Teoria e pratica del downgrading - Parte II

Come peggiorare l'impianto HiFi e vivere felici

Autore: Lucio Cadeddu - TNT Italia
Pubblicato: Marzo, 2020

[Downgrading]

Nella prima parte di questo minicorso ho affrontato il tema dell'upgrade, del sidegrade e del downgrade. Abbiamo visto come i primi due - spesso - sono inutili, mentre il terzo potrebbe avere una sua ragion d'essere. Il punto di partenza č, quindi, peggiorare l'impianto, ovvero dotarlo di componenti peggiori di quelli che erano presenti in precedenza.

Prima di tutto, bisogna intendersi sul significato che diamo all'aggettivo “peggiore”. In questo contesto, significa semplicemente appartenente a una classe di prezzo inferiore o semplicemente, meno costoso perché molto più vecchio. Lo scopo del processo inverso è quello di ritrovare la voglia di giocare con l'HiFi, divertirsi e, magari, imparare ad ascoltare la musica da una prospettiva differente. Vediamo quando invertire la tendenza e come.

In generale, quando un audiofilo pensa a un nuovo acquisto, il componente che ha in mente è più costoso e più recente di quello che andrà a sostituire. Non sempre questa è una mossa astuta e conveniente. E per almeno due motivi:

  1. Le aziende hanno necessità di rinnovare i cataloghi molto spesso, per mettere in moto il volano del desiderio d'acquisto. Realizzare prodotti migliori, però, non è banale e talvolta per un reale passo avanti sono necessari anni di ricerche e di tentativi. Pertanto, la probabilità di acquistare un prodotto che è “nuovo” per davvero è bassissima, pari a quella di conoscere un vero audiofilo che abbia una soddisfacente vita sociale. Spesso si tratta di piccoli aggiornamenti estetici e circuitali, che non necessariamente portano a miglioramenti percepibili. Cambia la carrozzeria ma il motore č sempre quello.
  2. Anche quando il cambiamento circuitale o strutturale è significativo, spesso questo si traduce in un passo indietro nella qualità sonora. La tendenza a realizzare componenti sempre più precisi, trasparenti e dettagliati, siano essi elettroniche o diffusori, porta a un reale peggioramento della musicalità d'insieme, cioè quella capacità di trasmettere integra l'emozione stessa della musica. Tutto diventa maledettamente perfetto ma gelido, senz'anima, con tutti i particolari di un'incisione sparati in faccia senza pietà, in un iperrealismo che non ha riscontri con la musica ascoltata dal vivo. E che alla fine stanca, affatica l'orecchio.
Dopo un acquisto di questo genere, l'audiofilo - non soddisfatto - ritiene che debba sostituire anche gli altri componenti, perché non più all'altezza del fantastico nuovo acquisto e colpevoli per essere i cosiddetti “colli di bottiglia”. E così innesca una spirale perversa che lo allontana sempre di più dal piacere d'ascolto e lo avvicina al rosso sul conto corrente.

Questo è esattamente il momento nel quale innescare il cambio di rotta, interrompere questo Cammino di Santiago al contrario, verso la perdizione anziché verso il ritrovare sé stessi e la propria musica. Si...può...fareeee!!!

Come si fa? Intanto si può provare a rimettere all'interno dell'impianto un componente vecchio, dimenticato in qualche scaffale. Lo avete di sicuro, gli audiofili e gli accumulatori seriali hanno lunghe porzioni di DNA in comune. All'inizio sembrerà strano, ma dopo che le ore d'ascolto procedono, ci si rende conto che la differenza con il componente più recente e più costoso non è così grande come ce la ricordavamo o ci era sembrata. Anzi, può capitare che alcuni aspetti della riproduzione musicale siano migliori. Il suono magari sarà meno perfetto, ma alla fine più coinvolgente, divertente.

Se non si dovesse possedere alcun componente “vecchio”, avanzato da precedenti upgrade - ma allora ditelo che siete strani! - si possono percorrere due strade, in contrapposizione l'una con l'altra. La prima: si acquista un componente usato, magari una vecchia gloria del passato, e lo si inserisce nell'impianto. La seconda: si acquista qualcosa di nuovo, ma estremamente economico (di questo parleremo nella terza puntata).

Alcuni componenti che hanno fatto la storia dell'HiFi non l'hanno fatta per caso. L'hanno fatta perché avevano qualcosa di unico ed irripetibile: il carattere. Quanti componenti HiFi moderni possono vantarsi della stessa caratteristica? Spesso sono così perfetti da non avere anima.

Cerco di essere più specifico: parlando di amplificatori, consideriamo un NAD 3020 (meglio se 3120), un Rotel 820B, un Naim Nait 1 o 2, un Cyrus Two, un vecchio Sugden, apparecchi di questo tipo. In fascia più alta, parlando di finali di potenza, un Mark Levinson 29, un Naim NAP250 prima serie, un Classé DR3, un Audio Research Classic 30 (con relativi pre coevi), i bei finalini Albarry. Tornando più indietro nel tempo, dei Quad II, dei finali Leak, per non scomodare mostri sacri (tipo Marantz) che iniziano ad avere quotazioni davvero importanti. Si tratta di apparecchi che hanno ancora quotazioni sensate e hanno tutti un carattere ben definito, forte. Potranno non piacere, in certi sistemi, ma vi faranno sentire la musica in un modo personale, forse anche interpretato, ma di sicuro coinvolgente. E sicuramente ne sto dimenticando tanti altri, pertanto non scrivetemi marche e modelli per lamentarvi che non siano stati inclusi nell'elenco, mi servivano giusto alcuni esempi facili.

Lato sorgenti è semplice se si parla di analogico, meno se si parla di digitale, perché in questo campo i passi avanti sono stati più rapidi. Tuttavia, vi sorprendereste a sentire quanta poca differenza ci sia tra un buon DAC moderno e un top di gamma di tanti anni fa, come il Linn Numerik, che ormai si trova a prezzi stracciati. O un Wadia o un Theta degli anni '90. Nell'analogico, alcuni giradischi sono dei classici immortali, parlo dei vecchi Thorens, Linn, Rega, Ariston, Michell, Dunlop e tanti altri. Alcuni di questi possono essere ancora reperiti per cifre ragionevoli, anche se il mercato dell'analogico è ormai del tutto fuori controllo.

Per quanto riguarda i diffusori la scelta è così ampia che è quasi impossibile fare dei nomi, ma alcuni grandi classici vanno sempre presi in considerazione: tra i grandi sistemi, una coppia di vecchi Klipschorn, ad esempio, delle AR 10Pigreco, le Linn Isobarik, i vecchi Dual Concentric di Tannoy, qualche grossa Altec, le elettrostatiche di Quad (le 63, meglio delle 57, secondo me), delle B&W DM6, mentre tra i “piccoli” non dimenticherei i monitor Linn Kan o Rogers/Spendor LS3/5A, ProAC Tablette prima serie, Sonus Faber Minima e altri simili a questi. Tra quelli di misura “media” non dimenticherei tre classici italiani da ascoltare almeno una volta nella vita: Aliante One Zeta, Diapason Adamantes e Sonus Faber Electa.

L'inserimento di un vecchio componente sarà uno shock, inizialmente, e potrebbe non piacere. Ma dategli tempo e, come dicono gli anglosassoni, “it will grow up on you” (crescerà dentro di voi). Poi tornate al componente moderno e concentratevi non sulla quantità di informazioni che sentirete in più, sulla più ampia risposta in frequenza, sulla pulizia o sull'immagine. Concentratevi sulla musica: anche se più perfetta, siete sicuri che vi coinvolga maggiormente? Sì? Pazienza, avrete fatto esperienza e vi sarete divertiti a fare confronti, è sempre istruttivo.

Conoscere la storia dei giganti della storia dell'HiFi è indispensabile per capire come si ascoltava una volta, come è evoluto il gusto e come è peggiorato. Potreste scoprire che questo new deal dell'HiFi moderna super-perfetta non fa per voi, ma per scoprirlo dovete conoscere il passato. Senza conoscere il passato non si può capire il presente e prevedere il futuro. Se vi è mai capitato di guidare un'auto sportiva d'epoca, capirete esattamente cosa intendo. Non erano perfette, non erano né veloci né stabili e sicure come una vettura moderna, ma comunicavano emozione, tutta quella che si è persa alla guida delle noiose e perfette auto moderne. Bastava persino andare piano per divertirsi. Oggi sembra di star fermi parcheggiati anche a 200 all'ora.

Intendiamoci: questo non vuole essere un elogio al vintage a tutti i costi, sul quale mi sono già espresso e che trovo deleterio. Si tratta di recuperare le buone cose del passato, e trascorrere un po' di tempo a capirle, a comprendere perché hanno segnato la storia di questo hobby.

Arrivederci alla prossima puntata e....buon divertimento con gli esperimenti! È un lavoro schifoso? Faticoso? Ricordatevi che stiamo sempre parlando di un gioco e potrebbe essere peggio...potrebbe piovere! :-)

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