Il Piano nella Foresta: la buona musica cresce sugli alberi?

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Autore: David Hoehl - TNT USA
Pubblicato: Gennaio, 2021
Traduttore: Roberto Felletti

Non avrei mai pensato di vedere in tv un pianime.

(Chiedo scusa a Joyce Kilmer) - (Joyce Kilmer, 1886-1918, poeta e scrittore americano, autore della poesia “Trees” - NdT)

[Il Piano nella Foresta]Tempo fa ho scritto un articolo su un'incursione giapponese nell'intrattenimento musicale popolare e qui ci risiamo: questa volta ho scoperto una serie televisiva animata che descrive, tra l'altro, i tentativi e le tribolazioni dei partecipanti all'International Chopin Piano Competition di Varsavia, Polonia. Se siete abbonati a Netflix, potreste dare uno sguardo a questo anime giapponese “Netflix Originals”, Il Piano nella Foresta (in giapponese, Piano no Mori). Come molte produzioni dello stesso genere, ha, uh, caratteristiche peculiari, ma nel corso del suo svolgimento presenta piacevoli estratti di Chopin oltre a un po' di Mozart, Liszt, Rachmaninoff e Dvorak, con l'aggiunta di, forse, uno o due altri all'inizio; coloro i quali sono allergici a queste cose dovrebbero sapere che i personaggi sono disegnati senza quegli occhi grandi come piattini e non hanno quelle voci acute che di solito si vedono e si sentono negli anime. Ho guardato la serie due volte: prima col doppiaggio inglese e poi nella versione originale giapponese sottotitolata; la seconda è quella che preferisco, ma in entrambi i casi è soddisfacente. In Italia le lingue disponibili sono, oltre naturalmente l'italiano: tedesco, inglese, francese, giapponese e audiodescrizione in giapponese; i sottotitoli sono disponibili in italiano, giapponese, tedesco, francese e inglese. Nella versione cinematografica il pianoforte è suonato da Vladimir Ashkenazy; non so se abbia partecipato all'adattamento per la serie tv, ma chiunque sia il/la pianista, è ovviamente bravo/a.

In breve, la storia è incentrata su Kai Ichinose, che conosciamo nel primo episodio, seduto al pianoforte mentre suona alla gara. Subito, dei flashback che durano per alcuni episodi ci mostrano le sue radici di scugnizzo povero e senza amici, ma dotato di autocontrollo, che si trova sul lato sbagliato della strada e il cui conforto e sfogo principale, in una vita altrimenti opprimente, è un pianoforte abbandonato che lui scopre nella foresta accanto a casa sua. Entra in scena un elemento magico quando apprendiamo che Kai, sebbene del tutto impreparato e incapace persino di leggere la musica, è in grado di tirare fuori da quello strumento in rovina, muto sotto le mani di chiunque altro, bellissimi suoni armoniosi. Nel primo episodio, inoltre, facciamo la conoscenza del nuovo compagno di scuola di Kai, Shuhei Amamiya, figlio di un pianista professionista, che aspira alla medesima carriera e che diventerà per metà amico e per metà il rivale geloso di Kai. Diversamente da Kai, che è tutto spirito libero e abilità naturale, Shuhei è l'incarnazione vera e propria dell'impegno disciplinato e dell'abilità imparata scrupolosamente. Per Kai la “svolta” si presenta quando Sosuke Ajino, un insegnante della sua scuola ed ex pianista da concerto, la cui brillante ascesa è stata fermata da un incidente, prende Kai sotto la sua tutela aiutandolo ad andare oltre il magico pianoforte nella foresta e a renderlo consapevole delle sue potenzialità; questo, inevitabilmente, porta Kai e Shuhei a Varsavia per competere l'uno contro l'altro e contro vari altri personaggi secondari, più o meno empatici.

Liberiamoci subito delle lamentele obbligatorie. Il programma dà l'impressione che i suoi creatori abbiano più entusiasmo che competenza nella musica classica, o forse, semplicemente, miravano a un denominatore comune di pubblico di più basso livello: tutti, costantemente, si riferiscono a ogni composizione suonata usando il termine “canzone” (ugh!); in realtà, quando uno si esibisce sul palco non si dilunga in monologhi interiori, in un certo senso causa di imbarazzo, su come un rivale affronterà la prova oppure se con lui o lei si resterà amici o ancora su come “ho trovato il mio suono”. Una cosa simile, seriamente, minimizza le difficoltà che imparare a suonare uno strumento a tasti comporta. [1]

Con la serie ho avuto anche un problema di “lunghezza e brevità”: confesso che con 24 episodi la serie va avanti un po' più a lungo di quanto la materia possa confortevolmente reggere, e mi piacerebbe se gli estratti di Chopin fossero un po' meno troncati. Mi dispiace anche dire che la qualità dell'animazione e della grafica, notevole all'inizio, cala di brutto a circa due terzi della narrazione. Verso la fine ci sono davvero troppe sequenze riciclate, a ripetizione, di fotogrammi del pubblico con puntini bianchi sfocati, in sovrimpressione, che vagano di qua e di là, presumibilmente per trasmettere l'idea che la magia del pianoforte stia accadendo. Date la bellezza della serie e l'impressionante animazione in CGI delle mani dei pianisti all'inizio, la realizzazione avrebbe potuto, e avrebbe dovuto, essere migliore.

Detto ciò, la breve durata di ciascun episodio, soltanto 25 minuti compresi i titoli di coda, allevia qualsiasi lunghezza eccessiva della serie nel suo insieme e il ritmo di ciascun episodio è buono; la maggior parte di essi termina con un cliffhanger che genera un senso di attesa e desiderio, invogliando a guardare l'episodio successivo. Complimenti ai creatori, anche, per avere incluso dei sopratitoli che identificano ogni composizione suonata, con tanto di numeri d'opera e armature di chiave, e per avere raffigurato accuratamente i marchi di pianoforti che si potrebbero trovare in una importante competizione internazionale: Steinway, Yamaha e Shigeru Kawai. Inoltre, quando è stata l'ultima volta che avete visto una serie televisiva incentrata su una importante competizione di musica classica? E intendo proprio competizione, con le difficoltà e gli sforzi dei partecipanti, non una sdolcinata storia d'amore con la competizione come scenografia. La trama affronta anche le sottocorrenti politiche che, in tali manifestazioni, fin troppo spesso influenzano il giudizio. Come storia, Il Piano nella Foresta resta interessante fino alla fine, con abbastanza carne al fuoco da soddisfare lo spettatore adulto (o, almeno, questo adulto) e i giovani personaggi protagonisti sono, nel contesto leggermente imbevuto di magia, credibili, approfonditi tra il ragionevole e l'ottimo, e nel complesso interessanti, non come quei corrotti, falsi e subdoli piccoli mocciosi televisivi che tutti noi conosciamo e detestiamo.

Penso che questa serie sia un ottimo modo per avvicinare i ragazzi, altrimenti inconsapevoli -- oppure i loro genitori non iniziati -- al pianoforte classico in generale e a Chopin in particolare. Notate che, sebbene manchi pressoché del tutto di un “fan service” osé, la serie potrebbe non essere del tutto adatta ai più piccoli (in Italia è contrassegnata con T, per tutti - NdT): le storie del passato dei personaggi contengono qualche elemento “oscuro”, come ad esempio lo squallido circondario in cui Kai è cresciuto, gli abusi subiti nell'infanzia da un altro partecipante e una gratuita ma, per fortuna, breve sotto-trama su alcuni tipi mafiosi che perseguitano il violento genitore surrogato per motivi che non sono riuscito a capire completamente. Ma la storia ha anche qualche momento comico risollevante e, nonostante i suoi elementi magici, un interessante tema “dalle stalle alle stelle, l'impegno ripaga”; il pianoforte classico viene messo davanti e al centro delle vite dei giovani, senza nemmeno un accenno al “boosterismo” esclusivo della musica pop imperante oggigiorno nella programmazione accessibile ai ragazzi. Inoltre, riflettendoci meglio direi che gli aspetti difficili non sono poi così dissimili dal genere di roba che va per la maggiore nei prodotti di massa Disney. E comunque, in questa era di Internet i ragazzi sono inevitabilmente esposti a cose ben peggiori. Quindi, riassumendo: Il Piano nella Foresta merita una visione se vi piacciono i film d'animazione e provate amore o interesse per il mondo del pianoforte classico.

Nota dell'Autore

[1] - Considerate che sebbene l'abilità di Kai Ichinose di saper suonare anche musica complessa avendola sentita una volta sola, senza avere mai visto nemmeno uno spartito, possa sembrare poco plausibile, non è storicamente senza precedenti: sembra che la celebre pianista romena Clara Haskil avesse la medesima abilità, forse a un livello persino maggiore. Secondo un articolo di Peter Feuchtwanger, “A tre anni lei riusciva a imparare qualsiasi melodia una sua sorella maggiore suonasse al pianoforte. Non aveva ancora compiuto cinque anni quando un professore dell'Accademia di Bucarest si presentò a casa dei suoi genitori e suonò una sonata di Mozart. Quando ebbe finito, lei ripeté la sonata alla perfezione, trasponendola in un'altra chiave, il tutto senza avere mai studiato musica.”

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