Arcam irDAC, convertitore digitale-analogico

[irDAC - vista frontale]

DAC & Sax

[English version]

Nome Prodotto: irDAC
Produttore: Arcam - UK
Costo: GBP 400 (EUR 500 circa a Marzo 2015) (Convertitore di valuta)
Recensore: Andy Norman - TNT UK
Data recensione: Marzo, 2015
Traduzione: Gian Luca Scappini

Introduzione

Al giorno d'oggi, per molti un DAC è il cardine del proprio sistema hi-fi. Con i flussi digitali audio disponibili dalle TV, riproduttori DVD, network streamer, apparecchiature portatili e computer, un determinato DAC può operare come “centralina” principale e fornire anche una buona solida conversione tra differenti file multimediali. L'Arcam irDAC è concepito per questo tipo di uso. È un DAC puro (senza il dispositivo di pre-amplificazione) che offre tutto sommato una gamma completa di connessioni, commutabili a distanza, e di conversione tra diverse classi di dati, fino a 192 kHz. Il suo predecessore Arcam, l'rDAC, è stato visto molto come un DAC budget di fascia medio-bassa e si afferma che questo modello sia stato significativamente migliorato, in quanto ha beneficiato di una serie di tecnologie prese dal loro DAC D33, dove “i soldi non sono un problema”. Andiamo allora a provarlo!

Che cosa si porta a casa

Quello che si porta a casa con 500 euro è una piccola ma solida e pesante scatola di metallo nero con delle luci lungo il margine superiore e delle connessioni sul retro. Dovendolo testare, non potrebbe proprio sembrare meno attraente, sebbene la solida costruzione gli dia un'aria sobria di sicurezza. La connettività è davvero buona. Sono disponibili due ingressi per ogni input digitale e coassiale, insieme ad ingressi USB per PC e dispositivi i-Apple. La connessione iPod permette la trasmissione diretta dei dati dallo stesso iPod, fornendo un suono molto migliorato rispetto a quello dei suoi convertitori. Le uscite consistono in un output digitale coassiale per collegare, ad esempio, un amplificatore digitale per cuffia e in un tradizionale output analogico RCA. Sebbene propriamente equipaggiato per essere un apparecchio di largo consumo, l'unità manca delle connessioni spesso usate nei laboratori professionali – l'AES/BEU per il digitale e l'XLS bilanciato per l'audio - e non c'è possibilità di controllarlo tramite clock esterno. Non c'è accesso wireless, ma una separata versione, l'airDAC, è disponibile con connettività Bluetooth.

Il DAC è alimentato da un trasformatore esterno o da un'alimentazione dedicata proveniente dall'amplificatore integrato Arcam A19. L'energia proveniente da esso è suddivisa in otto canali di erogazione indipendenti, all'interno della stessa unità, per fornire isolamento tra le diverse funzioni interne. Si dice che ci siano miglioramenti nelle prestazioni quando impiegato con l'alimentazione dell'A19 ma, sebbene abbia recensito l'A19, non sono stato in grado di testarli insieme, in quanto non ho avuto questi due apparecchi contemporaneamente a disposizione.

Insolitamente per un DAC, questo apparecchio include un telecomando. L'infrarosso del telecomando dà origine al prefisso “ir”, al nome del prodotto. Il telecomando è un piccolo congegno in plastica che è un po' essenziale ma funziona bene. Il suo utilizzo principale è quello di commutare i diversi input, il che viene assolto piuttosto bene, sebbene esso possa anche controllare le funzioni essenziali di un iPod. Il telecomando, lo stesso fornito con il D33, permette di cambiare i filtri e controllare il volume del DAC, cosa non possibile direttamente dall'irDAC. Il controllo del volume comunque utilizza un codice infrarosso ampiamente utilizzato, perciò può controllare il volume di molti altri amplificatori. Il telecomando ha anche una funzione “mute” che tronca completamente il suono e può essere utile quando suona il telefono.

Internamente, nel cuore dell'unità, c'è un chip Texas Instruments “Burr Brown” 1796 (il D33 usa due di questi). Il controllo del software per questo apparecchio è basato sul modello D33 e dichiara di inviare un segnale che è “pressoché esente dal jitter”. Il rapporto segnale/rumore e il valore di distorsione del segnale sono discreti, non eccitanti, rispettivamente 112 dB e 0,002%.

Arcam è molto orgogliosa del rendimento, in termini di jitter, dell'irDAC. Non c'è stata sicuramente alcuna prova relativa a mancanze associate al jitter che, di solito, aggiunge al segnale una certa “asprezza” digitale e difetti nel dettaglio (e di conseguenza nella scena sonora). E non c'è stata virtualmente nessuna differenza d'ascolto usando l'input coassiale e l'USB. Se proprio si deve far notare qualcosa, ho avuto una leggera preferenza per il suono proveniente dalla porta USB, che è l'opposto di quanto noto di solito.

[irDAC - vista posteriore]

All'opera

L'ingresso USB è asincrono (controlla cioè il flusso dati dal computer sorgente). Come buona parte dei DAC, lavora in modalità nativa con PC Windows fino a 96 kHz; necessita di un driver per velocità superiori, fino ad un massimo di 192 kHz. Curiosamente, i file a 176,4 kHz non sono elencati tra le velocità di trasmissione dati supportate, sebbene non ne abbia avuto uno sotto mano da provare. Il driver è stato scaricato e installato senza difficoltà. Alcuni potenziali clienti potrebbero cercare velocità di trasmissione superiori e funzionalità DSD, ma queste al momento appartengono invece ad una nicchia di mercato e questo DAC non le offre.

In termini pratici, come ci si aspetterebbe, il DAC ha fatto tutto quello che doveva, senza far storie. Frequenze alte di campionamento non hanno dato problemi ed è sembrato offrire una qualità del suono leggermente migliorata con qualche materiale. Il DAC è rimasto nel mio sistema per un paio di settimane a gestire tutti i lavori di un DAC e pertanto era ben rodato quando mi sono preparato ad un ascolto più critico.

Ascolto

Questa settimana ho pensato di prendere qualche “strada secondaria”, poco nota, della mia collezione musicale, lasciando da parte alcuni dei più ovvi contendenti dell'hi-fi e dell'alta risoluzione.

Il primo che ho messo è stato l'album “Pure Heroine”, della giovane cantante pop neo-zelandese Lorde. È insolitamente ariosa, per essere una registrazione moderna, e presenta voci multi-traccia ed effetti di sincronizzazione stereo insieme a profondi bassi sintetizzati e potenti batterie. Tutto sommato un buon esercizio per il sistema! L'Arcam si è comportato bene con tutti gli elementi. Ad esempio, nel brano di punta, “Royals”, il basso era profondo, pieno e ben controllato. I differenti elementi delle voci multi-traccia erano disposti chiaramente. Una piacevole e coerente rappresentazione.

A seguire, dato che quel giorno del mio ascolto ufficiale ricorreva il bi-centenario della nascita di Adolphe Sax, ho pensato che avrei fatto la cosa giusta ascoltando un paio dei miei sassofonisti preferiti. Avevo scoperto Bendik Hofseth suonare in “Steps Ahead”, ma le sue esecuzioni mi piacciono proprio quanto i suoi album da solista. “Metamorphoses”, del 1995, è davvero nello stile di “Steps Ahead” (con Michael Manieri al vibrafono), sebbene l'esecuzione propenda verso lo spazioso jazz nordico di Jan Garbarek. Si tratta di una registrazione ispirata alla natura, nella quale l'Arcam si è comportato bene. Ogni sfumatura del sassofono è sembrata essere articolata e l'ampio palcoscenico ha riprodotto il movimento delle linee del vibrafono in maniera assai spontanea.

Sulla stessa scia ho ascoltato l'album “Deep River”, un duetto piano-sax con Joanna MacGregor al pianoforte ed Andy Sheppard al sassofono. Sebbene per me l'album sia un po' un insieme di differenti qualità musicali, alcuni pezzi sono sublimi. Il pezzo di apertura, ad esempio, è un'interpretazione di “Sometimes I feel like a motherless child”. Il sassofono attacca profondo, pur presentando una certa granulosità di contorno, per poi crescere esponenzialmente, richiamando moltissimo la famosa versione dell'“Arne Domerus” (registrata in una chiesa in Svezia). Anche l'album di MacGregor è una registrazione ariosa. L'Arcam ha fornito l'ampiezza e la dinamica molto efficientemente, senza apparenti lacune.

Rimanendo nel jazz, sono passato a qualcosa di più movimentato – ascoltando un paio di album di John Zawinul. Benché meglio conosciuto per il suo lavoro con i Weather Report, Zawinul ha prodotto molti album di Word/Jazz fusion che esaltano le percussioni composte da più elementi, bassi veloci e splendidi passaggi improvvisati alle tastiere. Ancora una volta, il DAC non ha deluso le aspettative, separando i principali elementi musicali ed erogando dinamica in abbondanza per tenere le percussioni a livelli entusiasmanti.

Chiaramente non ho potuto resistere dal mettere un classico audiofilo – “I Would Never” dei Blue Nile, dall'album “High” del 2004. Il suono è stato straordinariamente chiaro e trasparente, con una buona presentazione in primo piano delle parti cantate. L'ascolto formale ha confermato l'impressione che avevo acquisito durante il paio di settimane in cui il DAC era rimasto nel sistema. È molto ben equilibrato e particolarmente buono con il cantato.

Conclusioni

Di questi tempi, fare comparazioni sulla qualità del suono tra DAC è difficile. Una volta raggiunti certi livelli, le differenze sono molto piccole. Per quanto riguarda l'irDAC, è stato un DAC facile da ascoltare. Non ha commesso errori e fa bene un sacco di cose. Mi espongo nell'indicare che la trasparenza e stabilità complessive dell'immagine lo mettono alla pari di DAC di 3-4 anni fa che costano due o tre volte di più, tenendo conto in particolare delle prestazioni dell'USB. E bisogna salire un bel po' per trovare DAC che diano un briciolo di realismo alla rappresentazione.

In termini di competizione diretta, ho avuto l'impressione che abbia avuto un leggero vantaggio sul Cambridge Audio DAC Magic (sebbene sia meno costoso) ma, francamente, per la maggior parte del tempo sarà dura trovarne la differenza, a meno di usare il miglior sistema rivelatore. In questa fascia di prezzo c'è l'imbarazzo della scelta tra altri DAC che meritano attenzione, ma dubito che ce ne siano che suonino meglio di questo. Le decisioni sono tendenzialmente prese sulla base delle disponibilità, impianti, reputazione e stile. L'Arcam è ben particolareggiato e suona bene, ma non è quel tipo di apparecchio per il quale ti vanteresti con gli amici per il suo appeal o per i bizzarri effetti sonori artificiali. Alcuni potenziali acquirenti potrebbero volere un DAC capace di gestire file a 384 kHz, come pure avere il DSD: in tal caso è meglio che guardino altrove.

Cosa c'è che non piace? È davvero un buon DAC che si fa in quattro per fare il suo dovere. Dato che l'unità è controllata remotamente, sarebbe stato bello trovare un attenuatore aggiunto in uscita per agevolare anche il controllo del volume, ma si tratta di un punto non cruciale. Similmente, mi sarebbero piaciute le uscite XLR, tuttavia possiedo uno di quei, relativamente pochi, amplificatori di largo consumo che utilizzano tale connessione; onestamente non sono sicuro che farebbe molta (se non nessuna) differenza, dato che i cavi utilizzati in un impianto hi-fi domestico sono roba da poco se paragonati a quelli degli studi di registrazione, per i quali una migliore prestazione, in termini di rumore, data da un XLR è essenziale. Mancanza nel gestire i 384 kHz significa che l'unità non è interamente predisposta in futuro per computer dedicati all'ascolto audiofilo ma, a parte questo, la morale è che si tratta di un DAC per il quale non ci si può sbagliare e che, pertanto, sono contento di consigliare.

© Copyright 2015 Andy Norman - andy@tnt-audio.com - www.tnt-audio.com


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