per Android è in preparazione). Ha solo uscite digitali. È disponibile sia in versione base (a circa 1.000 Euro) che in versione superiore, con alimentazione e clock migliori (a circa 1.500 Euro). Il costruttore è uno dei più apprezzati per le elettroniche sinora presentate, e in fiera mi erano parsi tutti molto interessati a questo prodotto, ma non capivo perchè. Mi hanno spiegato che la principale caratteristica innovativa dell'apparecchio consiste nel fatto che, trattandosi sostanzialmente di un computer, mi evita di dovere ricorrere ad un mio computer: musica liquida senza PC. Effettivamente, in sala era telecomandato da un iPad ed era fisicamente connesso solo alla presa di corrente ed al loro pluridecorato DAC, cui inviava i file che leggeva (credo, in modalità wireless) dal loro NAS. Ma, nonostante l'encomiabile pazienza degli addetti in sala, diretti interessati nello sviluppo del prodotto, che si sono trattenuti a lungo con me, la mia inadeguata preparazione non mi ha permesso di capire perchè avrei dovuto essere così contento dell'arrivo di questo apparecchio e perchè avrei dovuto preferirlo ad un normale network player, come quelli che i colossi giapponesi (Pioneer, Sony, Yamaha...) proponevano, anche per file ad alta risoluzione. Poco male: a Monaco ne erano comunque tutti entusiasti :-)
Infine, due parole per la megaesposizione del carrarmato Fine Sounds, che abbraccia, come noto, Sonus Faber, McIntosh, Wadia e Audio Research. Inutile dire che si trattava di un grosso dispiego di risorse da parte del distributore tedesco (Audio Reference), che aveva in carico anche altri nomi importanti: una esibizione su amplissimi spazi, molto curata nell'allestimento, che, a mio avviso, rendeva davvero giustizia anche del quid pluris estetico che da sempre contraddistingue innanzitutto Sonus Faber, ma che si è esteso anche a Wadia (detto per inciso, l'Aries su menzionato tenta goffamente di riprendere le splendide forme del DAC Intuition), che ha ingentilito il nuovo massiccio DAC 321. Io sono riuscito ad ascoltare solo il loro colossale allestimento audiovideo multicanale (un piccolo anfiteatro...), ma l'ascolto mi ha lasciato perplesso, perchè suonavano, sì, forte, ma senza quella ferma delicatezza che mi sarei aspettato; certo, era una prova di forza, perchè erano attaccate ad una batteria di finali McIntosh da far paura! Magari gli altri setup più dedicati all'audio stereofonico suonavano meglio, e mi rammarico di non essere riuscito ad ascoltarli. Devo, comunque, rimarcare ancora come ognuna delle varie installazioni era un gran bel vedere; qui di WAF neppure si può parlare, perchè non si configura alcun problema di accettazione: ad esempio, c'era esposta solo staticamente una finitura delle Aida (mi pare) in tinta crema, a mio avviso davvero deliziosa. E tutti gli allestimenti gridavano, inequivocabilmente, al lusso coniugato al gusto: il messaggio del Made in Italy, qui, è arrivato forte e chiaro, almeno secondo me. Al confronto le stupende casse amplificate digitali di Meridian, pure mostrate negli stessi ampi saloni, sembravano tirate fuori da una scatola del Playmobil: non so quanto l'idea di mettere tutto assieme non sia frutto di un perfido studio :-)

Mi sembra di avere già scritto troppo. Ci sarebbero senz'altro da menzionare moltissimi altri oggetti che, sicuramente, troverete nei veri e completi coverage della mostra che vi ho indicato all'inizio di queste chiacchiere. Spero di avere trasmesso le sensazioni della mia visita, che mi auguro di ripetere, perchè mi è piaciuta moltissimo. Magari, la prossima volta proverò anche a fare qualche foto :-)

© 2014 Carlo Iaccarino - www.tnt-audio.com

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