Visita della mostra High End 2022 a Monaco

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Visitatore: Carlo Iaccarino
La mostra si è svolta dal 19 al 22 maggio 2022 presso il M.O.C., centro fieristico di Monaco di Baviera, in Germania
Scritto: Maggio, 2022
Sito web ricco di informazioni: High End Society

Prefazione

Ci siamo.
Nella lunga via per una nuova normalità si incontra anche la ripresa delle mostre HiFi, quindi non mi sono lasciato sfuggire la possibilità di tornare a Monaco per lo High End Show.
Al solito, vi rimando pigramente alle premesse ai miei resoconti del 2014, 2016, 2017, 2018 e 2019.

Inutile dire che il clima, quest'anno, è diverso: sarebbe strano aspettarsi il contrario, visti i cupi eventi che non ci lasciano requie. Ma è anche inutile nascondervi che provo anche una certa curiosità di vedere come quest'industria stia reagendo. I più informati sanno che si sono da poco concluse le due principali mostre nordamericane: AXPONA e Montréal Audiofest. Entrambi gli eventi hanno goduto di ampia (nel nostro piccolo mondo, naturalmente) copertura mediatica e hanno prodotto diverse riflessioni su come siano cambiate domanda ed offerta di questo mercato.
Non che ciò possa sminuire la ripresa della mostra di Monaco; ma certamente me l'aspetto diversa dagli anni passati.
Ad esempio, nell'elenco degli espositori non compaiono i marchi del gruppo Fine Sounds: per intenderci oltre a continuare a mancare MacIntosh, MANCA ANCHE SONUS FABER (e Wadia), mentre compare Audio Research, che di recente è tornata nelle mani dei vecchi impiegati. E manca anche Devialet. Tutti marchi, invece, visti a Chicago e a Montréal. Ma mancavano anche altri nomi. Ad esempio, mi è dispiaciuto non ci fosse un'esibizione di KEF (quantunque ho visto circolare per i corridoi il loro bravissimo brand ambassador Johan Coorg...), sulla quale invece contavo per ascoltare la recente LS 60 (semplificando, l'evoluzione "tower" dell'acclamata LS 50 wireless). Verrebbe da pensare che chi punta al microlusso ritenga la tradizionale mostra Hi Fi un canale di comunicazione poco rappresentativo, almeno in Europa. Ma io che ne so? ;-)
In realtà mi aspetterei che il confinamento imposto dalla pandemia abbia avuto un effetto indotto, che ha fatto tornare parte del reddito disponibile - e non altrimenti spendibile - verso il miglioramento degli ambienti domestici. Se fosse così ciò potrebbe avere positivi risvolti quanto ad aumento del pubblico interessato ai nostri giocattoli. Ed in effetti ho visto moltissime soluzioni che puntano anche alla facilità d'uso, integrando molte funzioni in un solo apparecchio. Ad esempio, nelle casse (e non solo nei prodotti di alto livello come la LS 60 di cui sopra) si trova anche lo streamer, il DAC e gli amplificatori, e magari pure il DSP per "piotare" adeguatamente i singoli altoparlanti; e tutto controllabile o con un bel telecomando o con lo smartphone/tablet.
Non tutti i segnali sono facilmente decifrabili. Quest'anno le date riservate a stampa ed operatori sono diventate due e quelle di apertura anche al pubblico si sono ridotte a sabato e domenica, e i biglietti sono solo digitali ed acquistabili solo in prevendita. La H.E.S. ha giustificato la cosa in funzione della riduzione dei contatti non necessari (e, dico io, del tracciamento e della programmazione delle presenze: i biglietti sono nominativi e contingentati). Ma, se si vogliono ridurre i contatti, perchè concentrarli in due giorni, anziché lasciarli diluiti in tre? Non so se si aspettano comunque un'affluenza ridotta, oppure se hanno preferito barattare una riduzione del pubblico generico con una migliore conduzione dei contatti B2B (decisione che mi parrebbe saggia...).

In ogni caso, una certa emozione si è vissuta anche durante la tradizionale conferenza stampa di inizio mostra.
Naturalmente la H.E.S. ha snocciolato numeri da record. Cominciamo col dire che quest'anno è il 40ennale dell'associazione; e la loro teutonica precisione li metteva in imbarazzo di non essere riusciti, per la pausa pandemica, a festeggiare anche la 40esima mostra. L'associazione conta 68 membri per 285 marchi; mi è piaciuto il candore col quale hanno detto che quei 68 soci erano QUASI tutti presenti alla mostra :-)
Quest'anno hanno ampliato gli spazi - anche per ragioni di distanziamento sociale - arrivando a 29.000 mq di esposizione, ed hanno comunque venduto tutti gli spazi disponibili; a domanda, hanno risposto che probabilmente l'anno prossimo si espanderanno anche negli spazi dell'altro centro frontistante, destinato alle esposizioni motoristiche, finalmente completato.

Quest'anno sono presenti 450 espositori, per 800 marchi, provenienti da 41 nazioni; la necessaria prevendita dei biglietti ha permesso loro di sapere che sono presenti 4.000 membri dell'industria, provenienti da 47 nazioni, e 250 giornalisti, provenienti da 33 nazioni. In effetti, la situazione infettiva in Asia ha impedito la presenza di molti espositori e visitatori orientali; e neppure mi sono parsi presenti molti Russi...

Tutto questo ha preoccupato più di un espositoore, a conferma che il mercato è spostato verso oriente, più che verso la vecchia Europa o il nordamerica. Però qualche operatore saggio mi ha anche fatto notare che l'assenza dei principali piazzatori di ordini si può anche vedere in termini non completamente negativi, visto che la scarsità nell'approvvigionamento di materie e componenti e l'enorme rallentamento nei trasporti ha portato con sé non solo l'innalzamento dei costi, ma anche una vera a propria difficoltà produttiva. Che non siano stati fatti ordini, quindi, potrebbe anche essere positivo per un settore aziendale globalmente "backordered". Magari il periodo di prima ripresa che ci separa dall'auspicata ritrovata normalità consentirà alle aziende di smaltire gli ordini arretrati e accettarne con confidenza di nuovi.
In ogni caso, direi che, tutto sommato, il clima generale era ben rappresentato da questo tabellone che certamente vedrete ripreso in tutti i report dalla mostra.
Welcome Back

Dicevo delle emozioni: mi ha sorpreso vedere i responsabili della H.E.S. perdere il loro usuale distacco professionale, sottolineando varie volte come sia molto importante per loro essere riusciti a concretizzare la mostra dopo due anni di fermo. Il "boss" ha anche voluto chiamare sul palco tutto il suo team di collaboratori che si sono concretamente occupati dei contatti con gli espositori, della vendita degli spazi ecc., per tributare loro un pubblico ringraziamento sollecitandoci ad un applauso. Sarò ingenuo, ma a me è parso un gesto del tutto spontaneo e non programmato (le facce dei collaboratori mostravano sorpresa e imbarazzo per la pubblica esposizione); e, soprattuto, un gesto carino verso chi, in definitiva, lavora nell'ombra, praticamente in incognito.

Quest'anno, il brand ambassador scelto dalla H.E.S. è stato Alan Parsons, famosissimo tecnico del suono dei Pink Floyd, ma anche musicista di successo col suo Alan Parsons Project. Scelta che era già stata fatta in vista dell'edizione 2020, poi non tenutasi, in dichiarata continuità artistica e stilistica col precedente ambassador, Steven Wilson. Sul canale Youtube della H.E.S. è disponibile un'amabile chiacchierata fra i due.
Parsons ha ripercorso la sua storia e ha detto due cose, secondo me, particolarmente interessanti. La prima, è che pensa di esser vissuto nel periodo migliore per chi fa il suo mestiere, sia per quanto rigarda i fermenti artistici, sia per quanto riguarda gli sviluppi tecnologici: è partito con un multitraccia analogico a 4 piste e ora elabora tutto in digitale. A tal proposito, e siamo alla seconda cosa per me rilevante, ha specificato che, innanzitutto, ora il digitale è finalmente maturo, ma possiamo dirlo solo dopo avere vissuto la sua evoluzione: agli inizi il CD ha ricevuto lodi incondizionate da tutti, ma ora sappiamo che quel digitale dei primordi e la sua risoluzione a 16 bit/44.1 kHz non sono sufficienti. Ma possiamo dirlo ora, che abbiamo le orecchie "educated"; all'epoca il CD era una manna dal cielo. Inoltre, lo sviluppo tecnologico del digitale ha cambiato il modo in cui produce la musica: ora la fase di missaggio è diventata per lui una formalità mentre il suo interesse è finalizzare un master destinato allo "immersive audio". Può fare ora e bene ciò che avevano provato a fare con la quadrifonia ma con mezzi tecnologicamente meno avanzati; e, soprattutto, secondo Parsons la direzione per la produzione musicale è quella, mentre il "vecchio" stereo non interessa più. La gente vuole immergersi nel suono grazie alle cuffiette sempre indossate, perciò Parsons pensa che sia questa la direzione attuale da seguire, e lui lo fa registrando tutto in Dolby Atmos. Il digitale e le moderne possibilità di elaborazione hanno mutato anche il modo di registrare, per cui non ha più senso pensare che la riproduzione offerta dal disco sia la fotografia degli esecutori insieme in un determinato luogo. Oggi grazie alla potenza di calcolo e alla velocità delle linee dati, spesso ciascun esecutore registra le sue parti nel luogo dove si trova in quel momento (e non doversi spostare consente anche buoni risparmi di produzione).
Un'altra affermazione che mi ha colpito ` stata quella secondo cui la loudness war NON sarebbe imputabile ai fonici (ma guarda un po'...), ma alle case discografiche: a lui, quando fa un disco, non importa se suoni più forte o più piano di un altro: per quello l'utente ha la manopola del volume...
Infine, a domanda precisa ha definitivamente posto fine ad una querelle: lui era effettivamente presente al famoso rooftop concert dei Beatles: c'è la prova in un paio di fotogramnmi del docufilm sui fab four uscito l'anno scorso, e della sua presenza si da atto anche nei crediti finali. Quindi, sì, c'era, e per lui quel giorno è indimenticabile.

Anche quest'anno è stata confermata l'iniziativa Sounds Clever introdotta nella precedente edizione. Rinviando per una sua più compiuta disamina all'articolo sulla mostra del 2019, ricordo che con tale iniziativa la H.E.S. ha invitato gli espositori ad allestire impianti bensuonanti non più cari di 5.000 Euro. Tuttavia, quest'anno il numero di proposte è ridotto a sei e mi sono parse anche più banali della scorsa edizione. In ogni caso, solo due proposte prevedevano una sorgente fisica, mentre le altre quattro proponevano impianti destinati a riprodurre un flusso di musica immateriale. Visto che molte proposte stavano ben al di sotto del limite di 5.000 Euro, credo si tratti di una scelta fatta non per contenere i costi, ma ipotizzando le esigenze concrete dei possibili acquirenti, giovani, sempre connessi e privi di una collezione di CD o dischi, che neppure avrebbero il posto dove tenere, anche considerando la loro sempre maggiore "non-stanzialità".
Devo, però dire che quest'anno trovare fisicamente esposti questi impianti, nonostante la segnaletica appositamente preparata dalla H.E.S. è stato più diffcile: sarò stato anche disattento, ma non sono riuscito a coglierne quasi nessuno, nel mare magnum dell'esposizone.

Infine, chiudiamo in bellezza. Un grande plauso va certamente all'organizzazione del concerto di Lori Lieberman, cantante molto apprezzata in ambito audiophile, inusualmente dedicato al tradizionale songbook americano. Purtroppo, per motivi logistici me lo sono dovuto perdere, con mio grande rammarico.

Un'ultima differenza che ho notato per quest'anno riguarda la copertura mediatica: non ho visto molta pubblicità della mostra in giro.
Ogni tanto, in metro, compare il faccione di Alan Parsons fra gli annunci a video, oppure su qualche manifesto, questo visto anche per le strade.
Advertising Subway
Advertising Subway

Finisco col mio solito, doveroso caveat.
Come ho sempre specificato, io non sono un giornalista di professione; vi scrivo le mie impressioni passeggiando per la mostra, come se la stessimo visitando insieme, fra amici. Lascio ai veri giornalisti il compito di fornire a voi (e a me) resoconti professionali. Devo dire che quest'anno ho visto meno giornalisti extraeuropei del solito: potrebbe essere solo una mia impressione e, in ogni caso, sarebbe una circostanza assolutamente giustificata visto che mezzo mondo è ancora alle prese con problemi ben più seri di una mostra audio. In ogni caso, il gruppo Stereophile schierava anche l'Editor, Jim Austin; e c'era anche Michael Fremer, che ha fatto una gustosa presentazione in saletta (riduttivo chiamarla così) Nagra.

Iniziamo le danze

Mi pare giusto iniziare con i novellini. Quello che prima era indicato come l'angolo dei newcomers, oggi si è trasformato nella "Start-Up Area", che prevedeva otto espositori... che, però sono diventati sette, perchè uno non si è presentato :-) In ogni caso, anche quest'anno si è confermata la saggia scelta della H.E.S. di offrire gratuitamente lo stand offerto alle aziende selezionate (a domanda, niente di opaco...) per tale iniziativa.
Di seguito una breve presentazione di ognuno.

Luphonic è un nuovo produttore di giradischi. Dietro all'azienda c'è il Sig. Luh, fiero di presentare un giradischi interamente progettato e realizzato in Germania. Per ora propone due modelli. In entrambi i casi si tratta di giradischi a cinghia a motore sincrono con telaio "rigido" a forma di H e piatto in Corian (la scelta del materiale è stata fatta in base all'ascolto), dotati di braccio dritto con articolazione cardanica, canna in carbonio e portatestina in un composto minerale con particelle vetrose (anche in tal caso il Sig. Luh ha condotto prove di ascolto); sul braccio si può regolare tutto: VTF, VTA e Azimuth.
Il modello inferiore (H1) presenta il telaio di un unico strato di materiale schiumoso sul quale è applicato un sottile rivestimento rigido, il che conduce ad un telaio molto leggero: solo 600 grammi. Un separato scatolotto regola la velocità del motore.
Il modello superiore (sì, avete indovinato: H2; ah, la teutonica concretezza :-) ) ha il telaio a tre strati, quelli esterni di corian e quello interno di un materiale sul quale il Sig. Luh non ha giustamente voluto svelare molto, ma penso si tratti di un parente stretto del materiale schiumoso del modello H1, mentre le parti "vibranti" del motore sono isolate con guarnizioni in Sorbothane. Operativamente, il controllore del motore è interno, ed è realizzato in modo secondo me molto divertente. L'interruttore/selettore di velocità è un bottone simile ad una fiche da casino, con le facce una bianca e una nera. Quando lo si appoggia sul ramo sinistro della H del telaio mantenendo in alto la faccia bianca, il motore parte e la sottile superficie superiore del telaio si retroillumina mostrando la cifra della velocità selezionata (33 o 45); quando si vuole spegnere il giradischi, si cambia verso al bottone e il display segnala lo spegnimento. Il Sig. Luh è conscio che questo bottone potrà finire in ogni dove, quindi è già attrezzato per vendervi i ricambi ;-)
I prezzi? H1 a Euro 1.700 circa e H2 a Euro 2.500 circa (come al solito, alla mostra i prezzi non si capisce mai se sono con o senza IVA, e, quando la includono, applicano la percentuale tedesca, del 19%, inferiore alla nostra, del 22%).
Sono molto dispiaciuto che neppure una foto mi sia venuta bene: l'estetica è particolarmente curata e merita che l'apprezziate visitando il loro sito web, dove troverete foto professionali, non i miei pasticci.

Arakas, azienda dell'Ing. Grunewald, produce degli specchi sonori, ovvero delle placche rivestite con un materiale speciale, studiate per riflettere il suono indiretto che si propaga dalle casse e indirizzarlo correttamente verso l'ascoltatore, mentre altrimenti finirebbe disordinatamente contro le pareti della stanza: l'intento è quello di creare un campo riflesso predeterminato nel quale immergere l'ascoltatore.
Start-Up - Arakas
Ci sono due modelli: quello "base", tondo, da Euro 1.300 l'uno, si piazza col suo supporto sulla parete superiore del diffusore e si orienta dove si desidera (l'Ing. Grunewald fornisce anche un accessorio per montare una mira laser); quello per l'upgrade, quadrato, da Euro 960 l'uno, si appende al muro, nelle posizioni consigliate dall'azienda. Il percorso di trattamento proposto parte dai due specchi tondi sulle casse, poi ne prevede uno al centro sulla parete dietro i diffusori, poi altri due sulla stessa parete, ma in posizionee mediana fra il primo e le casse e ad altezza tweeter; infine altri due posti a chiudere gli angoli posteriori rispetto al punto d'ascolto.
Io sono rimasto molto scettico, ma l'Ing. Grunewald ci crede molto.

Fulianty Audio è un'azienda polacca che ha sviluppato in house un amplificatore per cuffie.
Detta così non ci sarebbe davvero nulla di strano: quello del "personal listening" è un settore audio da molto tempo in ascesa e i c.d. headamp sono diffusissimi. Questo qui, però, è particolare. Si chiama, banalmente (o presuntuosamente), "The Headphone Amplifier" e ha la particolarità di essere un apparecchio, tutto sommato, di impianto molto old-style. Inannzitutto è "solo" un ampli analogico: non ha DAC, non tratta segnali digitali, non elabora nulla; solo tre ingressi analogici, un'uscita linea e una per la cuffia; sul frontale il selettore di ingresso e il volume. Stop. Però ora cominciano le cose strane. Innanzitutto, stadio di ingresso e di uscita sono valvolari, le valvole sono NOS (quella di uscita è una 300B), l'alimentatore è lineare e tutti i circuiti sono chiusi in una "gabbia di Faraday" che sarebbe costituita dal telaio interno.
Start-Up - Fulianty
Il cablaggio è point-to-point; inoltre, è un apparecchio personalizzabile: gli ingressi inutilizzati e l'uscita linea pure inutilizzata possono non essere montati, così come possono essere montati connettori XLR (ma il circuito non è bilanciato). Anche l'estetica è fuori dall'ordinario per un "banale" ampli cuffie; dimensioni più che full size e la fascia è in acciaio cortén.
Start-Up - Fulianty
Infine, se si comunica in fabbrica quale è il modello di cuffia che è chiamato a pilotare, loro adeguano i valori di impedenza dello stadio di uscita, per un match dedicato. Il prezzo? Per ora Euro 5.500, ma già hanno detto che è destinato ad aumentare. Fanno vendita diretta, naturalmente.

Operly è un'azienda che non mi pare giovannissima, dal momento che alla mostra hanno portato il modello Intelligence III, descritto proprio come "the new generation of our full-range speakers". Ad ogni modo, si tratta di un diffusore basato su un largabanda caricato con una tromba ripiegata, dal profilo "a C", ma dalla bocca molto svasata. La forma è inusuale, perciò vi rimando alla foto.
Start-Up - Operly
Usano un largabanda Visaton, al quale apportano moltissime modifiche, a cominciare dalla membrana interna (quella che mi aveva inizialmente fatto pensare ad un whizzer cone, ma così non è).
Start-Up - Fulianty
Il prezzo proposto? Appena Euro 27.000 la coppia.

Houchmand è un'altra azienda che propone un diffusore, ma del tutto diverso. Si tratta di un diffusore attivo, con funzionalità streaming (quindi c'è dentro anche un DAC), dal mobile rigido e tradizionale, ma rifinito in metallo prezioso o con laccatura da pianoforte.
Start-Up - Houchmand
Insomma, sia sostanza che apparenza, quantunque la scelta così particolare di rivestirlo in oro o platino potrebbe fare storcere qualche naso. Ovviamente, è roba da ricchi, e il prezzo proposto è di Euro 65.000 la coppia. Una Start-up con idee di marketing molto precise...

Bausound è un'altra azienda che propone un diffusore, stavolta molto anticonvenzionale. Si tratta di un cubone dagli angoli stondati e dalle pareti bianche o nere, con la faccia diretta verso l'area di ascolto che presenta un tweeter al centro e quattro woofer posti tutt'attorno, inclinati di 30 gradi rispetto alla ideale superficie d'appoggio del tweeter. Anche in questo caso una foto val più di mille parole.
Start-Up - Bausound
Questa stravagante conformazione è dovuta all'intenzione di illuminare non tanto uno sweet spot più o meno esteso, quanto una vera e propria area di ascolto: è un diffusore pensato per fare sentire sempre bene la musica in casa alle persone "normali" che, appunto, se stanno in casa, fanno altro oltre ascoltare. Il costruttore prevede due modelli, uno da montare su un supporto più alto, per ambienti piccoli o medi; ed uno da montare su un supporto più basso, per ambenti più grandi. Entrambi sono pensati per non esser ascoltati in near field. Il costruttore ne propone sia una versione passiva che una attiva, allo stesso prezzo, di Euro 15.000.

Zlatoust è un marchio di due ragazzi, che propone... un preamplificatore analogico stereo. Esattamente questo e nulla più. Un preampli che pare uscito dai cataloghi degli anni '70: tante manopole e tastini, ciascuno dedicato ad una e una sola funzione. L'obiettivo era quello di fare un pre sicuramente bensuonante, ma, soprattutto, facile ed intuitivo da usare, senza le funzioni programmabili o nascoste dietro sequenze di tasti.
Start-Up - Zatloust
Start-Up - Zatloust
Alla mostra c'era il progettista, un ragazzo che raccontava una storia anch'essa simile a quella dei grandi nomi dell'HiFi degli anni '70: cercava un pre che suonasse bene e non lo trovava, cercava un apparecchio intuitivo e non lo trovava, così se ne è costruito uno per sé. Gli amici e conoscenti lo hanno apprezzato ed hanno cominciato a richiedergliene uno anche per loro, e così ha deciso di iniziarne una produzione professionale. Naturalmente la circuitazione è curata, i tasti sono affidabili; ci sono perfino i controlli di tono, ma, anche questo molto anni '70, sono parametrici; l'uscita cuffia ha un proprio potenziometro per regolare di fino il guadagno, quindi è comunque asservita alla grande manopola del volume.
Ci sono due ingressi phono (non utilizzabili contemporaneamente) ai quali si possono collegare sia MM che MC (in questo caso si attiva uno stadio pre-pre attivo), quindi ci possiamo anche togliere lo sfizio di un giradischi con due bracci, uno per una MM ed un altro per una MC.
Start-Up - Zatloust
Ovviamente la produzione per ora si attesta su numeri ridotti, e prevedono di fare vendita diretta, anche se ciò significa pagare in anticipo la macchina, che poi viene spedita a casa, e dopo un certo periodo, se non piace, si può restituire e si viene rimborsati (immagino che i costi di spedizione vengano condivisi, quindi saranno sempre a cario di chi spedisce). Il prezzo? Euro 1.500.

Come detto, ci sarebbe stato anche un altro espositore, Jaze, ma non è comparso, quindi nulla vi posso dire. Peccato, perchè pareva interessante: un fornitore di stream audiovideo in alta qualità di concerti Jazz... Materiale non esattamente popolare sulle piattaforme tradizionali (lo so, lo so, su Youtube c'è tutto ed è pure gratis...).

Amici miei

Ho pensato che, visto che, in qualche modo ci si reincontra tutti dopo un bel po' di assenza, era bene inziare andando a salutare le nostre vecchie conoscenze.

LAB 12
È vero che ogni volta che ci incontriamo scherziamo un po', ma non mi aspettavo un'accoglienza così calorosa: grazie!
Lab12 - Team
Ha fatto molto piacere anche a me ritrovare i nostri amici Greci in piena forma. Sono stati fermi, come tutti, ma non con le mani in mano.
Mr. Vichos mi segnalava la versione definitiva del pre-phono MELTO 1, che verrà commercializzato intorno a Euro 2.300.
Lab12 - Melto 1
Inoltre, hanno prodotto un finalone monofonico, l'IRAMA,
Lab12 - Irama
il cui stadio di uscita prevede un quartetto di KT 170,
Lab12 - Irama
ed il cui prezzo dovrebbe aggirarsi attorno a Euro 10.000; la linea dovrebbe completarsi con un pre ed un finale stereo, ancora in fase di lavoro.
Altra novità è, la linea di cavi, sviluppata in collaborazione con la Signal; propongono un cavo di segnale, da circa Euro 600,
Lab12 - signal cable
un cavo di potenza, da circa Euro 1.200 (eh, le casse sono 2...),
Lab12 - speakers cable
ed un cavo di alimentazione, da circa Euro 500.
Lab12 - power cable

Dalla Grecia alla Magna Graecia il passo è breve. Ed eccoci presso lo stand della TRINAUDIO, dell'Ing. Martorana, sempre sulla breccia.
Trinaudio
Anche loro hanno prodotto nuovi apparecchi, ma si sono dovuti scontrare con la scarsità dei materiali che, quando reperiti, hanno subito impennate dei prezzi tali da imporre la reingegnerizzazione di circuiti altrimenti già pronti (un esempio: un chip che l'Ing.Martorana usa all'interno del circuito di regolazione del volume è usato anche in ambito militare, così le quote di produzione lasciate libere dalle commesse militari sono ridotte e, quindi, i prezzi sono schizzati in alto).

Restando sul suolo patrio, risaliamo lo stivale a approdiamo presso la sirena Parthenope, dove incontriamo il meneghino naturalizzato Luca Chiomenti e la sua RIVIERA AUDIO LABORATORIES
Qui, come forse sapete, l'amicizia non è tanto con la rivista, quanto proprio con chi vi scrive, che, quindi, è completamente di parte :-)
Riviera Audio Laboratories
Anche Luca non è rimasto inerte, ed ha continuato a produrre i suoi pezzi, forte di una robusta domanda, proveniente per lo più dai paesi orientali; il che non meraviglia, visti i prezzi a dir poco impegnativi...
A Monaco aveva uno stand da esibizione statica, dove si potevano ammirare i vari modelli: il pre APLO1 S.E. da circa Euro 40.000
Riviera Audio Laboratories - APL 01 SE
l'integrato LEVANTE da poco meno di Euro 20.000
Riviera Audio Laboratories - Levante
l'ampli cuffie AIC 10 BAL da circa Euro 16.000
Riviera Audio Laboratories - AIC 10 BAL
e l'altro pre APL 10 da circa Euro 15.000 e l'altro ampli cuffie AIC 10, di cui ho dimenticato di appuntare il prezzo suggerito.
Riviera Audio Laboratories - APL 10 e AIL 10
Tuttavia gli apparecchi Riviera non erano solo esposti staticamente, ma si trovavano come amplificazione di varie salette. Come quella di GoldenEar, l'azienda produttore di ottimi diffusori, già di Sandy Gross ed ora di Bill Low (il "Sig. Audioquest"); Bill apprezza molto i prodotti Riviera ed un integrato Levante pilotava, appunto, le casse Golden Ear di maggior pregio esposte nella saletta del costruttore americano.
Golden Ear - Riviera Levante

Saliamo ancora, ed approdiamo ad Augusta Taurinorum, dove incontriamo altre vecchie conoscenze, i nostri amici di AUDIODINAMICA
Hanno completato la linea dei loro famosi cubotti, ampliandola con un trasfornatore elevatore per MC di maggiore qualità del modello originario provato da questa rivista. Ora c'è il modello SUT No. 2
Qui una bella foto di famiglia
Audiodinamica
Da sinistra a destra, un BeCube Mono Amp (Euro 2.500), l'alimentatore esterno BeCube Power (Euro 1.800), l'ampli cuffie BeCube Headphone Amp (Euro 1.500), il preamplificatore BeCube Line (Euro 2.300), il BeCube SUT No. 2 (Euro 2.000), il pre-phono BeCube Phono (Euro 2.800) e l'altro BeCube Mono Amp.
Vi sarete meravigliati, come me, di vederli in questa colorazione molto neutra (per usare un eufemismo), memori degli sgargianti colori del loro esordio. Non preoccupatevi: si tratta solo di una concessione alla richiesta del mercato, i cui decisori estetici si stanno evidentemente appiattendo sul minimalismo nordico modello Ikea... Per quelli di noi che ancora vogliono osare, la scelta di colori non solo è confermata, ma anche ampliabile: ecco un assaggio di alcune opzioni, capeggiate dal modello Re Cremisi :-)
Audiodinamica

Ancora Italia

Visto che ci siamo, continiamo la visita dei costruttori nostrani.
Da Torino scendiamo nuovamente lungo il versante tirrenico e arriviamo a Pisa.
Ecco lo stand dell'Ing. Manunta con la sua M2TECH
Quest'anno ha rinnovato gli apparecchi della serie EVO, e li ha raccolti tutti sotto un nuovo marchio, MANUNTA by M2Tech che, visto il prezzo ridotto (rispetto al resto...), prevede di vendere direttamente, a differenza dalle restanti linee, rimaste a marchio M2Tech.
Manunta - EVO series
La serie EVO ora si compone di:
- EVO DAC 3 (Euro 758); l'apparecchio "grande" di riferimento è lo Young. E' un DAC capace di decodifica MQA, ha ingresso per bluetooth aptX e per un segnale ad alta risoluzione I2s veicolato su HDMI; accetta segnali PCM fino a 758/32 e DSD fino a 512x
- EVO DDC 3 (Euro 105); l'apparecchio prende il flusso digitale da un segnale USB e lo manda in uscita sia su SPDIF che su I2S su connettore HDMI (la piedinatura è la stessa che usa PS Audio...); la particolarità è che tratta ANCHE il DSD come segnale nativo, senza necessariamente convertirlo in PCM (DoP), salvo che il DAC non lo richieda
- EVO PHONO 3 (Euro 650); qui l'apparecchio di riferimento è il Nash. La circuitazione prevede i primi due stadi a discreti e una deenfasi RIAA passiva
- EVO SUPPLY 3 (prezzo da definire, intorno a Euro 550), un'alimentazione esterna per questi ed altri apparecchi, che può uscire con 5, 9, 12 e 15V
Di fianco alle elettroniche EVO c'era anche, bello denudato :-) , il MITCHELL,
M2TECH - Mitchell
un crossover elettronico programmabile a 3 vie completamente analogico; qui i prezzi salgono drasticamente e arriviamo a circa Euro 4.000. Ma siamo nella serie delle rockstar e il marchio è M2Tech...
M2TECH - Rockstar series

Restiamo nel Centro Italia e andiamo da altre vecchie conoscenze, i ragazzi di New Horizon, anche quest'anno presenti con il loro stand ecosostenibile
New Horizon
Hanno continuato la loro coraggiosa produzione dedicata solo ai giradischi, sempre prodotti in Italia, con approvviggionamento parti a Km.0. Di più, quest'anno hanno anche sviluppato una propria linea di bracci imperniati, in dotazione a tutti i modelli, salvo a quello più economico, il modello 101, che continua a montare un braccio Pro-Ject. Inoltre i piatti ora hanno una migliore lavorazione sul bordo per non fare scappare la cinghia e sono realizzati in metacrilato estruso, anziché il più economico metacrilato colato che presenta lievi ondulazioni, invece totalmente assenti su superficie e bordi dei piatti qui utilizzati. Si tratta di lavorazioni di alta precisione, e fa piacere che abbiamo una ditta che ne sia capace e che riesca a mantenere i prezzi totalmente accessibili. È un'alternativa ai soliti noti Austriaci, e non è male che sia Italiana.
Partiamo col modello 129 (da circa Euro 600), e già col braccio montato su questo giradischi si può regolare l'azimuth
New Horizon - 129
Salendo arriviamo alla serie 200, con prezzi fra Euro 1.000 e Euro 1500, con tre modelli che si distinguono, fondamentalmente, per il numero di strati di cui si compone la base; il braccio, in questa serie, permette anche la regolazione del VTA.
New Horizon - 200 series
Poi c'è la serie 300, fra 2.000 e 2.500 Euro, il cui modello superiore monta un braccio che, in più ha anche i cuscinetti in ceramica, anziché in acciaio come gli altri.
New Horizon - 301
Il top di gamma è il modello GDS II, a partire da poco meno di Euro 5.500, il cui braccio presenta anche la canna in ottone, anziché in allumino come gli altri.
New Horizon - GDS II

Restiamo nel Centro Italia, ma spostiamoci sulla costa tirrenica e andiamo a Civitavecchia, da AUDIA Flight
Tradizionalmente produttori di elettroniche di pregio, quest'anno le facevano suonare con un loro proprio bel diffusore a torre, il REMIGA 2, da Euro 75.000, per il quale hanno sviluppato un marchio ad hoc, ALARE, sempre graficamente contraddistinto dal sorriso che caratterizza la fascia delle elettroniche Audia, per dare continuità, pur consentendo una sorte commerciale autonoma alle due linee.
Audia Flight - Alare
L'impianto in dimostrazione era composto anche dal preamplificatore Strumento 1 Mk2, da circa Euro 18.300 e da due finali monofonici Strumento 8, da circa Euro 26.000 l'uno.
Audia Flight

Le stesse elettroniche Audia Flight erano il motore scelto anche da un'altra firma importante fra i produttori Italiani, Albedo
Albedo
Nella saletta andavano i modelli Agadia, da Euro 22.000 ed Acclara Diamond, da Euro 69.000.
Albedo

Pit stop

Potrei continuare, anche con altri costruttori Italiani, ma penso che come prima parte possa bastare. La seconda parte (e la terza, e la quarta... chi può dirlo...) arriveranno, non so quando, ma arriveranno ;-)

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