On an Overgrown Pathé

[On an Overgrown Pathé]

Una storia ammonitrice

[English version here]

Autore: David Hoehl - TNT USA
Pubblicato: Giugno, 2019
Traduttore: Roberto Felletti

Ecco qua un veloce quiz popolare: qual è il formato che suona sempre meglio?

a) LP
b) CD
c) Bobine
d) Musicassette
e) 78 giri
f) Cilindri

Se avete risposto a, b, c, d, e, oppure f, siete pregati di andare a sedervi con la faccia al muro. Vi sbagliate! Se, tuttavia, avete risposto "dovrebbe essere (g), nessuna delle risposte proposte," allora avete vinto un premio! Sì, è una domanda a trabocchetto. Nessuna delle risposte proposte è corretta.

Mi affretto ad aggiungere, poiché vedo catrame e piume, olio bollente, forconi e torce avanzare in fretta verso di me, che il motivo sta nel fatto che registrazioni ben suonanti sono state pubblicate in ogni formato (va bene, forse non con l'otto piste!), e altrettanto è stato fatto con quelle mal suonanti. Tutti noi alla fine facciamo il tifo per i formati che preferiamo, però, se vogliamo essere del tutto sinceri, dobbiamo ammettere che solo perché un disco mal suonante è disponibile nel nostro formato preferito, non significa che di punto in bianco diventi un disco ben suonante. Similmente, una registrazione ben fatta non perde la sua qualità solo perché è stata pubblicata in un formato che non ci piace.

[Victor set DM 1216]Ieri sera ho avuto un'esperienza che è servita da utile promemoria di queste, talvolta, ignorate verità. Come faccio spesso, grazie per la vostra pazienza mentre inizio con qualche antefatto.

Occasionalmente acquisto dischi su Internet, da un negoziante con sede sulla costa opposta degli USA, e recentemente mi sono procurato da lui cinque cofanetti di 78 giri di musica classica risalenti a partire dal 1927, agli albori della registrazione elettrica, fino al 1947, subito prima che l'avvento dell'LP ponesse una rapida fine al predominio del formato, che durava da quasi cinquant'anni. Non ci soffermeremo sugli altri, almeno in questo articolo, ma uno sarà oggetto di discussione: l'ultimo cofanetto pubblicato di Claudio Arrau, allora all'inizio della sua illustre carriera, con la Chicago Symphony Orchestra diretta dall'estroverso Désiré Defauw (che quattro anni prima era subentrato alla direzione in seguito alla morte di Frederick Stock, che era stato a lungo in carica) nel Burleske per pianoforte e orchestra di Richard Strauss e nel Konzertstuck di Carl Maria von Weber. L'ho acquistato non solo perché pensavo che ascoltare qualcosa del primo Arrau sarebbe stato interessante, ma anche perché, in base alla mia esperienza, quelle ultime edizioni Victor del secondo dopoguerra talvolta offrono una qualità del suono e superfici che rappresentano il massimo in assoluto di quello che era stato ottenuto nell'era dei 78 giri.

Mi aspettavo grandi cose, quindi, dal suono di questo cofanetto. Ciononostante, è stato l'ultimo ad essere ascoltato e, come avrete intuito, ieri sera è stato il suo turno per un giro di prova iniziale. E come avrete anche intuito, le mie elevate aspettative soniche si sono rivelate infondate. Non importa quale combinazione di curva di registrazione, stilo e testina ci fosse, i dischi suonavano in maniera terribile; nebulosi, distorti, tonalmente smorti. Con le impostazioni di curva che mi sarei aspettato, erano anche piuttosto striduli e il pianoforte suonava tagliente, duro e a volte incassato.

[Ristampa Naxos]

Chi ha già letto altre mie riflessioni qui, senza dubbio si sarà fatto la solida impressione che a me piaccia difendere i 78 giri caratterizzati da un esagerato potenziale sonico sottostimato. Potete immaginare, quindi, la mia amara delusione quando sono stato incapace di ricavare un suono almeno tollerabile dal mio cofanetto di Arrau. Non resterete nemmeno sorpresi nello scoprire quali fossero i miei sospetti sulla possibile causa né del fatto che avessi perso poco tempo per ricercarla. Come previsto, l'avevo trovata: la Victor non ha pubblicato questi dischi nel loro originale formato "direct-to-disk". Invece li ha "doppiati", realizzando quello che noi collezionisti a volte chiamiamo "recut". L'operazione di "recut" dei lati era un dato di fatto nell'epoca dei 78 giri, prima del nastro, quando un lato poteva venire male durante il processo di produzione comportando un ritardo o la cancellazione di un intero cofanetto. Perciò, durante ogni sessione di registrazione veniva registrata una copia "di sicurezza" dalla quale si potevano prelevare delle parti da copiare nel caso in cui fosse successo qualcosa a uno o più lati. Oltre a togliere qualcosa dall'originale, la procedura dava vita a un prodotto dalla fedeltà limitata rispetto a quello che le testine dell'epoca potevano riprodurre. Solitamente, uno o al massimo due lati potevano essere sottoposti a "recut" e questo lo si nota, perché in confronto agli altri dischi del cofanetto quelli ritoccati suonano decisamente peggio. Tuttavia, il cofanetto di Arrau, apparentemente, non è un esempio di sostituzione di un lato andato perduto in fase di produzione; invece, ho dedotto che tutti i lati fossero stati sottoposti a "recut" - leggi: per aumentare la gamma alta e ridurre il basso. I risultati sono stati spaventosi.

Questi dischi sono stati ristampati su etichetta Naxos Historical, riversati da Mark Obert-Thorn, uno dei più rispettati professionisti nell'arte del riversamento di registrazioni storiche. Non possiedo i CD, ma ho ascoltato alcuni brevi estratti su www.chandos.net e devo fargli tanto di cappello per come è riuscito a prendere queste orecchie di scrofa e, con la forza di questi estratti, a trasformarle in borsette in pelle di maiale ben conciata al di là di ogni immaginazione. Indubbiamente, egli possiede capacità e apparecchiature molto più avanzate delle mie. Purtuttavia, anche con mani abili come le sue, un ascolto attento rivela che le registrazioni originali erano semplicemente scadenti. Questa è una constatazione dolorosa per un sostenitore dei 78 giri, ma al contempo è una constatazione salutare.

Morale: la prossima volta che vi trovate invischiati in una di quelle noiose diatribe del tipo "l'analogico è intrinsecamente migliore del digitale" (o viceversa), fermatevi e prendete fiato. Questo appassionato collezionista di registrazioni storiche è costretto ad ammettere che, talvolta, un vecchio disco è uno scrigno del tesoro musicale, ma talvolta è - semplicemente - un vecchio disco. Stando così le cose, quelli di noi che dimorano nel mondo delle registrazioni moderne possono sicuramente riconoscere che non sempre il nuovo è meglio del vecchio, e quelli di noi che stanno da una parte o dall'altra del confine digitale possono sicuramente riconoscere che l'altra parte non sempre è senza meriti. Non fissiamoci sui formati; alla fine il test è se una registrazione è abbastanza buona da dare all'ascoltatore piacere d'ascolto, o almeno un'idea discreta di come l'esibizione suonava una volta immagazzinata in un supporto.

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