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Triangle Titus 202 - diffusori bookshelf

Accurate triangolazioni

[English version]

Prodotto: Triangle Titus 202 - diffusori bookshelf
Costruttore: Triangle - Francia
Prezzo approx.: 500 Euro (coppia)
Distribuite in Italia da B & B Audio
Recensore: Lucio Cadeddu
Recensito: Marzo 2002

[Triangle Titus 202]

Il marchio francese Triangle è ben noto agli audiofili per aver sempre proposto un approccio al problema "diffusore acustico" del tutto originale e per certi versi controcorrente.
Triangle ha infatti sempre utilizzato midwoofer piuttosto insoliti facendoli lavorare su una gamma di frequenze molto estesa e completando poi coi tweeters, anche questi di produzione propria.
Altro caposaldo dei diffusori Triangle è sempre stata l'alta sensibilità dei suoi diffusori, qualità che, unita alla facilità di pilotaggio, li ha sempre fatti apprezzare dai possessori di amplificazioni valvolari di bassa potenza.

Il Titus 202 è l'ultima incarnazione del modello più piccolo della serie Espace di casa Triangle, modello che negli anni si è evoluto - principalmente grazie all'adozione di tweeters differenti - e si è conquistato lusinghiere recensioni nella stampa specializzata mondiale (ricordo una posizione in "Classe B" nella classifica di Stereophile).
Il Titus si propone come minidiffusore per audiofili con problemi di spazio ma con velleità "audiophile", ad un prezzo piuttosto distante da quello dei diffusori di larga diffusione delle stesse dimensioni (che normalmente costano la metà) ma parimenti ben lontano dai costi spropositati di certi mini extra-lusso.
500 Euro è la cifra richiesta per entrare in punta di piedi nel mondo del suono Triangle, una cifra con la quale oggi si può acquistare un economico diffusore da pavimento.
La curiosità era quindi duplice: intanto desideravo capire quanto del suono Triangle fosse riuscito a "passare" in questi piccoli Titus e se la cifra richiesta fosse sensata in questo segmento di mercato.

Caratteristiche tecniche, costruzione e finitura

[Triangle Titus 202 - vista interna]
Triangle Titus 202 messe a nudo. Cablaggio interno con cavo Triangle di buona sezione

Il Triangle Titus 202 è un bookshelf di dimensioni contenute, due vie in bass reflex con sbocco anteriore, predisposizione per il biwiring e finitura di ottimo livello (disponibile anche con frontale in tinta legno, come il resto del cabinet).
Gli altoparlanti utilizzati sono di produzione Triangle: il nuovo tweeter TZ 202 a cupola è dotato di un rifasore anteriore ad ogiva dorata mentre il woofer T13 PP70C da 13 cm di diametro ha la sospensione del tipo "pieghettato" ed entrambi utilizzano complessi magnetici di buone dimensioni (non schermati).
Il cablaggio interno, come si vede dalla foto, è realizzato tramite cavo multistrand marchiato Triangle dalla sezione di circa 2.5 mmq ed è fissato agli altoparlanti tramite connettori faston.
Il crossover - minimale (bobina e condensatore) è alloggiato sul pannello posteriore a ridosso dei morsetti d'uscita. Il woofer è filtrato a 6 kHz, quindi molto in alto rispetto a quanto si è soliti vedere.
In pratica tale unità riproduce sia la gamma bassa che la gamma media, prima di lasciare il compito al tweeter. Il crossover incorpora anche un sistema di protezione elettronica sugli altoparlanti che da quel che ho potuto vedere sembra realizzato tramite dei PTC a ripristino automatico.
I connettori d'uscita sono doppi, per il biwiring, e rispettano la normativa CE che proibisce gli attacchi a banana. Il cabinet è molto rigido e sordo ed internamente rivestito con materiale assorbente su tutte le pareti. I drivers sono fissati al cabinet tramite 4 viti a brugola.

Queste le caratteristiche dichiarate delle Triangle Titus 202:

Il diffusore Triangle Titus 202 è stato posizionato su un supporto di 60 cm di altezza, in modo tale da avere il tweeter ad altezza d'orecchio (nella mia sala d'ascolto). La casa raccomanda l'utilizzo del proprio supporto denominato "Boomerang" che non ho potuto utilizzare. Al suo posto ho provato differenti tipi di supporto, al fine di essere sicuro di aver messo le Titus 202 nelle migliori condizioni operative.
Le Triangle Titus 202 sono state provate con diversi amplificatori, anche di ridottissima potenza (10 watt) per poter verificare la loro interfacciabilità anche con questo tipo di apparecchi.

Accurate triangolazioni

[Triangle Titus 202 - vista posteriore]

I diffusori francesi - e Triangle è certamente tra i primi marchi che vengono in mente pensando ai cugini transalpini - hanno sofferto per una fama spesso immeritata: quella di avere una gamma medio-alta ed alta in netta evidenza sul resto. Provate a chiedere a qualche audiofilo non di primo pelo e vi dirà: "Diffusori francesi? Esaltati sulle alte!".
Ebbene, in passato questo poteva essere per certi versi vero ma le generalizzazioni fanno sempre sorridere e nascondono grandi dosi di ignoranza. Ad esempio, per citare una serie di diffusori che, tra gli altri, tutto erano tranne che esaltati in gamma alta, mi vengono in mente i favolosi Equation che credo non siano mai stati stati importati in Italia ma che ho avuto la fortuna di conoscere durante un lungo periodo (circa un anno) che ho trascorso in Francia.
Quindi, bando ai luoghi comuni e vediamo come suona questa nuova incarnazione delle Titus.

Comincio col dire che la tanto temuta esaltazione in gamma alta non c'è davvero e la Titus sfodera anzi un equilibrio encomiabile, con una coerenza - a partire dalla gamma bassa fino alla media - da vero primato, merito dell'altoparlante T13 che lavora per così dire "a gamma intera" fino ai 6 kHz, coprendo gran parte degli strumenti e delle voci.
Il temuto "scalino" all'incrocio col tweeter non c'è sebbene più di una volta ho avuto la sensazione di poter distinguere il suono del tweeter (un po' metallico) da quello del cono del woofer.
Una sensazione che, peraltro, non è stata confermata con tutti i dischi che ho usato durante le prove.
In generale, la timbrica tende al chiaro ma - attenzione! - non è un "chiaro" voluto, quanto imposto dai limiti fisici dell'altoparlante per le basse frequenze, chiamato a svolgere un compito veramente difficile (da 60 a 6000 Hz!) e dal quale non si può, pertanto, pretendere la Luna in termini di potenza della gamma bassa.
Tuttavia, quel che gli riesce (e fin dove arriva) lo fa con una onestà esemplare: nessun ruffiano rigonfiomento, massima pulizia e, soprattutto, velocità d'esecuzione (approfondirò questi aspetti nel paragrafo dedicato alla dinamica).
Il basso, quindi, c'è ed è di ottima qualità. Provate però ad infilare nel CD player il disco di Rosie Vela ("Zazu" - DDD - A&M Records - CD 5016) magistralmente prodotto da Gary Katz e supervisionato dai grandi Becker & Fagen (Steely Dan) per sentire di cosa è capace questo piccolo woofer in termini di punch e di articolazione in gamma bassa.
L'incisione superlativa (perfino troppo "perfettina" secondo i consueti canoni Becker & Fagen) esce da queste Titus con una precisione ed una naturalezza (specie sulle percussioni) che, credetemi, farete fatica a credere di stare davanti ad un diffusore da 500 Euro la coppia.
Le note di basso elettrico, doppiate dalla cassa della batteria, vibrano all'unisono nella sala d'ascolto, pur conservando la necessaria distinzione tra attacco dell'una dell'altra.
La bella voce di Rosie conserva tutte le particolari inflessioni interpretative nonostante il wooferino sia contemporaneamente impegnato a seguire le complesse architetture ritmiche di basso e batteria.
I preziosismi tecnici vengono poi riproposti con accurata precisione, senza sconfinare nel "chirurgico" e fastidioso eccesso di particolari fini a se stessi.

Non crediate che non abbia provato a mettere in crisi il woofer delle Titus....ho una teoria di dischi che quanto a "ginnastica" dei woofers sono meglio di una videocassetta di aerobica. Tra i tanti che le Titus hanno dovuto digerire, ho usato anche il "subsonico" "Comu 'na petra" dei nostrani Sud Sound System (CNI - GDL 853), piccolo capolavoro del ragamuffin all'italiana e perla semi-sconosciuta per qualità dell'incisione, in particolare per quanto riguarda estensione e potenza delle basse frquenze, come si conviene ad ogni buon disco del genere (chi si ricorda l'anthem "Bass!!! How low can you go?").
Ebbene, nonostante la ginnastica, le Titus hanno mostrato di avere fiato e muscoli per cavarsela alla grande, anzi, mi hanno piacevolmente sorpreso per la capacità di "digestione". Del disco citato.
Provate a sentire "Soul train", la dolcissima "Beddhra" o "Azzate San Giuvanni" e capirete che queste Titus non si lasciano impressionare tanto facilmente. Non scendono tantissimo ma fin dove arrivano....invitano all'applauso.
Per capirci ancora meglio, non aspettatevi il pedale dell'organo che scuote il pavimento ma basso elettrico e batteria sono riprodotti in maniera assolutamente soddisfacente.

Passando alla gamma media e medio-alta, come già detto, la coerenza è da manuale, così pure la pulizia e la precisione. Appena asciutte e prive di concessioni all'eufonia ed alla mielosità, sfoderano un comportamento, specie in campo vicino, quasi da "monitor", consentendovi di "entrare" dentro l'incisione, scoprirne i particolari, i pregi ed anche gli inevitabili difetti.
Magari vi è già capitato, con diffusori un po' troppo "dolci", caldi e rotondi, di far fatica a distinguere tutte le parole del cantato e peggio ancora il controcanto o le voci sovraincise.
Beh, tranquilli, con le Titus 202 (ed un impianto accettabilmente rivelatore alle spalle) potete star certi di non perdervi praticamente nulla. Tra i vari dischi dove questo fenomeno può essere evidenziato, ricordo "Rosemary plexyglas" degli italiani Scisma (EMI - 7243-8-21097-2-3), un bellissimo disco di electro-pop con influenze dub dove le sovraincisioni, di strumenti e voci, talvolta pure artefatte elettronicamente, abbondano.
Per un diffusore che tende a riproporre un gran minestrone confuso e "riscaldato" trattasi di compito estremamente arduo: si rischia di fare un gran pasticcio sonoro e non capirci nulla. Ecco che allora si adduce la scusa di una incisione di cattiva qualità, impastata e confusa.
Come esempio chiarificatore, considererei il brano "84" che da 3:20 in poi si "ricostruisce" strumento per strumento (prima solo una chitarra + batteria) e voce per voce in un crescendo di sovraincisioni sempre più intricate. Le Triangle Titus 202 se la cavano egregiamente e riescono, fino alla fine, a darvi un'idea di tutto ciò che interviene a completare il "rumoroso" affresco finale.
Mi sto riferendo alla parte dove la cantante Sara Mazo intona la strofa "rapidamente, fisicamente, gravito più lontano di me....chimicamente elicoidale, supero piatagioni di the": solo a volumi molto elevati si sente un accenno di impastamento e di confusione!

Passando a Musica "acustica", c'è da dire che questi diffusori sono in grado di rispettare perfettamente i "materiali" dei quali sono fatti gli strumenti. Così, i violini sanno di corda metallica e legno, i fiati di ottone e così via. Insomma, i colori dell'orchestra sono perfettamente rispettati e pure "graffianti" quando serve.
Come già detto, nessuna mielosità eccessiva anzi, in qualche caso, specie con incisioni non proprio fortunatissime, fa nuovamente capolino quella asciuttezza (eccessivo rigore?) riscontrata talvolta anche con altri generi musicali. Niente di particolarmene spiacevole, specie perchè accompagnata da una pulizia e da una precisione estremamente naturali e mai fini a se stesse.
Così, sia che ascoltiate i festosi Pini di Roma di Respighi o la coloratissima Sinfonia Fantastica di Berlioz, questi piccoli grandi diffusori francesi saranno in grado di darvi quella sensazione di "presenza" che è sì fatta di particolari ma anche di quel senso di respiro naturale che si percepisce quando si ascolta la Musica dal vivo.
Tra l'altro, questo senso di realismo e di accurata riproduzione dell'evento sono presenti, in scala, anche a basso volume, evidentemente questi altoparlanti necessitano davvero di pochissimi watt per "entrare in coppia".
Nessun pericolo di perdere "particolari" e dettagli nell'ascolto a basso volume o durante i pianissimo dell'orchestra! Questo si traduce in una maggiore godibilità a lungo termine nel senso che non si è costretti ad alzare troppo il volume durante i momenti di "calma" per poi abbassarlo durante i fortissimo. Qui si riesce a godere di tutta l'escursione dinamica anche tenendo volumi massimi assolutamente tollerabili e graditi dai vicini di casa.

In definitiva, queste Titus 202 sono timbricamente convincenti, equilibrate e soprattutto coerenti, in particolar modo nella gamma di frequenze coperta dal woofer (ripeto, fino a 6 kHz). Precise, dettagliate, un po' chiare e mai melense.

Micro e macro dinamica

La sensibilità elevata per un bookshelf di queste dimensioni e la capacità del woofer di salire così tanto in frequenza stanno a significare che le membrane utilizzate sono molto leggere e mosse da potenti gruppi magnetici. Per questa ragione il suono riprodotto fa della dinamica (sia micro che macro) e soprattutto della velocità i suoi aspetti più caratterizzanti.
La velocità qui è da intedersi come capacità di rispondere rapidamente alle sollecitazioni imposte dall'amplificatore (tempo di salita rapidissimo) e di "frenare" in modo efficace quando tale sollecitazione cessa (smorzamento).
La batteria riprodotta dalle Titus è infatti fulminea e smorzatissima, dotata di attacchi - specie di cassa e rullante - davvero notevolissimi e di rilasci altrettanto convincenti. Questo non significa che le Titus "taglino via" quel che dovrebbe esserci come coda naturale della vibrazione sonora. Assolutamente no.
Il fatto è che le dimensioni del woofer ed il peso della membrana evidentemente consentono di seguire le evoluzioni dinamiche con grande facilità.

La dinamica, come già accennato nella disamina dell'equilibrio timbrico, è avvantaggiata dal fatto che i drivers suonano abbastanza "chiari" e precisi anche a bassissimo volume. Questo, di fatto, consente un'escursione notevole che fa fronte alla fisica limitazione dovuta all'utilizzo di un piccolo altoparlante in un volume di carico ridotto.
Possono suonar forte (e lo fanno anche con pochi watt) e pure scatenarsi quando il genere musicale lo dovesse richiedere. Non disdegnano neppure i generi più "duri" dove suppliscono alla ovvia mancanza di impatto fisico con uno "swing" di notevole caratura, tale da coinvolgere comunque l'ascoltatore facendogli battere il tempo col piede in una maniera del tutto automatica.
Per capirci ancora meglio: possono suonare l'heavy metal? Ebbene, se vi doveste accontentare della mancanza di impatto fisico violento, impossibile da ottenere date le dimensioni, queste Titus credo che non vi deluderanno. Ritmo, velocità di esecuzione e "groove" sono ingredienti indispensabili per godere di una performance coinvolgente quando dovesse mancare la fisicità della riproduzione.
Per capirci ancora meglio, certo NON SONO come le Klipsch RF-3 dove oltre al piede a battere erano pure i soprammobili di casa :-)

Con uno strumento molto esigente come il pianoforte le Titus vanno a nozze. Pur mancando il pathos più drammatico della parte estrema della mano sinistra, il tempo di salita consente la riproduzione di un martelletto assolutamente convincente e realistico. La richezza armonica della vibrazione della corda è poi preservata insieme con quella leggera connotazione appena metallica che il tocco di certi pianisti riesce a conferire in modo spiccato.
Un esempio su tutti (il primo che mi viene in mente) è Bruce Hornsby nel disco "The way it is" (etichetta BMG - 74321-44421-2), eccellente songwriter e piano-man (con l'ispirazione di Billy Joel ma senza altrettanta fortuna).
Grazie alle Titus il suo pianoforte, vera ossatura delle canzoni, esce lucido, giustamente metallico e preciso. Il decadimento delle note rimane avvertibile anche quando suona in mezzo a basso, batteria, synth e chitarra, segno che quella capacità di "discernimento" delle Titus funziona anche in presenza di incisioni non esattamente "audiophile".

Per quanto riguarda la vitalità, avete per caso un ampli a valvole da una decina di watt che vi è sempre sembrato morto e privo di vita? Ebbene, rassegnatevi, non risorgerà :-)
Però, queste Titus sono in grado di risvegliare sopiti ardori anche nel più addormentato degli amplificatori, mettendolo a proprio agio con un carico assolutamente tranquillo e con una sensibilità (reale) piuttosto elevata.

Immagine e soundstage

La precisione di certo aiuta le Titus a ricreare un palcoscenico perfettamente a fuoco ma, se fosse solo questo, ci sarebbe poco di che meravigliarsi, essendo un risultato del tutto atteso stante il comportamento generale del diffusore.
Il fatto è che queste Titus fanno anche parecchio di più, in termini di profondità della scena, notevolissima e nella capacità di "sparire" all'ascolto, a patto di aver perso un paio di pomeriggi a trovare l'angolazione esatta rispetto al punto d'ascolto.
Io le ho tenute un po' chiuse verso l'interno, per limitare qualche fenomeno di direttività eccessiva del tweeter, ma ogni stanza ed ogni orecchio fanno caso a sè, quindi provate, provate, provate. È gratis ed imparerete molto di più che nel leggere consigli preconfezionati e ricette magiche che funzionano sempre (e che invece non funzionano quasi mai :-)) dispensate a piene mani su tutte le riviste e sui siti di chi crede di aver scoperto la "verità".
I nostri consigli vanno invece presi come indicazioni di massima, veri e propri punti di partenza per le vostre esperimentazioni personali.
L'immagine delle Titus, dicevo, è ampia, insospettabilmente estesa sia in profondità che in altezza. Inoltre, alcuni suoni vengono riproposti "davanti" alle casse e non solo alle loro spalle.
È un'immagine chiara e luminosa, fatta di dettagli perfettamente a fuoco e stabili, mai fluttanti nella scena. È un minidiffusore, in sostanza, e quindi trae vantaggio dalle sue dimensioni ridotte, ovviamente. Non è però solo questo - altrimenti tutti i mini ne sarebbero capaci - c'è qualcosa nelle Titus che consente affreschi sonori estremamente plastici, potrete guardare "attraverso" lo spazio tra le casse e vederlo popolato delle diverse sezioni dell'orchestra, ognuna al suo posto preciso (incisione permettendo, ovvio) o dai componenti di un trio jazz o persino di un gruppo rock.
Non a caso, ad esempio nel disco "Avalon" dei Roxy Music (1982 - EGCD 50), è assolutamente immediato riconoscere tutti i "trucchi" dell'ingegnere del suono per ricreare un palcoscenico virtuale animato da vari esecutori in movimento (il solista, le due voci d'accompagnamento, il sax che va avanti ed indietro etc.). Credetemi, non è facile riuscire a cogliere tutti questi particolari con diffusori in questa fascia di prezzo.

Qualche consiglio

Il distributore mi ha raccomandato 100 ore di rodaggio ma a mio parere sono eccessive. Dopo una ventina di ore di rodaggio "serio" le casse davano già il 100% del suono delle quali sono capaci (specie in basso) e nelle ore successive non ho notato alcun miglioramento.
Può essere che il rodaggio al quale io sottopongo i diffusori sia più "severo" e veloce di quello di un comune audiofilo ma questo è quanto ho riscontrato.
Piccolo aneddoto: un amico mi lasciò per circa un mese una coppia di diffusori perchè dopo lungo utilizzo non era soddisfatto del suono: voleva un mio giudizio. Quando li ha riavuti indietro ha fatto fatica a riconoscerli tanto era cambiato il suono....in meglio!
Rimase stupito per una gamma bassa che prima, secondo lui, non c'era :-P
Se avete letto un po' di mie prove d'ascolto (questa compresa) già sapete che non sono tenero coi diffusori: generi musicali MOLTO impegnativi (sinfonica con organo e percussioni, organo e cori, musica elettronica...) ascoltati a livelli sonori MOLTO elevati :-)

In sostanza, per farla breve, le ore di rodaggio necessarie per queste Titus possono variare a seconda dei casi.
Una cosa è certa: il rodaggio SERVE sempre ed in questo caso specifico è di vitale importanza per capire come possono suonare queste casse. Appena tirate fuori dalla scatola suonano esili, leggere e aggressive in gamma medio-alta. Non commettete l'errore di valutarle in questa situazione...perchè DOPO cambiano radicalmente. È probabile che la particolare sospensione del woofer abbia bisogno di più "movimento" rispetto alla solita gomma o foam, non so, fatto sta che la differenza è EVIDENTISSIMA.

Secondo obbligo, i supporti. Non è strettamente necessario che siano Triangle...è sufficiente che i diffusori non stiano in libreria, in cima a scaffali, pareti attrezzate etc. Se questi sono i luoghi dove pensate di mettere le Titus, fatevi un favore: risparmiate i soldi ed acquistate un diffusore da 150 Euro, andrà bene comunque.
Tenete le Titus non troppo vicine alla parete posteriore (anche se il reflex anteriore è un po' meno critico) e leggermente angolate verso il punto d'ascolto. Il "quanto" sarete voi a deciderlo scegliendo il miglior compromesso tra equilibrio timbrico e immagine sonora...si tratta di provare, non c'è una ricetta miracolosa che funziona sempre.

Altro obbligo, i cavi. La Triangle consiglia i propri (che poi sono gli stessi del cablaggio interno) ma io non ho avuto modo di provarli. A prima vista sembrano dei comunissimi multistrand in rame OFC di buona sezione. Nessun consiglio preciso, basta non mortificarle con piattina rosso e nera da 0.75 mmq.
Se avete già due coppie di cavi, provate il biwiring.

Amplificazioni: scegliete un po' quel che preferite, anche pochi watt sono sufficienti, in ambienti non troppo grandi, a generare buone pressioni sonore. La sensibilità è alta (90 dB per un mini è TANTO!), il carico facilissimo...in sostanza queste Triangle vanno bene un po' con tutto. Possono dare sprint ad un ampli un po' moscio (ma sarebbe come mortificarle un po') o esaltarsi in presenza di buone amplificazioni potenti e veloci. La protezione elettronica dovrebbe prevenire danni in caso di sovrapilotaggio. Le Titus sono garantite per un periodo di 5 anni, fatti salvi i danni soliti causati da cattivo utilizzo del diffusore.

Ultima annotazione, non hanno i magneti schermati onde per cui l'uso in vicinanza di uno schermo televisivo potrebbe dar luogo a macchie di colore.

Lamentele

Costruzione e finitura.
Il livello di finitura è eccellente, non un altoparlante disallineato col frontale, non uno spigolo fuori squadra, niente di niente. Esteticamente, poi, si presentano molto bene, a parte la flangia del tweeter, che ho trovato un po' stonata. È tuttavia altamente probabile che la sua forma abbia una funzione ben precisa per minimizzare le diffrazioni.
Terribili invece i connettori per le casse. Forse i costruttori di casse si sono dimenticati che le dita degli esseri umani (si, anche quelle degli audiofili) non sono quelle di un bambino. I morsetti sono così vicini che ho fatto molta fatica a stringere a dovere le forcelle dei cavi. Visto che le banane sono "proibite", almeno distanziate i connettori!!!!!
Infine, dato che la Triangle, nel completo manuale d'uso, raccomanda - per ottenere i migliori risultati - di utilizzare i "suoi" cavi e considerato che il loro costo non deve essere stratosferico...perchè non includerne una coppia di 3+3 metri nella scatola?

Suono.
Come avrete capito dalle note d'ascolto, questo diffusore è particolare e, di certo, se state cercando una riproduzione dolce, soffusa ed arrotondata (magari gonfia) questi Titus 202 non fanno per voi.
Però attenzione a non fraintendere: le 202, grazie all'elevata qualità degli altoparlanti utilizzati, sono in grado di esprimere un livello di dettaglio e di precisione assolutamente naturali, che non stancano neppure dopo lunghi ascolti in campo vicino ad alto volume.
Il prezzo da pagare è una certa direttività del diffusore, specie in campo vicino, ma credetemi si tratta di piccole paranoie da audiofilo ipercritico.
Due parole, infine, sulla gamma bassa: le Titus sono piccole, con un woofer da 13 cm...immagino vi rendiate conto che non ci si possa aspettare un basso profondissimo e violento. Quel che c'è (fino a 60 Hz ed anche un po' più giù) è però di una qualità così convincente - per velocita mozzafiato, articolazione ed "onestà" - che è davvero molto difficile muovere delle critiche credibili.

Conclusioni

Le Triangle Titus 202 confermano, anche in questa nuova versione, la fama della quale hanno sempre goduto. Un piccolo diffusore, amichevole con qualunque tipo di amplificazione, e capace di un suono che ha nella raffinatezza, nel dettaglio e nella velocità le sue armi migliori.
Si tratta indubbiamente di un "piccolo" diffusore solo nel senso dimensionale, perchè il suono del quale è capace consentirà un livello d'ascolto di elevata qualità. C'è, ovviamente, qualche piccolo prezzo da pagare (come è ovvio) ma le Titus non aspettano altro che un audiofilo raffinato che ne possa apprezzare le sorprendenti doti.

© Copyright 2002 Lucio Cadeddu - https://www.tnt-audio.com

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