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Prodotto: Giradischi Pro-Ject Signature 12
Produttore: Pro-Ject - Austria
Costo: circa 10,000 Euro (YMMV)
Recensore: Geoff Husband - TNT France
Data recensione: Marzo 2015
Traduzione a cura di: Stefano Miniero
Pro-Ject è il nome di un'azienda che è sul mercato da un bel po' di tempo, cioè da oltre 20 anni. Fu fondata proprio nel momento in cui tutti pensavano che la Rega, con i suoi Planar 2 e 3, avesse ormai fatto piazza pulita della fascia dei giradischi Hi-Fi di livello “budget”. Ma la Pro-Ject era seriamente intenzionata a dare battaglia proprio su quel terreno. Da quella fase iniziale, producendo giradischi semplici ma ben costruiti, destinati al grande pubblico (tra cui molti neofiti del vinile), Pro-Ject si è ingrandita fino ad avere oggi una impressionante gamma di giradischi, raggiungendo livelli sempre più alti nel rapporto qualità/prezzo. Nell'immaginario audiofilo, Pro-ject offre ai propri clienti una possibilità relativamente indolore per accedere al mondo del vinile, o per migliorare ulteriormente il proprio sistema, grazie ad un ottimo valore aggiunto per ogni fascia di prezzo. Inoltre, solitamente vende i propri giradischi già dotati di un braccio di propria produzione, nonché, a seconda del mercato, di una testina (normalmente Ortofon).
Questa scalata verso i piani alti del mercato, ha significato doversi confrontare con alcuni dei concorrenti più blasonati ed infine, con i suoi ultimi giradischi, Pro-Ject ha lanciato l'assalto definitivo alla fascia dell'high-end.
E questo ci porta alla combinazione di giradischi e braccio che è l'oggetto di questa recensione, il Signature 12. Siccome si tratta dell'esordio di un prodotto importante da parte di una delle maggiori aziende del settore, ho dovuto esaminare con molta attenzione le peculiarità di questo singolare giradischi. E non si è trattato certo di una recensione facile, visto che l'originalità del disegno ed i compromessi di progetto implementati necessitano di qualche spiegazione, e persino di qualche aperta critica. Ho provato a mantenere una certa coerenza nel risultato finale, ed ho cercato di scandire i vari argomenti secondo una chiara sequenza logica, ma spero mi perdonerete gli occasionali “salti” da un argomento all'altro!
Se guardate le foto, vi saranno evidenti grossomodo la maggior parte delle caratteristiche di questo giradischi. Il plinth è fatto in MDF dalla superficie venata (potete scegliere diversi tipi di finitura, ma il ciliegio del mio giradischi era bellissimo), sagomato per accogliere il blocco del motore, con la linea di rete principale proveniente da un alimentatore a muro “nobilitato”. Incapsulato in questo blocco ci sono due motori che portano il movimento verso un volano a puleggia, e da questo verso il grosso piatto in lega metallica. Il piatto è smorzato sia con un rivestimento superficiale fatto di un polimero duro (sul quale verrà appoggiato il disco), sia con una striscia di schiuma di neoprene che corre in un alloggiamento sotto al piatto stesso. Il risultato è un piatto metallico che non risuona in alcun modo, il che già di per se è una cosa piuttosto inusuale. Il perno del piatto è del tipo a cuscinetto invertito, composto da un fusto in acciaio sormontato da una sfera in materiale ceramico. È sorprendentemente piccolo considerata la pesantezza del piatto (10.5 kg, e 34 kg per l'intero giradischi), e in qualche modo ricorda quelli dei giradischi Roksan. Un perno apparentemente identico supporta il volano del motore.
Il cuscinetto principale del piatto è alloggiato in un grosso sotto-telaio sospeso su molle, che poggia su alcuni “cuscini” in sorbotano, ed il braccio, non rimovibile, è montato in un bilanciere in lega metallica inserito direttamente nel sotto-telaio. Ma questa struttura, nonostante le apparenze, non tocca il plinth in nessun punto. Sotto alla base ci sono quattro piedini sospesi molto massicci, isolati mediante magneti che lavorano in opposizione (vi darò maggiori dettagli su questo più avanti).
Il braccio stesso è un 12” unipivot conformato ad “S”, dotato di predisposizione per il porta-testina in standard SME. Il tutto ha un po' l'aspetto di un sopravvissuto degli anni '60 ;-)
I controlli sono su un grosso touchpad che i miei ragazzi hanno trovato molto “cool”, ma che non potrebbe essere messo in una posizione peggiore per l'incolumità delle testine, soprattutto di quelle che hanno lo stilo molto esposto.
Ma quello che l'aspetto da solo non basta a dire, è la squisita fattura di questo giradischi. È semplicemente meraviglioso, con la lucentezza della lega del piatto, il motore, lo chassis ed il braccio che si sposano perfettamente. Definirlo un'opera d'arte non sarebbe un'esagerazione, e devo dire con tutta la chiarezza necessaria che questo è il giradischi più bello che abbia mai avuto qui con me. Sin dal momento in cui è stato tolto dal suo imballaggio, ha scatenato solo commenti lusinghieri. L'intima coerenza del progetto è infatti garanzia di una perfetta integrazione, anche estetica. Se desiderate un giradischi di alta qualità che abbia un aspetto favoloso, potete anche smettere di cercare...
Dopo le lodi incondizionate per la costruzione al di sopra di ogni ragionevole critica, eccoci arrivati all'essenza del progetto, dove scelte e compromessi sono inevitabili e dove, come in questo caso, alcune scelte sono spesso inconsuete.
Iniziamo dalla base del giradischi. Una delle caratteristiche del progetto di cui occorre parlare subito è l'adozione dei magneti. A parte il piccolo magnete usato per tenere il braccio in posizione di riposo, gli altri sono usati solamente nella base del giradischi. Il piatto vanta una sospensione che “fluttuerebbe” su due magneti opposti, uno intorno alla base del cuscinetto principale, e l'altro alla base del piatto stesso. In realtà il piatto non “fluttua” affatto, e secondo me infatti un piatto libero di muoversi su e giù lungo il fusto del suo cuscinetto non è esattamente una grande idea, visto che manderebbe a gambe all'aria la fondamentale relazione fissa tra il cuscinetto stesso ed il pivot del braccio. Ma non è quel che accade in questo caso, perché i magneti sono di fatto troppo piccoli per sollevare l'intero peso del piatto, e piuttosto scaricano parzialmente il cuscinetto, il che in teoria dovrebbe ridurre la resistenza e la frizione, e con esse il rumore. Questo lo capisco benissimo e non mi crea alcun problema.
Quello che mi crea problemi è l'uso dei magneti nei piedini, ed ancora di più nella puleggia principale.
Il problema dei magneti -
L'uso di magneti come sistema di sospensione è sempre stato una tentazione per molti progettisti Hi-Fi. Mettendo in opposizione due magneti positivi o due negativi e avvicinandoli, la forza necessaria si incrementa man mano che la distanza si riduce. L'attrattiva per i progettisti è piuttosto ovvia: ecco che avremmo ottenuto una sorta di “molla magica” che, visto che non ha componenti meccaniche, non potrà trasmettere alcuna vibrazione o risonanze indesiderate, e che si può quindi considerare il materiale isolante perfetto. Ci abbiamo giocato tutti da bambini; più si avvicinano i magneti, più diventa difficile tenerli premuti uno di fronte all'altro, e minore è la distanza tra essi, maggiore sarà la loro tendenza a sfuggire lateralmente. È proprio questa caratteristica che ci è nota sin da ragazzi che causa i problemi.
Il primo è che se anche imitano in qualche modo le molle, imitano delle molle a resistenza fortemente crescente. Questo perché la resistenza diventa sempre maggiore man mano che i magneti si avvicinano reciprocamente, e la variazione di incremento è molto ripida, di fatto esponenziale. Normalmente in un sotto-telaio sospeso su molle, il progettista fa uso di convenzionali molle che “rispondono” sempre ad una data velocità per fornire la giusta regolazione delle sospensioni. Una “risposta” variabile inibisce questa possibilità. Nel progetto del Signature 12 ci sono 4 piedini, ognuno posizionato ad un angolo della base. Ora, siccome su ciascuno di questi piedini grava un peso differente, è evidente che per livellare il giradischi debbano essere regolati in altezza in modo diverso. Ciò implica che l'effetto molla di ogni magnete sarà diverso (a causa della resistenza crescente), diversa sarà la sua “risposta” e con essa cambierà anche l'effetto isolante di ogni piedino. Se si impiegassero 3 piedini, correttamente posizionati per uniformare il carico (perché no!), le caratteristiche di ogni piedino potrebbero essere identiche.
Questo significa che se usati nel modo giusto, i magneti potrebbero essere davvero un buon sistema di isolamento? Purtroppo no, proprio a causa della seconda scoperta che avevamo fatto da bambini. Non soltanto la forza necessaria per avvicinare i magneti aumenta rapidamente man mano che la distanza reciproca diminuisce, ma aumenta considerevolmente anche la loro tendenza a sfuggire lateralmente. Sappiamo tutti che con magneti molto potenti, farli toccare è impossibile, per il semplice fatto che non ci si può opporre a quella loro tendenza a scappare di lato.
Ne consegue che se si desidera usare i magneti come molle, occorrerà avere una qualche struttura che li costringa a rimanere allineati, e non appena questi raggiungeranno una distanza molto ridotta, la struttura subirà un considerevole carico laterale, direttamente proporzionale alla repulsione totale data dai magneti.
Se diamo a questa struttura di tenuta la forma di un tubo o di un anello che scorra in un altro (che in effetti è proprio il caso dei piedini del Signature e del suo volano), se si avvicinano i magneti le forze che agiranno sulle pareti del tubo si incrementeranno, e con esse l'effetto di frizione tra le pareti medesime. Questo effetto è proprio il motivo per cui non vedrete mai dei magneti usati al posto delle molle nelle sospensioni delle auto. Infatti più si riduce la distanza tra i magneti, maggiore sarà la resistenza causata dalla forza laterale nella struttura di supporto, che tenderebbe quindi a “bloccare” l'intero sistema. Come in qualunque altro sistema di isolamento, se si usano questi magneti in un giradischi e li si sottopone ad un carico, la resistenza tra le pareti della struttura si incrementa, e così come questo renderebbe la risposta di una molla sussultante, implica anche un contatto molto forte tra le varie parti della struttura di supporto dei magneti, il che vuol dire trasmissione istantanea di vibrazioni. Invece di avere un “cuscino magico di forza”, vi ritrovate una struttura essenzialmente bloccata in una data posizione. Certo, sarà sempre possibile comprimere ulteriormente i magneti, come nel caso dei piedini del Signature 12, ma l'insieme non sarebbe molto più morbido che se aveste usato del semplice sorbotano, ne potrà fornire un analogo effetto di isolamento.
Per essere corretto nei confronti della Pro-Ject, do per scontato che abbiano provato sia la configurazione a tre che quella a quattro piedini, così come l'isolamento con sorbotano o con molle, prima di decidere per questa soluzione, e che alla fine abbiano scelto quella che suonava meglio. Se questo è vero, vuol dire che i piedini magnetici funzionano bene nonostante le loro complicazioni intrinseche, piuttosto che a causa di esse, ma questa è l'arte misteriosa del mondo del vinile...
Purtroppo, lo stesso non si può dire per lo strano disegno del volano. Secondo me si tratta semplicemente di una mediocre progettazione. Appena l'ho visto, ho pensato: “oh-oh!”, ed in seguito i miei timori si sono rivelati fondati.
Il volano infatti, è strutturato in due parti distinte. La prima è quella interna, innestata su un robusto cuscinetto (uguale a quello del piatto), che prende il movimento dai due motori. Poggiata sopra a questa come una sorta di coppa, c'è la parte esterna, che supporta la puleggia per il movimento del piatto. All'interno di questa “coppa” e sopra alla parte interna, ci sono i magneti. L'idea è che la parte esterna “fluttui” su quella interna, isolando in tal modo il piatto dal motore. Ma secondo me si tratta di un'idea priva di senso. Prima di tutto il magnete sarà esposto allo stesso tipo di spinta laterale di cui abbiamo parlato prima, per cui la “coppa” tenderà ad andare da una parte o dall'altra, e rimarrà essenzialmente bloccata in una sola posizione, con ogni movimento verticale che determina un aumento della frizione reciproca tra le due pareti. Ma anche senza considerare questo effetto, la trazione della cinghia del piatto è applicata alla parte superiore, per cui tenderà a tirare la coppa da un lato, in modo tale da farla entrare in un contatto molto stretto con il volano interno (N.B. vanificando completamente l'isolamento). Ma la cosa peggiore è che l'intera struttura deve ruotare e quindi la parte esterna ondeggerà continuamente su quella interna con il movimento rotatorio della trazione. Dato lo spazio che intercorre tra il volano interno e quello esterno, ciò comporta inevitabilmente l'insorgere di rumore, o almeno così si è dimostrato in questo caso. Questo sistema di trasmissione del moto ha prodotto un ticchettio continuo, chiaramente udibile anche a tre metri di distanza! Un simile disegno non garantirà mai alcun isolamento, e non potrà che incrementare il rumore. Deve essere ripensato. Punto e basta.
La buona notizia è che il rimedio è molto facile:-) La soluzione consiste semplicemente nel bloccare insieme le due parti del volano. Se questo giradischi fosse stato mio, sarei stato estremamente tentato di riempire la “coppa” con del piombo, o al limite con qualcosa tipo plastilina, affinché la parte esterna fosse posizionata alla giusta altezza. Siccome qualunque modifica avrebbe dovuto essere reversibile, alla fine sono ricorso al metodo che potete vedere nelle fotografie, e che chiunque potrebbe provare senza temere di far danni. Prendete del semplice nastro di Teflon (che si trova in qualunque negozio di DIY ben fornito), e posizionatene quattro strisce come nelle foto. A questo punto premete la coppa sopra la parte interna, infilando in tal modo il nastro nello spazio tra le due parti (il che dimostra anche quanto spazio ci sia in realtà...). Ci vogliono appena due minuti per completare l'operazione. Il risultato è una struttura ben salda, ed il rumore di trascinamento del volano scomparirà completamente.
Il sistema di trazione -
Dato che la modifica al volano aveva funzionato perfettamente, ho potuto concentrarmi sul resto del sistema di trazione. Tale sistema ricorda tra gli altri, quello usato su alcuni giradischi VPI, con due motori che pilotano un volano che a sua volta trasmette il movimento al piatto. Il motore posteriore è montato un po' più in alto rispetto a quello anteriore, per cui la corsa delle due cinghie di trasmissione verso la puleggia non si interseca. Però mi ha un po' sorpreso che l'altezza del motore fosse in entrambi i casi inferiore a quella della relativa puleggia. Il risultato è che le cinghie scorrono leggermente spostate verso l'alto, il che dovrebbe dargli un po' di gioco, ma producendo teoricamente più rumore. Se questo sia un errore di progettazione o una scelta deliberata, non sono però in grado di dirlo.
Avendo due motori, il piatto raggiunge la velocità operativa piuttosto rapidamente, e dopo circa 15 secondi il touch screen mostrava già il valore di 33.3 RPM. Sarebbe bello se questa fosse la velocità di rotazione del piatto, misurata in qualche modo, ma di fatto si tratta ovviamente solo di una stima fornita dopo un dato periodo di tempo, visto che viene mostrata anche quando le cinghie sono scollegate;-) Con il touch screen ed il disco stroboscopico fornito in dotazione potrete effettivamente determinare la velocità esatta, ma la cosa strana è che se sarete costretti a correggerla, la lettura mostrerà una velocità “corretta” rispetto alla stima, per cui ad esempio verrà visualizzato il valore di 34.2 RPM anche se il piatto sta girando a 33.33 RPM! Ciò detto, in effetti la velocità era proprio di 33.3 RPM, per cui non è stato necessario regolarla in alcun modo.
In assenza del volano “ticchettante”, il rumore dei motori è appena percepibile. Non si tratta di un giradischi assolutamente silenzioso come quelli di Feickert ad esempio, tuttavia in questo caso non posso criticare in alcun modo il progetto, perché a prescindere dal volume non ho mai udito alcun disturbo provenire dai motori. E questo è un risultato eccellente che solo pochi giradischi possono vantare, ed è in ogni modo paragonabile a quello dei giradischi di Feickert.
Il sistema di guida eccelle anche per altri versi. Ho potuto misurare valori di wow-e-flutter che oscillano tra lo 0.02 e lo 0.01%, il che è un risultato assolutamente fantastico, al limite della capacità di misurazione dei miei strumenti e comunque il migliore che abbia mai misurato nel mio sistema. E questo risultato è, almeno parzialmente, alla base di quello che ho potuto sentire dopo.
Quindi ci troviamo di fronte ad un sistema di trazione tecnicamente imperfetto, che però funziona in modo perfetto...;-)
Il Plinth ed il piatto -
Come già detto, il plinth sembra essere fatto in MDF opportunamente sagomato per accogliere le varie componenti, ma il cuore del giradischi è il massiccio sotto-telaio in lega metallica con l'alloggiamento per il braccio in rilievo. Lasciando il sotto-telaio vincolato alle viti di sicurezza per il trasporto, tamburellandoci con le nocche il plinth risulta essere estremamente microfonico, ma con le sospensioni libere al disco non viene trasmessa quasi nessuna vibrazione. Quindi si può dire che il sistema di isolamento funziona bene. Il risultato è di gran lunga migliore di quello dei giradischi Opera ed AS che ho avuto per le mani, ma devo dire che il Feickert Blackbird raggiunge facilmente risultati analoghi, nonostante abbia un plinth di fattura ben più semplice.
Il cuscinetto principale, forse grazie al supporto dei magneti, ha evidenziato un livello di attrito estremamente basso, tanto che mi sono persino annoiato ad aspettare oltre un minuto che il piatto, svincolato dalla cinghia, si fermasse completamente. Così come per il sistema di trazione, anche il cuscinetto del piatto risulta totalmente silenzioso al livello del disco.
Il giradischi viene fornito con un clamp in lega che vi si intona magnificamente, interessante perché nascosto al suo interno c'è un piccolo spinotto di plastica dotato di una molla, che allevia il clamp stesso di una parte del peso. Un così minuscolo dettaglio mi ha fatto diventare matto, cercando di immaginare a cosa diavolo potesse servire. Deve solo garantire una morbida sensazione di qualità quando si inserisce? Serve a ridurre il peso che grava sul disco? E se è così, per quale motivo non usare un clamp più leggero? E poi naturalmente, lo spessore del disco avrebbe un effetto sul peso del clamp;-) Comunque, se è stato fatto in questo modo, c'è evidentemente un motivo, e dovrà pur servire a qualcosa...
Pannello di controllo -
I miei ragazzi ed i loro amici se ne sono innamorati (tarda adolescenza, ormai prossima ai 20 anni!). Infatti è parte integrante della dicotomia retró/hi-tech, che sta alla base del progetto; Non a caso io l'ho odiato sin dal primo momento;-) Prima di tutto è posizionato proprio sotto alla testina, così che basta la minima disattenzione e vi ritroverete in un attimo il cantilever che salta via dalla vostra costosissima testina MC high-end. Questo è il motivo principale per cui non vi ho montato la DRT-1t... In secondo luogo non capisco l'utilità di uno schermo che mostri ancora la velocità o la parola “STOP” quando il giradischi è fermo, o che quando lo premete vi dice la data e l'ora. Inoltre sono estremamente sospettoso nei confronti di qualunque orpello che potrebbe rompersi e lasciarvi con un danno da 10.000 euro. A me bastano solo tre interruttori o tre pulsanti di alta qualità: ON/OFF, 33.3 e 45.0, forse con qualche regolazione fine della velocità. Ci sono troppi giradischi che mancano questo semplice obiettivo: i Feickert hanno tre orribili pulsanti di gomma, gli AS hanno l'interruttore che vi costringe ad allungarvi dietro al giradischi per azionarlo, e lo stesso vale per gli Opera. Per ironia della sorte, il Signature 10, essendo più piccolo del 12, non ha alcun touch pad ma proprio il tipo di layout che desidero io!
I miei ragazzi dicono che ho torto, che lo schermo durerà per sempre ed ha un aspetto decisamente attraente. Ma io compirò 55 anni l'anno prossimo, e talvolta me li sento tutti...
Il braccio -
E visto che stiamo parlando di roba in grado di catturare lo sguardo, particolarmente per il suo aspetto retró, il braccio è probabilmente uno dei più belli mai costruiti. Il livello di finitura, come del resto per tutto il giradischi, è al di sopra di ogni possibile critica. Inoltre gode del vantaggio di essere montato su un giradischi espressamente progettato per accoglierlo. Non c'è alcun modo di usare un altro braccio su questo giradischi, e parimenti non potrete mai montare questo braccio su un altro giradischi. Questa integrazione comporta degli evidenti benefici, dal momento che i due elementi possono armonizzarsi alla perfezione non solo esteticamente, ma anche dal punto di vista meccanico, fisico e sonoro. Tanto per cominciare, si può accordare perfettamente la cedevolezza delle sospensioni con il peso del braccio, e via di questo passo. Si tratta di accortezze che non si vedono molto spesso nei giradischi... La controindicazione è che la combinazione deve necessariamente essere eccellente, perché se il braccio si rivela un punto debole, non avrete alcuna possibilità di cambiarlo.
Tutti i giradischi Pro-Ject, ad eccezione di quelli più economici, montano un braccio dritto con una canna rastremata in fibra di carbonio. Le versioni migliori hanno cuscinetti più sofisticati, simili a quelli dei bracci Rega, ed è disponibile anche un braccio da 12”. Curiosamente se ne vede uno ritratto in una immagine pubblicitaria, montato proprio sul Signature. Questi bracci sono dei convenzionali bracci cardanici, con una geometria molto classica ed una distribuzione delle masse corretta, e seguono la prassi più consolidata. Ma il braccio Signature 12 va in tutt'altra direzione. Infatti, nonostante l'aspetto da braccio “milionario”, se ne infischia totalmente delle convinzioni più diffuse, e non sembra neanche lontanamente parente dei bracci Pro-Ject meno costosi. La domanda nasce quindi spontanea: “per quale motivo la Pro-Ject, visto che già produce un braccio convenzionale di alta qualità e ben accolto dal mercato, deve complicarsi la vita con un braccio di concezione totalmente nuova per il proprio giradischi di riferimento”?
Questo braccio è talmente inusuale che non so bene da dove cominciare, per cui inizierei con la scelta progettuale che balza subito agli occhi, e che ha dalle ricadute importantissime: l'attacco per il porta-testina in standard SME.
Una simile affermazione potrebbe sembrare eccessiva, ma in realtà non è così... Il porta-testina SME, meglio noto come porta-testina “Universale”, fu sviluppato dalla SME negli anni '60 e fu in seguito adottato da molti altri produttori di bracci di alto livello. Questo tipo di connessione consiste in un collarino filettato, ed un porta-testina che si innesta all'estremità del braccio mediante una guida che fa presa su quel collarino, che infine viene serrato ruotandolo. Si tratta di una soluzione brillante, che consente di cambiare rapidamente le testine minimizzando i rischi e senza compromettere l'allineamento laterale o il VTF. Ci sono un'infinità di tipologie di porta-testina in circolazione, che differiscono per massa e materiale di costruzione, dall'Ebano all'Alluminio o al Magnesio. Perciò questo sistema, che è ampiamente compatibile, era (e sottolineo “era”) lo standard accettato, tanto che alcune testine venivano persino costruite direttamente incapsulate in speciali porta-testina di tipo SME. La più degna di nota tra queste era la Ortofon SPU, che molti considerano tuttora un riferimento assoluto. Ma al giorno d'oggi, questo standard viene usato solamente da pochi bracci di alto livello. Tra quelli che mi vengono subito in mente, potrei citare i bracci della Ortofon, che per molti versi ricordano proprio il Sig 12, e naturalmente il Dynavector 507, caratterizzato da un disegno talmente strano da non poter essere comparato con nessun altro braccio;-)
I motivi per cui il montaggio SME è caduto in disgrazia sono essenzialmente tre. Prima di tutto comporta un aumento di peso del porta-testina all'estremità del braccio, e qualunque peso aggiunto in quella posizione ha inevitabilmente un effetto diretto sulla massa effettiva (EM). Un grammo aggiunto al porta-testina equivale ad un grammo in più che grava sulla EM, e per compensarlo dovrete toglierne molti dalla canna del braccio. La conseguenza sarà una canna meno rigida.
La seconda ragione è che questo tipo di montaggio implica un ulteriore punto di giunzione nel braccio, il che compromette inevitabilmente la rigidità. Naturalmente qualunque giunzione è potenzialmente una fonte di rumore di per se (essenzialmente “tintinnando” a livello microscopico), oltre a influire sulla propagazione del suono e sulle risonanze all'interno della canna, così come anche nel collarino filettato.
Infine, non solo si introduce un contatto a pressione lungo il percorso del segnale (che si ha quando due contatti sono semplicemente premuti insieme) nel punto di giunzione, ma sarete anche costretti ad usare dei connettori per la testina, cioè due ulteriori punti di contatto, uno a pressione ed uno saldato, e ancora un'altra saldatura sul percorso del segnale all'interno della canna, che serve a portare il cavo dall'estremità del braccio fino alla connessione. Per mettere le cose nella giusta prospettiva, un braccio che faccia uso di un cablaggio ininterrotto dalla testina fino ai connettori phono (ad esempio l'Audiomods, oppure il SAT), avrà due soli punti di contatto a pressione (i connettori della testina ed i connettori phono), e due saldati per ciascun cavo (come sopra). Quindi un porta-testina in standard SME nella migliore delle ipotesi raddoppia questi punti di contatto. Di fatto l'utilizzo di un connettore all'estremità del braccio e di un connettore di tipo DIN per il cablaggio interno alla canna, significa che il Signature 12 ha almeno 6 punti di contatto a pressione ed 8 saldati per ciascun cavo di segnale. Non è pensabile che questo possa migliorare la qualità del segnale; al massimo potrebbe non avere alcun impatto sensibile, ma non sono in molti a pensarla così...
Questi sono i motivi più conosciuti che sconsigliano l'utilizzo di un porta-testine di tipo SME, ma ce n'è uno meno noto che tuttavia ha un effetto non trascurabile sulla geometria del braccio.
Mi riferisco al fatto che la giunzione del porta-testina è sempre angolata correttamente rispetto alla canna del braccio. Sappiamo tutti che la testina deve essere montata con una data angolazione (nota come “offset”) rispetto all'asse stilo/pivot e di fatto nessun porta-testina di tipo SME lo consente, proprio perché lo standard SME prevede che piuttosto che essere regolato direttamente, l'offset sarà fornito dalla conformazione a “J” o ad “S” del braccio. Per questo motivo il porta-testina non necessita di essere angolato di per se. Ed ecco spiegato anche perché il braccio Signature 12 ha un aspetto così vecchio stile, cioè perché deve necessariamente avere un braccio ricurvo, proprio come i bracci degli anni '60 e '70 basati sullo standard SME.
OK, e allora dov'è il problema? Il fatto è che la curvatura della canna compromette istantaneamente le geometria e la corretta distribuzione delle masse nel braccio, ed il Signature 12 ne è un tipico esempio.
Osservate l'immagine della canna del braccio Signature 12 allineata col bordo di un figlio di carta, usato come linea di riferimento. Quel bordo si trova esattamente lungo l'asse centrale tra il centro del contrappeso ed il pivot. Idealmente (come incidentalmente accade in tutti gli altri bracci della Pro-Ject) lo stilo, il pivot ed il centro del contrappeso dovrebbero essere perfettamente allineati. Ma se lo stilo si trova spostato da un lato, qualunque variazione della forza verticale avrà anche una componente di torsione che agirà sulla canna e sul cuscinetto del braccio. Adesso tracciate una linea immaginaria tra la posizione dello stilo ed il pivot. Riuscite a vedere cosa succede? Tutta la massa della canna del braccio si trova ora ad un lato di quella linea, gravando in modo non uniforme sul cuscinetto. Certo, il contrappeso si trova dalla parte opposta e potrebbe bilanciare in qualche modo questo disallineamento, ma è estremamente improbabile che lo faccia in modo perfetto, visto che solo gli autentici unipivot hanno un vero e proprio punto di equilibrio, e comunque anche se fosse bilanciato in modo perfetto, la dinamica tenderebbe sempre ad avere un momento torcente.
Quanto questi errori possano influire (e sicuramente influiscono) sulla qualità del suono è una questione dibattuta, e che in una certa misura dipende anche dal disegno dei cuscinetti. Ad esempio, gli unipivot si accordano malissimo con una simile architettura, perché tenderebbero ad oscillare! Ma in generale, avere un braccio che tende continuamente a inclinarsi da un lato non è l'ideale per nessun tipo di cuscinetto, e lo strano tipo di cuscinetto del Signature 12 non fa eccezione, come vedremo più avanti.
Ma se tutto questo è ormai così largamente accettato, per quale motivo quelli della Pro-Ject hanno optato per un montaggio di tipo SME, facendosi carico di tutti i compromessi che questo comporta?
1 – Forse dopo innumerevoli prove (in fin dei conti, come ho precedentemente ricordato, la Pro-Ject produce già un braccio da 12” perfettamente conforme alle teorie più consolidate e ben accolto dal mercato), hanno compreso che la prassi più consolidata o non è tanto vera, o più probabilmente non è poi così influente per la qualità del suono a questi livelli
2 – C'è qualcosa di estremamente gratificante per l'occhio nell'aspetto retró di un bel braccio incurvato;-)
3 – La semplicità nelle regolazioni e la facilità di sostituzione della testina sono molto importanti per la loro clientela di riferimento, cioè quegli audiofili benestanti che hanno a cuore la comodità tanto quanto la qualità del suono, il che spiegherebbe anche perché potrebbero desiderare un sistema completo preconfezionato come il Signature 12, piuttosto che mettersi a cercare separatamente braccio e giradischi.
4 – Stanti i loro legami con la Ortofon, volevano permettere ai clienti di montare le classiche testine SPU. Non a caso questa era una delle testine che la Pro-Ject mi aveva consigliato per effettuare il test. Comunque questo è certamente il motivo per cui i bracci Ortofon continuano a mantenere il sistema di aggancio di tipo SME. Personalmente non ho mai avuto un braccio Ortofon qui in prova, ma mi domando se non possa esserci qualcosa di più che un semplice scambio di competenze tra le due aziende.
La mia opinione è che qui siamo di fronte ad un mix di tutti e quattro i motivi, similmente a quanto capita di solito nell'Hi-Fi. La Pro-Ject non è arrivata dove si trova senza sapere come costruire un buon sistema completo, e che questo possa contrastare con la mia visione purista delle cose non ha alcuna importanza...
Il cuscinetto del braccio -
E questo ci porta al successivo aspetto controverso del progetto: il cuscinetto del braccio... Questo è quello che io chiamo un unipivot “vincolato”. In un normale unipivot di norma il cuscinetto è costituito da una sporgenza che combacia con una concavità nella parte superiore del braccio. Fin qui tutto bene. Un simile disegno normalmente sarebbe incompatibile con la geometria di questo braccio, ma se date uno sguardo alla faccia inferiore della parte del braccio coincidente con il pivot, potrete vedere che invece dell'apertura circolare che sarebbe lecito attendersi (e che permetterebbe il movimento in tutte le direzioni), c'è un alloggiamento che consente solo le rotazioni intorno all'asse trasversale e a quello verticale. Qualunque rotazione lungo l'asse longitudinale è “vincolata” dalle pareti dell'alloggiamento stesso.
Lasciatemi dire che un simile disegno non incontra il mio favore. Affinchè funzioni bene, l'alloggiamento dovrebbe aderire perfettamente al fusto del cuscinetto. Se ci fosse anche un minimo gioco tra le due parti, il braccio ondeggerebbe da una parte all'altra (ancora una volta, a maggior ragione con la geometria adottata) e “tintinnerebbe” contro le pareti del fusto del cuscinetto. Oltretutto il fusto stesso sembra essere di acciaio, mentre le pareti dell'alloggiamento nel braccio sono di alluminio, quindi stiamo parlando di un contatto diretto metallo contro metallo. Il risultato è che se lo spazio tra le parti fosse molto ridotto, si avrebbe uno sfregamento metallo contro metallo tutte le volte che la testina va su o giù. Non conosco alcun altro braccio che usi qualcosa di anche lontanamente simile, per la semplice ragione che in questo caso sarebbe necessario avere un'articolazione appropriata, come un cuscinetto a sfera, un bordo a lama, delle punte o qualcosa del genere. Affidarsi ad un pezzo di metallo che sfrega contro un altro, appare quantomeno bizzarro. Oltretutto, visto che non c'è modo di sapere se il braccio sia bilanciato lateralmente o no, sembra naturale dedurre che il cuscinetto sfregherà prevalentemente contro una sola parete laterale del suo alloggiamento. Quel fusto appare rivestito di un qualche materiale di colore nero. Al giorno d'oggi sono molti i rivestimenti “high-tech” disponibili, come il DLC (“Diamond Like Coating”) giusto per citarne uno, che vantano livelli di attrito molto bassi e sono al contempo molto duri, ma sospetto che in questo caso si tratti invece di Teflon, visto che in quel punto il rivestimento appariva già molto consumato (guardate la fotografia qui sotto).
Quando mi sono messo a fare le regolazioni del braccio, ho anche provato a bilanciarlo per farlo rimanere in perfetto equilibrio, allo scopo di verificare la funzionalità del cuscinetto con il VTF azzerato. Ma il risultato è stato che muovendolo, il braccio, anziché “fluttuare”, tendeva a rimanere nella posizione dove veniva spostato sul piano verticale. La situazione non è cambiata neanche aumentando il VTF (di una entità ovviamente non misurabile), ruotando leggermente il contrappeso. Questo dimostra che, come sospettavo, questo cuscinetto ha un notevole livello di attrito, e ciò produrrà inevitabilmente del rumore ed influirà sulla libertà di movimento della testina.
Quando dico che “non conosco alcun altro braccio che usi qualcosa di anche lontanamente simile”, non ho considerato che in realtà in passato ho avuto un braccio, attualmente fuori produzione, che usava efficacemente un cuscinetto quasi identico. Ma è proprio quel “quasi” che fa la differenza. Si trattava dell'Audiomeca Romeo. Anche quel braccio era un unipivot “vincolato”, ma con un piccolo dettaglio che lo faceva funzionare magnificamente.
Sul Romeo l'alloggiamento era molto più largo del diametro del fusto del cuscinetto, ed il braccio stesso era un unipivot puro. Come dovrebbe essere per ogni unipivot, aveva un contrappeso laterale che bilanciava il braccio sul piano orizzontale. Ma per quelli che non gradivano la libertà di oscillazione tipica di un unipivot, era previsto anche un piccolo manicotto in Delrin, che doveva essere posizionato sopra al fusto del cuscinetto. Questo manicotto aveva esattamente lo stesso diametro dell'alloggiamento, per cui a quel punto l'articolazione ricalcava esattamente quella del braccio Signature 12, tranne che il cuscinetto in metallo, in particolare l'alloggiamento nel braccio, combaciava con il Delrin (che ha un livello di attrito molto basso), e l'insieme era quindi molto più silenzioso. Ma altrettanto importante, dal momento che il braccio era stato già perfettamente bilanciato come ogni vero unipivot, sul manicotto non gravava alcuna forza una volta che lo stilo atterrava sul disco; fungeva semplicemente come un “fermo” quando necessario, e non c'era quindi alcun bisogno che fosse così aderente, per cui non si usurava affatto e non produceva rumore. l'Audiomeca raccomandava di eliminare il fermo per ottenere la massima fedeltà, ma le differenze erano davvero marginali.
Installazione del braccio -Tra gli aspetti positivi, debbo dire che l'installazione del braccio è un vero piacere. La base del braccio non ha ovviamente alcun bisogno di un innesto tradizionale, ma ha invece una slitta piuttosto simile a quella dello SME V, che permette spostamenti facili e molto accurati sia in avanti che all'indietro. Il supporto per il contrappeso ha una filettatura su cui si avvita al contrappeso stesso, che può pertanto essere facilmente regolato e quindi bloccato con una apposita vite a testa sporgente. Il contrappeso inoltre, è articolato in due parti, con la possibilità di scegliere diverse zavorre da inserire in un apposito foro e che vi consentono di posizionarlo proprio accanto all'articolazione, in modo da ridurre la EM. Il contrappeso è inoltre imperniato nella parte alta, e può quindi essere ruotato: su un unipivot questo vi permetterebbe di bilanciare il braccio lateralmente, ma sfortunatamente nel Signature 12 serve soltanto a caricare maggiormente un lato del cuscinetto rispetto all'altro, e non c'è alcun modo di sapere quale debba essere tra i due. Come se non bastasse, il supporto per il contrappeso sembra essere stato disaccoppiato grazie ad una certa cedevolezza del fusto, il che ancora una volta va contro il pensiero dominante e ricorda i progetti della Lenco e simili che si vedevano negli anni '60.
L'Anti-skate è ottenuto grazie ad un sistema molto ben fatto, composto da una puleggia e da una zavorra appesa ad un filo, sebbene in questo modo la zavorra tenda a tirare la faccia inferiore della sommità del braccio, quindi ben al di sotto dell'unipivot, cosa che avrà l'effetto di tirare il braccio da uno dei due lati dell'alloggiamento. Se il filo fosse stato agganciato all'altezza del pivot, non ci sarebbe stato nemmeno questo inconveniente.
L'altezza del braccio è regolabile tramite un anello filettato, dopo aver preventivamente allentato due viti a testa sporgente. Questo sistema permette di regolare l'altezza del braccio anche durante la riproduzione, per quelli che si dilettano in questo genere di cose, ed una volta bloccato è decisamente meno ballerino di altri bracci con simili regolazioni, anche se occorre dire che manca una scala micrometrica di riferimento.
Questo giradischi viene fornito con tutta una serie di accessori per le varie regolazioni, una bilancina per misurare la forza di tracciamento, dime e persino uno splendido strumento per allineare la testina (il Pro-Ject Align-it, simile al Feickert Protractor). Inutile dire che tutti questi accessori sono davvero molto graditi.
L'azimut potrebbe essere regolato addirittura in due modi diversi: infatti il porta-testina fornito in dotazione ha un collarino integrato ed è dotato di una regolazione a vite che permette di ruotare la testina, cosa che ovviamente compromette ulteriormente la rigidità e la EM. Questa regolazione in realtà si è rivelata utile, perché nell'esemplare in prova (cosa piuttosto normale in un giradischi pesantemente usato per prove e recensioni) l'innesto di tipo SME era disallineato, quindi ho dovuto applicare una correzione angolare al porta-testina affinché fosse effettivamente perpendicolare. Sfortunatamente questo mi ha impedito di utilizzare gli altri miei porta-testina, cosa che mi avrebbe permesso di fare varie prove modificando l'EM, oltre a sostituire rapidamente la testina.
Inoltre all'estremità della canna del braccio c'è un'altra vite sporgente che svincola tutta la canna del braccio, che a quel punto può essere ruotata modificando l'azimut. Insomma, sembra quasi che il progettista abbia stabilito che la rigidità non sia un parametro per cui valga la pena di dannarsi l'anima! Interessante...
Le specifiche collocano la EM del braccio a 19.5 gr, che è un valore notevole per un braccio moderno (il V12 arriva a 12 gr), ma credibile considerando la costruzione, e comunque è proprio quello che ci vuole per testine vintage come la SPU. Le testine raccomandate dovrebbero pesare tra i 4 ed i 10 gr, cosa che escluderebbe proprio quel tipo di testine (la SPU pesa 30 grammi!), e molte altre testine high-end come ad esempio la mia DRT-1t, e posso solo pensare che si tratti di un errore nelle specifiche.
Per questa recensione ho usato principalmente una Ortofon x5 (4 grammi) ed una Dynavector 20x2 (9.5 grammi), con le quali in entrambi casi la risonanza del sistema braccio/testina sta nel range 9-12 Hz, il che sembra contraddire il valore dell'EM. Infatti non ho avuto alcun problema ma piuttosto il contrario, come vedremo...
Per cominciare, mi congratulo con i lettori che mi hanno seguito fino a questo punto;-)
Dopo aver speso un bel po' di parole per criticare vari aspetti del progetto, alcuni dei quali piuttosto sconcertanti a mio avviso, adesso devo rimangiarmi la lingua perché alla prova dei fatti, il Signature 12 è stato quasi sul punto di non andarsene più dalla mia sala d'ascolto...
Ho iniziato i miei test d'ascolto con la testina Ortofon. Si tratta di una MC piuttosto economica ma sufficientemente buona per ricavare una impressione generale del sistema, e sin dal momento in cui la puntina ha toccato il primo solco ho iniziato a sorridere ;-) Volete saperne il motivo? Questo giradischi, un autentico prodotto del 2014, laccato e con tanto di touch screen, mi ha immediatamente riportato indietro alla mia prima esperienza con un giradischi di qualità oltre 30 anni fa: il Linn LP12 ;-) So bene che per alcuni di voi (Pro-ject inclusa) questo potrebbe non essere affatto un complimento, ma datemi ancora un po' di fiducia. La cosa che un buon LP12 sa fare veramente bene è farvi divertire con la musica. Mette allegria, riproduce perfettamente le melodie, non perde mai il ritmo e fa battere il piede a terra... Ecco, il Signature fa esattamente le stesse cose, ma elevate al cubo.
Talvolta quando recensisco qualche nuovo componente, mi capita di pensare: “quel dettaglio non lo avevo mai sentito prima”, oppure: “wow! che sound-stage tridimensionale”. Tutto fantastico, peccato che dopo un'ora inizio ad annoiarmi. Ma il Signature è stato capace di tirare fuori, con assoluta naturalezza, una dinamica prosperosa, potente e trascinante, piena di colori e allegria. Ero interdetto. Dopo 15 anni di recensioni spesso corro seriamente il rischio di disamorarmi di questo mondo, ma il Signature è uno di quei componenti che mi fanno ricordare quale sia il vero motivo per cui ascolto musica: non è un mero esercizio intellettuale, ma si tratta di qualcosa che può veramente cambiare il vostro umore, darvi emozioni, farvi sparpagliare le copertine dei dischi sul pavimento, e tutto questo solo con una testina che costa più o meno come 5 album nuovi...
A quel punto mi era davvero venuta voglia di vedere cosa avrebbe potuto fare una testina di livello adeguato, e visto che avevo deciso che non avrei mai usato la mia Dynavector DRT per paura di danneggiarla, ho contattato quelli della Dynavector e li ho pregati di aiutarmi. Una settimana più tardi la Dynavector 20X2/L veniva depositata nella mia cassetta postale, e questa testina, a parte il fatto di non essere rifinita in qualche scintillante lega metallica, si è dimostrata un partner perfetto per il Signature.
Nei due mesi successivi ho trascorso più tempo ascoltando vinile di quanto non abbia fatto da un bel po'. Questo giradischi ha riacceso il mio entusiasmo per la musica in generale, ed al contempo mi ha spinto ad ascoltare anche gli altri miei giradischi. Una volta esauritasi l'euforia iniziale per il nuovo suono, era necessario rimettere le cose nella giusta prospettiva, e questa era davvero una bella sfida per me. Quindi adesso cercherò in modo più sobrio e distaccato, di descrivere tutto quello che il Signature può e soprattutto quello che non può fare, e perché questo sia così importante.
Dato il suo prezzo elevato, ho pensato che fosse corretto comparare il Signature direttamente con il mio giradischi preferito al momento, il Dr Feickert Blackbird. Queste due macchine hanno parecchio in comune. Entrambe provengono da aziende che godono di grande credito (sebbene la Pro-Ject sia molto più grande) e puntano ambedue alla stessa fascia di mercato. Il Blackbird viene venduto a circa 5000 Euro, ma senza alcun braccio in dotazione. Aggiungeteci uno SME V12 e sarete molto vicini al prezzo del Signature. Entrambi fanno uso di due motori, ed il Blackbird può montare un secondo braccio, oltre ad essere abbastanza versatile da poter usare quasi ogni braccio esistente al mondo, però nel contesto di un sistema completo pronto all'uso, questo non conta poi molto. Certo, non se per voi è importante avere due bracci, o poter usare bracci di altri produttori, o ancora poter giocare con tutte le regolazioni permesse dal Feickert, ma se il vostro intento è solo quello di riprodurre la musica, allora possono essere considerati concorrenti diretti.
Entrambi sono costruiti magnificamente, con lo SME V12 in particolare che conferisce al Blackbird un'apparenza molto tecnica, ma se consideriamo la purezza dell'aspetto ed il livello di finitura, il Signature è almeno allo stesso livello. Se volete solo impressionare i vostri amici (sempre che siano un po' ignoranti), o desiderate un'opera d'arte per aumentare il valore del vostro appartamento in centro, allora il Dr Feickert non va bene per voi.
Ma il Blackbird e lo SME presi insieme, si integrano talmente bene che sembrano essere stati fatti dalla stessa azienda. Il risultato è un qualcosa che potrebbe anche non colpirvi particolarmente di primo acchito, ma che diventerà un oggetto in grado di conservare inalterato il suo fascino nel corso degli anni. Ma oltre che dal punto di vista estetico, i due giradischi non potrebbero essere più distanti anche da quello sonoro ...
Vediamo adesso in quali aree il Signature batte il Blackbird. Alla base di una presentazione tanto divertente c'è il suo modo unico di rappresentare il basso. Disco dopo disco le linee di basso che venivano fuori amabili e gustose, e che di solito si trovavano là, adesso erano veramente LÀ! Non sto parlando di orrendi bassi da discoteca, o di quelli di una sola nota tipici dei boom-box (gli stereo portatili con altoparlanti integrati, noti anche come “ghetto blaster” - NdT), ed il caro vecchio LP12 qui aveva qualcosa da farsi perdonare. In questo caso il basso è straordinariamente veloce ed intonato, ed ogni sua nota dura tutto il tempo necessario ma senza eccedere in alcun modo. Ho cominciato ad ascoltare anche vecchi dischi che non facevo suonare ormai da anni, proprio per vedere la linea tracciata dai bassisti lungo i vari brani. I dischi che ascolto più di frequente e che ricordavo in un certo modo, adesso avevano delle linee di basso a cui non avevo mai dato il giusto peso. Ho letteralmente trascorso intere notti all'insegna del ritmo!...
Anche il Blackbird è in grado di estrapolare le stesse linee di basso, e naturalmente lo fa, ma non ve le porge nello stesso modo. In principio temevo che questo modo di presentare il basso mi sarebbe venuto a noia, però siccome non era affatto come i sussulti di un sub-woofer, ma piuttosto come balzare dritto al cuore della musica, in realtà non me ne sono mai stancato.
Dinamica imponente, straordinaria capacità di catturare l'attenzione, timing favoloso, attacchi grandiosi per le percussioni e per il basso. Ma niente di tutto questo era gonfio, eccessivo o in qualche modo “colorato”. La controindicazione è che con queste caratteristiche così in evidenza, il resto della presentazione diventa inevitabilmente meno eloquente. Non che manchi niente di importante, ma piuttosto è come se i cantanti, ed in particolare le voci femminili, fossero sospinti un po' indietro dal centro del palcoscenico mentre il bassista esibisce con orgoglio la sua opera. Visto che quella assoluta obiettività che traspare dal Blackbird è stata messa in ombra dal Signature, si ha l'impressione che il Blackbird vi mostri gli eventi da un punto di vista più intellettuale, forse più vicino alle intenzioni originali degli ingegneri del suono in studio, mentre il Signature ve ne dia una versione in technicolor, con tanto di fuochi d'artificio.
Questo vale anche per i rispettivi palcoscenici virtuali, con il Signature che appare grande, aperto ed estroverso, ed il Blackbird controllato, preciso e dettagliato. Il Signature non può eguagliare la profondità che produce la combinazione Blackbird/SME, e nemmeno la sua precisione nella collocazione spaziale degli strumenti, così come il Blackbird non riesce ad evocare la sensazione di essere in prima fila ad un concerto degli UB 40, prossimi alla soglia del dolore.
Questa dovrebbe essere una recensione del giradischi di riferimento della Pro-Ject, ed infatti mi sento un po' in colpa di averla trasformata in una sorta di confronto testa a testa con il Blackbird, ma c'è anche un altro motivo. Sapete benissimo che il Blackbird ha avuto sempre ottime ed unanimi recensioni. Nel mio sistema è il miglior giradischi che io abbia mai sentito (e ne ho sentiti parecchi, date un'occhiata alle recensioni su TNT), ma raggiunge quel livello di eccellenza perché riesce a fare meglio degli altri giradischi un po' in tutte le aree. Il livello di dettaglio, l'equilibrio, il palcoscenico sonoro, il controllo, la capacità di estrapolare tutte le informazioni che erano sul nastro master, l'abilità di riprodurre anche il fraseggio più sottile e le armonie. Sono tutte cose che i costruttori di giradischi da sempre si sforzano di raggiungere ed al momento, limitatamente alla mia esperienza personale, il Blackbird si trova in cima alla lista.
Ma la Pro-Ject non ci prova nemmeno: il braccio ignora totalmente tutto quello su cui il resto del mondo concorda in merito alla progettazione di bracci di lettura, e nel modo in cui “interpreta” la musica per creare qualcosa di divertente, avvincente e viscerale, c'è qualcosa di straordinario. Il suo silenziosissimo sottofondo e la sua incredibile velocità, ovviamente aiutano moltissimo a raggiungere questo obiettivo.
L'unica cosa che gli si avvicini da questo punto di vista è proprio il Blackbird, quando equipaggiato con il braccio SAT, un moderno braccio in fibra di carbonio che rappresenta lo stato dell'arte, ma che costa circa il triplo del Blackbird ed in combinazione col Blackbird stesso viene a costare il doppio del Signature (anche se effettivamente si può considerare superiore sotto quasi tutti gli aspetti). Non riesco neanche a immaginare cosa potrebbe fare un simile braccio sul Signature: forse distruggerebbe tutta la magia, oppure mi farebbe davvero uscire di testa, ma ovviamente non lo scoprirò mai. E rimanendo nel campo delle ipotesi, se il braccio Signature 12 fosse un vero unipivot ed usasse una canna dritta, senza il montaggio di tipo SME, sarebbe migliore o peggiore?
In definitiva il Signature non si mette alla ricerca del dettaglio più infinitesimale. E non è che si sia investiti da una quantità di informazioni tale che i dettagli più minuti si perdano. Il fatto è che il basso e la dinamica sono così impressionanti proprio perché emergono da un solidissimo sottofondo di nero assoluto, lasciando una gran quantità di spazio perchè la ritmica abbia il giusto respiro, ed in tutto quello spazio alcune cose si smarriscono: false eco, linee sussurrate, quel piccolissimo tintinnio in sottofondo... La combinazione Blackbird/SME fa tutte quelle cose e vi farà ballare lo stesso, ma in cambio non vi farà accelerare il ritmo del battito cardiaco fino a quel punto.
Tutte queste considerazioni farebbero pensare che il Signature sia un giradischi adatto solo al rock e alla dance, ma in realtà non ne sono affatto sicuro. Nonostante alcune sottigliezze di “Time Out” o di “A Kind of Blue” (so che li avete) si perdano in questa presentazione, in definitiva alla base di tutto il Jazz c'è il ritmo e quindi entrambe, come anche altre registrazioni jazz, erano bellissime da ascoltare. La musica classica non si fonda sul timing nello stesso modo, ma lo fa invece sulla dinamica ed ancora una volta l'arretramento del dettaglio viene controbilanciato dalle dimensioni apparenti dell'orchestra.
Dove ha mostrato qualche debolezza era negli ensamble classici più piccoli, nella musica da camera, ed in qualche modo anche nella lirica, dove spesso mi è sembrato che i cantanti fossero troppo distanti, quasi dietro le quinte, anche se li potevo vedere lo stesso con l'immaginazione.
Mi scuso con quelli a cui piacerebbe avere una lista precisa di quale violino ho ascoltato ed in quale disco, ma questa non è una recensione di quel genere. Il Signature è talmente diverso dai suoi concorrenti nella concezione e nella realizzazione, che posso solo sperare di essere riuscito a trasmettervi in qualche modo cosa lo ha reso un'esperienza tanto importante per me, e cosa mi abbia fatto ricominciare ad esplorare di nuovo la musica. Visto che non è possibile separare il braccio dal giradischi, non posso sapere quale componente sia maggiormente responsabile per le cose buone e quale per quelle meno buone, ma questa è una caratteristica congenita alla sua natura. Per certi versi questo può essere frustrante, ma guardandola in una prospettiva un po' più “Zen”, non c'è niente che possa fare se non giudicare questo oggetto come un tutt'uno, e sono sicuro che questo è quello che farebbero anche i clienti.
Sebbene questo non sia un giradischi adatto a tutti, è comunque abbastanza versatile da non risultare ipercritico per la maggior parte dei sistemi, ed allo stesso modo non è un giradischi intellettuale come il Blackbird e la maggior parte dei concorrenti in questa fascia di prezzo. L'aggettivo “divertente” potrebbe sembrare piuttosto negativo per un giradischi di riferimento da 10,000 Euro, soprattutto avendo davanti l'immagine dei prodotti Pro-Ject di livello inferiore, con i loro plinth colorati. Ma la realtà è che questi giradischi non sono neanche lontanamente “divertenti” nel modo in cui lo è il Signature, e generalmente tendono ad essere solo una pallida ombra dei giradischi più costosi. È triste ma è la pura verità. 30 anni fa il Linn LP12 poteva essere considerato un giradischi di vertice, nonostante fosse meno versatile o accurato di altri giradischi, per la semplice ragione che era divertente da ascoltare. Il Signature parte dallo stesso presupposto iniziale, e lo espande all'ennesima potenza. Non voglio dare l'impressione che non sia capace di riprodurre i dettagli o il palcoscenico sonoro, oppure le voci femminili; al contrario, fa benissimo tutte queste cose e anche meglio di molte combinazioni fino a, diciamo, 5000 Euro. Però a 10,000 Euro, se questa fosse la sua caratteristica principale, si potrebbe dire che non tiene il passo dei concorrenti. Ma i suoi punti di forza sono altrove, e quei punti di forza lo sono talmente che dubito che la maggior parte dei clienti possa mai sentirsi defraudato di qualcosa.
Ecco, siamo arrivati ad oltre 7000 parole ed ancora non sono sicuro di aver catturato l'essenza di quel che rende il Signature 12 così speciale. Sarei tentato, nella mia visione maschilista/sessista di far ricorso alle solite metafore sulle auto o sulle donne. In fin dei conti è un giradischi bellissimo, chiassoso, estroverso, leggermente sovrabbondante ed anche un pochino pericoloso. Questo Signature potrebbe essere una Shelby Cobra, una Caterham, una F40. Potrebbe essere paragonato a Marilyn, a Madonna e in omaggio a Lucio, potrebbe essere Gina Lollobrigida...
Se lo avessi detto subito, mi sarei risparmiato un sacco di tempo...
*Qui debbo ringraziare la Dynavector per avermi fornito ancora una volta una testina adatta all'ultimo minuto!
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